CAMMINO SINODALE NELLA DIOCESI DI CHIOGGIA

A CONCLUSIONE DEL PRIMO ANNO

Facebooktwitterpinterestmail

Il primo anno del cammino sinodale ha permesso alle comunità parrocchiali di confrontarsi e di avere l’opportunità di crescere nel dialogo e nell’ascolto. La comunità cristiana, generata dallo Spirito da Lui sempre guidata, cresce proprio nell’ascolto e nell’accoglienza della parola che viene donata da chi si fa testimone. Questa occasione ha messo in luce l’importanza del termine “fraternità”, il quale non è prerogativa di un gruppo ristretto ma coinvolge, o dovrebbe coinvolgere, la realtà ecclesiale in tutta la sua interezza. Si è compreso che la comunità dovrebbe essere solidale, non solo perché condivide i medesimi spazi abitativi, di culto o di preghiera, ma perché dentro di sé dovrebbe maturare uno stile che coinvolge ogni individuo sul piano etico ed esistenziale.

L’ascolto è il presupposto indispensabile per credere in Dio e farsi testimoni credibili. Così anche per la comunità cristiana l’accoglienza e la predisposizione al dialogo e al confronto sono la premessa necessaria perché non si riduca ad essere una mera aggregazione di individui.

La discussione e il confronto su ognuno dei temi proposti ha permesso di prendere maggiore consapevolezza dell’oggettività puntuale della realtà diocesana, mettendo in luce alcuni aspetti positivi e alcune lacune.

L’attenzione pastorale di quest’ultimo decennio, in diocesi, è stata focalizzata sul ripensamento delle comunità parrocchiali in unità pastorali, su un nuovo percorso dell’Iniziazione cristiana, sul ministero presbiterale e sulla corresponsabilità. La riflessione sinodale ci ha posto di fronte al lavoro che ancora dobbiamo fare per migliorare un coordinamento della pastorale tra la diocesi e le parrocchie, ma anche per favorire una reale corresponsabilità dei laici nella conduzione della vita della comunità cristiana con una formazione adeguata.

Gli organismi di partecipazione sono presenti in quasi tutte le realtà, ma in molti casi sono ancora fragili, passivi, dipendenti dal presbitero. Manca ancora la capacità di renderli luoghi di vera corresponsabilità, di riflessione pastorale e di conduzione partecipata. Per questo servirà, accanto ai consigli pastorali, costituire delle équipe più ristrette, composte da persone formate, realmente disponibili a spendersi su mandato del vescovo diocesano. È la sfida di una Chiesa ministeriale, che esigerà un lungo processo per poterla vedere realizzata. Lo scopo non è una mera riorganizzazione strutturale ma quello di dare uno slancio missionario alle nostre comunità parrocchiali, puntando a ciò che è essenziale oggi per un efficace e coinvolgente annuncio del Vangelo.

Dalla riflessione sinodale una delle maggiori difficoltà emerse proprio riguardo al coinvolgimento dei fedeli laici sembra essere la mentalità clericale, più o meno accentuata, di una parte del presbiterio, ma anche la difficoltà di parte del laicato ad assumersi una concreta e continuativa responsabilità preferendo adeguarsi al “si è sempre fatto così” o a quello che il clero è disponibile a fare. Spesso, poi, queste situazioni portano ad una reciproca incomprensione e ad un rimpallo di responsabilità.

La visione d’insieme lascia intravvedere una reale difficoltà di alcuni presbiteri a pensare il proprio ministero in relazione alla corresponsabilità che ogni battezzato è chiamato ad assumersi, ma anche evidenzia la presenza, in una parte del laicato, sia di una mentalità clericale sia di una immagine ormai anacronistica del sacerdote e del suo ministero.

Riteniamo che sia importante continuare la nostra riflessione sul tema della corresponsabilità attraverso una rilettura del ministero presbiterale e del volto delle nostre parrocchie. L’assunzione di una corresponsabilità passa anche attraverso una giusta comprensione dell’esercizio dell’autorità, che si combina con l’autorevolezza di una testimonianza di vita. Crescere in uno stile sinodale chiede, dunque, di continuare la riflessione anche su questo tema, nonché poi su quello del discernimento nell’operatività pastorale.