Domandare la pace in ginocchio

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diventare architetti e artigiani di pace
21-03-2022

Chioggia, Cattedrale: Veglia per la pace in Ucraina

Grazie alla comunità di rito greco-cattolico e a padre Ivan e grazie alla comunità ortodossa e a padre Michele, grazie a tutti voi che avete accolto l’invito a pregare per la pace.  

Grazie a papa Francesco, che sta cercando con tutti i mezzi il dialogo. Il colloquio di qualche giorno fa col Patriarca di Mosca ci ha aperto il cuore e riempito di speranza. 

Grazie perché non ha convocato gli ambasciatori come farebbe ogni capo di stato ma è andato a casa loro, umile pellegrino della pace. 

Questa guerra vede come protagonisti la Russia e l’Ucraina, le ragioni che l’hanno innescata sono tante ma non possiamo non notare che entrambi questi popoli sono cristiani e questo ci scandalizza e nello stesso tempo ci fa sperare. 

Ci scandalizza perché i discepoli del Signore, a qualsiasi confessione appartengano, non possono dirsi cristiani e fare la guerra; ci fa sperare perché la forza del Vangelo può fare quello che il dialogo oggi non sembra capace di realizzare. 

Abbiamo letto le parole di Paolo: «Voi sapete che quando eravate pagani, vi lasciavate trascinare senza alcun controllo verso gli idoli muti». Ma noi siamo cristiani, non più in balia di idoli muti. 

E il Dio cristiano è Dio della pace. 

Nessuna religione e nessuna confessione cristiana possono essere dalla parte della guerra. Le Chiese devono sempre essere di parte, ma dalla parte della pace, prima e oltre ogni nazionalismo. Non c’è via di mezzo, non c’è altra possibilità per chi si professa discepolo di Gesù.

Papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti ha distinto una generica fratellanza dalla fraternità. Siamo tutti figli di Dio e quindi fratelli tra noi. Scrive ancora Paolo: «Noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi»; possiamo aggiungere: «Ucraini o russi».

Ci sono valori non negoziabili: al di là dei torti o delle ragioni che ci possono essere non ci sono ragione che giustifichino le bombe. Oggi il dialogo, la ricerca di intese o di compromessi è la strada maestra.  

Sappiamo che ogni religione è a rischio di derive fondamentaliste, anche noi cristiani lo siamo quando il Vangelo viene dopo le nostre identità nazionali, aspirazioni politiche, umiliazioni subite e altro.  

Nei mesi della pandemia si diceva: «Non saremo più quelli di prima». Oggi ci viene da dire che è stata solo un’illusione pensare che l’incontro col dolore e la morte, l’incontro con la nostra radicale piccolezza e fragilità, potessero convertirci. 

Mai avremmo pensato di rivedere i carri armati in Europa, quell’Europa che è stata la culla di due guerre mondiali che hanno segnato il secolo scorso e che ci hanno messo davanti a dei crimini inauditi. Dov’è l’Europa dei diritti umani? Del rispetto e della democrazia? Dov’è l’Europa delle radici cristiane? È tempo di penitenza e anche di vergogna.

Nel messaggio dei Vescovi del Triveneto riuniti a Crespano del Grappa per gli esercizi spirituali, abbiamo messo in evidenza alcune parole molto chiare: siamo di fronte a una guerra non a una generica operazione militare; siamo di fronte a una palese violazione del diritto internazionale.

Certamente questa guerra non nasce dalla sera al mattino; dietro ci stanno anni di tensioni. 

Da almeno otto anni quelle terre sono al centro di pesanti scontri; ci sono già state 14.000 vittime e almeno 1 milione e mezzo di sfollati interni. Non ce ne siamo accorti? È stata sottovalutata una situazione problematica? 

Scrive ancora Paolo: «Se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui». In questo momento, davanti a Dio e con nel cuore l’anelito per la pace ci stanno a cuore tutti: la popolazione ucraina che è in balia delle bombe, piange, scappa, cerca rifugio altrove abbandonando i luoghi della loro vita. Ci stanno a cuore i soldati russi, che da un’apparente esercitazione militare si sono ritrovati a fare qualcosa che probabilmente non immaginavano e molti di loro non vogliono. Ci stanno a cuore le famiglie divise; i padri che accompagnano al confine moglie e figli… quando riusciranno a rivedersi? Ci stanno a cuore tutti coloro che stanno pagando le conseguenze di questa guerra, non ultimi i nostri pescatori e tante famiglie che si sono viste giungere a casa bollette spesso impossibili da pagare. 

«Se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme».

Non esiste la guerra lampo. Se oggi è prioritario che tacciano le armi e si torni al tavolo del negoziato, sappiamo bene che le conseguenze di ogni guerra sono tante: odio, desiderio di vendetta, traumi, lutti, case e città da ricostruire. 

Ogni guerra lascia tanta sofferenza e tante ferite. 

In Fratelli Tutti papa Francesco ha parlato degli architetti e degli artigiani della pace. Gli architetti sono coloro che possono sedersi a un tavolo e dialogare, e possono fermare le armi. Preghiamo per chi ha il potere di farlo e a loro rivolgiamo il grido di papa Francesco: «La guerra è una pazzia: fermatevi». E ancora: «Non ci sono ragioni strategiche che tengano: 

c’è solo da cessare l’inaccettabile aggressione armata prima che riduca le città a cimiteri». «Fermate questo massacro».

Ci sono però anche gli artigiani della pace e lo siamo tutti quando sappiamo vincere le nostre piccole guerre domestiche, cittadine e a volte anche parrocchiali. Penso a certe spaccature per i soldi, per un metro di terra, per una presunta ingiustizia. 

Agli artigiani della pace il papa indica alcuni percorsi: essere consapevoli che c’è un conflitto e che come cristiani non possiamo tollerare che si incancrenisca. Cercare l’incontro e il dialogo. E soprattutto aprirci al perdono che non è condonare né dimenticare ma è la rinuncia a ripetere quel male. 

Facciamo nostra la preghiera pronunciata

da papa Francesco lo scorso 16 marzo: 

Perdonaci la guerra, Signore. Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi misericordia di noi peccatori.

Signore Gesù, nato sotto le bombe di Kiev, abbi pietà di noi.

Signore Gesù, morto in braccio alla mamma in un bunker 

di Kharkiv, abbi pietà di noi.

Signore Gesù, mandato ventenne al fronte, abbi pietà di noi.

Signore Gesù, che vedi ancora le mani armate all’ombra della tua croce, abbi pietà di noi!

Perdonaci Signore, perdonaci, se non contenti dei chiodi con i quali trafiggemmo la tua mano, continuiamo ad abbeverarci al sangue dei morti dilaniati dalle armi.

Perdonaci, se queste mani che avevi creato per custodire, 

si sono trasformate in strumenti di morte.

Perdonaci, Signore, se continuiamo ad uccidere nostro fratello, 

perdonaci se continuiamo come Caino a togliere le pietre dal nostro campo per uccidere Abele. 

Perdonaci, se continuiamo a giustificare con la nostra fatica 

la crudeltà, se con il nostro dolore legittimiamo 

l’efferatezza dei nostri gesti.

Perdonaci la guerra, Signore. Perdonaci la guerra, Signore.

Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, ti imploriamo! 

Ferma la mano di Caino! Illumina la nostra coscienza, 

non sia fatta la nostra volontà, non abbandonarci al nostro agire! Fermaci, Signore, fermaci! E quando avrai fermato la mano 

di Caino, abbi cura anche di lui. È nostro fratello.

O Signore, poni un freno alla violenza! Fermaci, Signore! Amen.

+ Giampaolo vescovo