«Voce del Verbo»

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Veglia per i missionari martiri
24-03-2022

Dal Vangelo secondo Marco 8,34 – 9,1

In quel tempo, convocata la folla insieme ai suoi discepoli, Gesù disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà.

Infatti, quale vantaggio c’è che un uomo guadagni il mondo intero e perda la propria vita? Che cosa potrebbe dare un uomo in cambio della propria vita?

Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi».

Diceva loro: «In verità io vi dico: vi sono alcuni, qui presenti, che non morranno, prima di aver visto  giungere il regno di Dio nella sua potenza».

«Voce del verbo» è il tema di questa giornata di preghiera e di digiuno in memoria dei missionari martiri.

Cade nel giorno anniversario del martirio del Vescovo Romero, il 24 marzo 1980. Scriveva così Romero: «Uno non deve amarsi al punto da evitare ogni possibile rischio di morte. Chi cerca in ogni modo di evitare un simile pericolo ha già perso la propria vita».

Nel 2021 sono stati uccisi 22 missionari, la maggior parte in Africa. Tra il 2000 e il 2020 sono stati 536 i martiri uccisi mentre svolgevano le loro attività pastorali.

Sono stati voce del verbo, voce della Parola. Come un giorno lo è stato il Battista che definiva se stesso voce, mentre Gesù era la Parola. Anche lui morto per la sua coerenza con quanto denunciava.

Nel brano di Marco che abbiamo ascoltato Gesù ha appena annunciato che avrebbe dovuto soffrire e morire. A questo annuncio segue il testo appena letto: la reazione degli apostoli e le parole di Gesù.

Se un caro amico dovesse dirci che lo attende tanta sofferenza, cercheremmo di consolarlo e di minimizzare i suoi timori; ma se un amico ti dice che ha scelto di andare in un certo luogo dove verrà arrestato e ucciso, faremmo come Pietro: “Signore questo non ti accadrà mai”.

A un gesto di amicizia e di affetto verso il suo amico e maestro, Gesù risponde in modo molto duro: “Va dietro a me Satana, perché non pensi secondo Dio ma secondo gli uomini”. Parole molto dure, violente, forti.

Eppure in queste parole sta la chiave di lettura di tante pagine del vangelo. Come si può umanamente perdonare 70 volte 7? Come si può amare un nemico? Come si può porgere l’altra guancia? Si può se noi pensiamo secondo Dio e non secondo gli uomini.

A Pietro Gesù chiede di tornare al suo posto che è quello del discepolo che segue il Maestro; e gli chiede di pensare da discepolo, secondo Dio, proprio come fa Gesù. E a Pietro dice quella frase che tutti conosciamo ma che può essere letta in tanti modi: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”. Proviamo a entrare in questa parola.

Se qualcuno vuole venire dietro a me. Gesù non impone, propone; non costringe, vuole attrarre, vuole incontrare la nostra libertà.

Gesù vuole mostrare che una vita come la sua è una vita non solo buona e giusta ma anche bella e realizzata. Geremia usa questa parola intensa per dire una relazione particolare con Dio: «Mi hai sedotto».

Ma Gesù detta le condizioni per seguirlo.

La prima: rinnegare se stesso. Parole pericolose, se capite male. Gesù non vuole dei frustrati al suo seguito, ma gente dalla vita piena, riuscita, compiuta, realizzata.

Rinnegare se stessi non significa mortificare la propria persona, buttare via talenti e capacità. Significa piuttosto capire che il mondo non ruota attorno a me; è un invito a uscire dal proprio io, per sconfinare oltre se stessi. Non mortificazione, allora, ma liberazione.

Cosa sarebbe un’amicizia se io non uscissi da me stesso per incontrare l’altro? Cosa sarebbe un matrimonio se ciascuno vedesse l’altro in funzione di sé? E che cos’è purtroppo il nostro mondo se non un universo di tanti io pronunciati contro l’altro, gli altri, i diversi?

La vita vera non è quella che cerca di conservare a ogni costo se stessa, seguendo l’impulso a vivere anche senza e contro gli altri, in una logica di autoconservazione. La vita vera è quella che si apre agli altri e al dono di sé.

Seconda condizione: Prenda la sua croce e mi segua. Una delle frasi più celebri, più citate e più fraintese del Vangelo. L’abbiamo spesso interpretata come esortazione alla rassegnazione: soffri con pazienza, accetta, sopporta le inevitabili croci della vita. Ma Gesù non dice “sopporta”, dice “prendi”. Al discepolo non è chiesto di subire passivamente, ma di prendere, attivamente.

Che cos’è la croce? È il riassunto dell’intera vita di Gesù. Prendi la croce significa: “Prendi su di te una vita che assomigli alla sua”. La vocazione del discepolo non è subire il martirio ma abbracciare una vita come quella di Gesù.

La croce nel Vangelo indica la follia di Dio, la sua lucida follia d’amore. Il sogno di Gesù non è uno sterminato corteo di uomini, donne, bambini, anziani, tutti con la loro croce addosso, in una perenne Via Crucis dolorosa. Ma l’immensa migrazione dell’umanità che cammina verso il dono di sé, verso Dio e verso i fratelli con lo stile dell’amore.

Sostituiamo croce con amore. Ed ecco: se qualcuno vuole venire con me, prenda su di sé il giogo dell’amore, tutto l’amore di cui è capace, e mi segua. Ciascuno con l’amore addosso, che però ha il suo prezzo: “Là dove metti il tuo cuore, là troverai anche le tue spine e le tue ferite”.

All’orizzonte si stagliano Gerusalemme e i giorni supremi. Gesù li affronta scegliendo di non assomigliare ai potenti del mondo. Potere vero per lui è servire, è venuto a portare la supremazia della tenerezza, e i poteri del mondo saranno impotenti contro di essa: il terzo giorno risorgerò.

Quindi la parola centrale del brano: chi perderà la propria vita così, la troverà. Ci hanno insegnato a mettere l’accento sul perdere la vita. Ma se l’ascolti bene, senti che l’accento non è sul perdere, ma sul trovare. L’esito finale è “trovare vita”.

Quella cosa che tutti gli uomini cercano, in tutti gli angoli della terra, in tutti i giorni che è dato loro di gustare: la fioritura della vita. Perdere per trovare. È la logica dell’amore: se dai ti arricchisci, se trattieni ti impoverisci. Noi siamo ricchi solo di ciò che abbiamo donato; e Gesù ci insegna che il dono più grande è quello della vita.

Oggi ricordiamo tutti coloro che hanno donato la vita prima ancora che qualcuno decidesse di toglierla loro con la violenza. Hanno scelto di seguire Gesù, hanno abbracciato una vita fondata sul dono di sé, e non è stato facile. Hanno messo in conto che poteva essere rischioso.

Hanno messo Dio e i fratelli prima della loro stessa vita perché hanno scoperto che il senso della vita stava proprio nel donarla.

Hanno perso la vita? Sì sono stati uccisi ma stasera siamo qui a contemplarli nella certezza che hanno trovato la vera vita; per questa hanno vissuto e per questa sono anche morti.