Cercatore di Dio, umile operaio nella vigna

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Mercoledì prima dell’epifania - Messa in suffragio di Benedetto XVI
04-01-2023

Ci troviamo riuniti come Chiesa diocesana per innalzare a Dio il nostro grazie per il papa emerito Benedetto; per pregare per lui come è doveroso fare per ogni persona che con la morte si presenta davanti alla misericordia sempre immeritata del Padre; siamo qui anche per raccogliere il testimone che lui lascia alla nostra Chiesa. Condivido con voi tre piccole note che la Parola della liturgia odierna mi ha suggerito senza la pretesa di sintetizzare la ricchezza del pensiero, della vita e della testimonianza che papa Benedetto ci ha donato. Sono note che sento importanti per me e per la nostra Chiesa diocesana.

  1. La liturgia di questa feria che ci prepara alla solennità dell’Epifania ci regala il racconto del primo incontro di Giovanni, Andrea e Simone con Gesù (Gv 1,35-42). Un incontro provocato dal Battista che indica a Giovanni e Andrea l’agnello di Dio e loro, senza pensarci due volte, vanno dietro a Gesù perché di questo Messia il Battista non smetteva di parlare annunciando la sua venuta.

«Che cercate?» dice loro Gesù vedendo che lo seguivano; e loro un po’ a disagio rispondono imbarazzati: «Maestro, dove abiti?» e Gesù: «Venite e vedrete». Stettero con Gesù tutto il giorno e Giovanni annota un particolare che ci fa intuire quello che era successo: «Erano circa le quattro del pomeriggio». Sono gli innamorati che si ricordano il giorno e l’ora del loro primo incontro.

Quel pomeriggio passato con Gesù li aveva toccati nel cuore al punto che abbandonano il Battista e vanno dietro a Gesù. Un vero e proprio amore a prima vista era nato in quel pomeriggio afoso sulle rive del Giordano. Che fosse successo qualcosa di speciale lo capiamo anche dalla gioia di Andrea che appena vede suo fratello Simone gli dice subito: «Abbiamo trovato il Messia».

Vedendo Simone Gesù lo fissa come solo Gesù sapeva fare penetrando nella vita di chi fissava e gli dice: «Tu sei Simone, figlio di Giovanni, sarai chiamato Cefa», che significa Pietro.

Chissà quante volte papa Benedetto avrà pregato con questo testo biblico e quante volte con un nodo alla gola avrà sentite rivolte a sé le parole di Gesù: «Tu sei Simone, ti chiamerai Pietro; Tu sei Giuseppe, ti chiamerai Benedetto».

Non sappiamo nulla della vita interiore del giovane Ratzinger, conosciamo i dati biografici ma poco sappiamo della sua storia dell’anima, ma il Papa che abbiamo conosciuto, il Papa che prima di entrare in agonia pronuncia quelle parole: «Mi Dio ti amo», avrà certamente vissuto uno o più incontri personali, intimi, forti con Gesù proprio come Giovanni e Andrea quel pomeriggio.

Questo è il primo tratto della figura di papa Benedetto che questa sera vorrei ricordare: l’uomo di Dio, il credente che ha trovato il Messia e non ha mai smesso di cercarlo ancora. Vengono in mente le parole di Sant’Anselmo: «Che io ti cerchi desiderandoti e ti desideri cercandoti, che io ti trovi amandoti e ti ami trovandoti» (Proslogion, 1).

Un vero teologo è un eterno cercatore di Dio; è un credente dal desiderio intenso; è un amante della verità che non smette mai di cercarla; è un assetato delle Scritture, una sorgente inesauribile. Papa Benedetto ha dedicato la vita non ai libri ma alla ricerca appassionata di Dio, l’amore della sua vita.

Credo che questo sia il primo modo molto concreto di rendere omaggio a questo Papa: vale per tutti i cristiani, vale senza nessuno sconto per noi preti: il primato di Dio e della vita spirituale; la centralità della preghiera e della meditazione della Parola; la custodia gelosa del nostro rapporto con Dio come centro della nostra esistenza.

  1. La prima lettura di questa feria ci parla del peccato: «Chi commette il peccato viene dal diavolo […] Per questo si manifestò il Figlio di Dio: per distruggere le opere del diavolo. Chiunque è generato da Dio non commette peccato perché un germe divino rimane in lui e non può peccare perché è stato generato da Dio […] In questo si distinguono i figli di Dio: chi non pratica la giustizia non è da Dio e neppure lo è chi non ama suo fratello» (1Gv 3,7-10).

Tradiremmo papa Benedetto se dimenticassimo questo secondo tratto del suo ministero petrino: la denuncia dei mali e dei peccati della Chiesa. Papa Benedetto li ha chiamati per nome e ha aperto tante pagine dolorose; ha lottato, ha fatto la sua parte e ha lasciato a papa Francesco di continuare quest’opera di purificazione.

Nel 2005 commentando le stazioni della Via Crucis aveva usato parole forti: «Dobbiamo pensare anche a quanto Cristo debba soffrire nella sua stessa Chiesa […] Quante volte celebriamo soltanto noi stessi senza neanche renderci conto di lui! Quante volte la sua Parola viene distorta e abusata! Quanta poca fede c’è in tante teorie, quante parole vuote! Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza! […] Il tradimento dei discepoli […] è certamente il più grande dolore del Redentore, quello che gli trafigge il cuore» (Via Crucis 2005, commento alla IX stazione).

Ecco un secondo modo per rendere omaggio a questo Papa: rimettere sempre al centro della nostra vita il vangelo come unica legge della nostra esistenza, lasciarci giudicare dal vangelo, confrontare ogni nostra parola e azione con il vangelo. Tutti abbiamo il nostro carattere, la nostra personalità, i nostri amici e quelli che ci hanno ferito; le nostre idee sulla vita cristiana e sulla Chiesa, ma come possiamo tenere insieme il “germe divino” di cui parla la prima lettura con una vita contraria al vangelo o anche solo estranea al vangelo?

Parole come accoglienza, misericordia, trasparenza, rispetto, onestà, giustizia, pazienza, perdono, fedeltà, altruismo, amore ai nemici, sono parte della nostra carta d’identità di cristiani. Se le perdiamo, se non sono al centro della nostra vita, se non ci lasciamo giudicare e convertire da queste parole, siamo come il sale che ha perso le sue capacità di dare gusto al cibo, non serviamo a nulla.

Nessun programma pastorale ci farà fare dei passi in avanti se prima di tutto non riscegliamo il Vangelo come centro incandescente della nostra vita. Guai se le tradizioni nelle loro forme esteriori contano più della loro anima spirituale; guai se le celebrazioni dei misteri della nostra fede diventano cerimonie; guai se il servizio ai fratelli viene sporcato da logiche di potere e la carità usata per altri scopi.

Onorare papa Benedetto vuol dire credere nella forza rivoluzionaria del vangelo senza ridurlo a una delicata tisana per cristiani sonnolenti. Papa Benedetto ci lascia il vangelo, perché sia sempre al centro della nostra vita.

  1. Leggendo in questi giorni tanti commenti alla figura di papa Benedetto ne ho trovato uno che mi ha particolarmente colpito; l’autore definiva Benedetto XVI un “Papa inutile per il mondo”.

Inutile perché ha parlato di cose inutili: della bellezza di Dio e dell’uomo che segue Cristo; un Papa che ha parlato del cielo mentre al mondo interessa il pane che ci fa vivere; un Papa che ha celebrato la ragione mentre oggi siamo bulimici di emozioni; un Papa che ha pregato mentre al mondo interessa chi agisce. Un Papa che non ha avuto l’ansia di assomigliare a Giovanni Paolo II, ma ha scelto di essere semplicemente se stesso mentre il mondo oggi ama piccoli influencer a cui regalare la propria libertà; un Papa che ha scelto di essere un umile operaio senza la pretesa di essere un leader.

È proprio vero, un Papa inutile per il mondo, ma per noi che siamo nel mondo ma vorremmo esserci in modo critico e profetico, questo umile operaio della vigna del Signore ci ha insegna lo stile del discepolo e ha celebrato la grandezza dell’uomo trasfigurato dall’incontro con Dio.

Le sue dimissioni, quando si rese conto che fisicamente non poteva sostenere quello che il suo ministero esigeva, sono state pienamente coerenti con questo stile. Che bello se noi capissimo quando viene l’ora di farci da parte, di lasciare ad altri il testimone pensando che possono fare meglio di noi, portare idee nuove, fare del bene. Nessuna fuga per papa Benedetto ma la scelta di servire la Chiesa in un altro modo: con la preghiera e il silenzio. E anche qui Papa Benedetto è apparso come un Papa inutile per chi non crede alla forza e alla centralità della preghiera.

Cari fratelli e sorelle, queste tre note su papa Benedetto sono solo un piccolo omaggio che vi consegno a partire dalla Parola di oggi che me le ha suggerite.

Montagne di parole, di scritti, di libri usciranno su questo Papa. Noi vogliamo stasera ricordarlo, pregare per lui come si fa per ogni persona che nasce al cielo e chiede la carità della nostra preghiera e del nostro suffragio. Preghiamo per lui e preghiamo perché rimanga a lungo nel nostro cuore il ricordo di quest’uomo innamorato e cercatore di Dio; lucido nel ricordarci i nostri tradimenti del vangelo e inutile per il mondo, ma grande davanti a Dio e anche davanti a noi.

+ Giampaolo Dianin