Beata Maria Vergine della Navicella

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Omelia del vescovo Giampaolo
25-06-2024

Vorrei anzitutto dire un grazie a don Angelo, don Nicola, don Mario, don Roberto, don Achille e a tutta questa comunità perché state lavorando con impegno per rendere vivo questo santuario. Qualche giorno fa la processione da san Giacomo fino alla Navicella, ma anche altre iniziative volte a rendere questo luogo, dove veneriamo la “Salus populi clodiensis”, un faro per la nostra città e diocesi.

Perché dico questo grazie? Forse per un senso di cortesia? Forse per incoraggiare a continuare? Forse per rincuorare di fronte alle fatiche che ci sono? Non primariamente per questo, ma perché fin dal mio arrivo in questa diocesi mi ha colpito questa apparizione della Madonna in questo luogo e il suo messaggio alla città.

Maria è apparsa in tanti altri luoghi per dare un messaggio al mondo. Penso a Lourdes, a Fatima e ai messaggi forti e provocanti lanciati da quei luoghi al mondo intero. Qui è successo qualcosa di particolare: Maria è apparsa per amore di questa città, per dare un messaggio forte ai nostri antenati, ma anche a noi oggi. Maria ha avuto uno sguardo di predilezione per questa nostra città e anche se le sue parole sono state di rimprovero, che lei abbia voluto parlarci e richiamarci, è un dono incredibile.

Ricordiamola questa apparizione: una signora maestosa, tutta vestita di nero, sedeva sopra un tronco scaraventato sulla spiaggia dai flutti del mare in tempesta. La Signora rivelò di essere la Madre di Gesù, invitando Baldissera a recarsi dal vescovo per avvertirlo che i peccati dei chioggiotti sfidavano la giustizia di Dio e che si doveva predicare con tenacia la penitenza. Poi la Signora salì su una piccola barca che era accostata alla riva, ma prima di allontanarsi e scomparire, aprì il suo mantello mostrando il corpo di Gesù ferito e sanguinante, facendo capire che quel figlio era stato ridotto così anche dai peccati dei chioggiotti.

L’invito di Maria era chiaro: «Recarsi dal vescovo per avvertirlo che i peccati dei chioggiotti sfidavano la giustizia di Dio e che si doveva predicare con tenacia la penitenza». Oggi sono io il vescovo di questa diocesi e ogni volta che vengo in questo santuario mi sembra di rivivere quella scena e di risentire quelle parole come se Maria volesse dare a me uno scrollone forte e dirmi: «Adesso sei tu il vescovo, adesso sei tu il pastore e responsabile della vita cristiana di questa gente. Fai qualcosa per questa città, annuncia il vangelo ma non aver paura di denunciare il male e i peccati che anche oggi ci sono».

È un invito rivolto a me, ma anche a tutta la Chiesa, sicuramente a quella parte viva della Chiesa a cui sta a cuore il vangelo e la fede più che le tradizioni. Sono tantissimi i battezzati di questa città ma sappiamo che coloro che cercano di vivere da cristiani sono una minoranza. Il resto è amante delle tradizioni, ma tiene a debita distanza il senso profondo che le giustifica.

Ecco perché dico grazie ai preti di questa comunità e anche a tutta questa comunità. Credo che questa parrocchia abbia una vocazione particolare: ricordare a tutti il messaggio di Maria ma soprattutto interrogarsi per prima su come vivere quel messaggio.

Nelle nostre parrocchie, e anche in questa, non mancano le fatiche legate alle persone, a chi fa cosa, a personalismi, a gruppi spesso troppo chiusi e autoreferenziali. È bello e merita rispetto l’amore alle tradizioni, ma c’è sempre il rischio di svuotarle e devitalizzarle. Il rischio è quello di essere affezionati alla Madonna della Navicella o ai nostri martiri Felice e Fortunato così come siamo affezionati alla Marciliana o alla Sagra del pesce. Ma sono realtà diverse e la devozione a Maria e ai nostri martiri non dobbiamo ridurla a gesti formali, esteriori, museali, dimenticando le provocazioni che vengono da due giovani martiri o dall’appello accorato di Maria a questa città.

Siamo tutti fragili con la nostra umanità e col nostro carattere; lo erano anche gli apostoli, ma Gesù li ha sostenuti, perdonati, incoraggiati senza mai fermarsi alle loro ambivalenze. Mi colpisce sempre come il vangelo fatichi a toccare il cuore e le azioni dei cristiani e come nelle nostre parrocchie spesso non sia il vangelo la bussola delle scelte e del modo di stare assieme, ma altre dinamiche spesso poco evangeliche.

San Paolo, nella seconda lettura, scrive ai Romani ricordando che il peccato è entrato nel mondo raggiungendo tutti. Quel peccato che noi chiamiamo originale ci mette davanti la condizione dell’umanità: ferita, malata, potenzialmente capace di cose meravigliose ma anche di tanto male. E la prima lettura ci fa contemplare il frutto della redenzione portata da Gesù: «Vidi un nuovo cielo e una nuova terra […] Vidi la nuova Gerusalemme scendere dal cielo come una sposa adorna per il suo sposo».

Noi siamo già stati salvati dall’amore di Dio e da Gesù che con la sua vita, col suo esistere per Dio e per i fratelli, con la sua morte per amore, ci ha mostrato la figura dell’uomo nuovo, così come Dio l’aveva pensato quando l’ha creato. In mezzo, tra il peccato dell’uomo e i cieli e la terra nuovi, ci siamo noi consapevoli del nostro peccato ma anche desiderosi di raggiungere quella meta, immersi nel cammino della vita, il tempo che Dio ci dona per adornarci come uno sposo e una sposa per le nozze.

Per tutto questo l’invito di Maria alla conversione è reale e provocante anche oggi e non dovremmo mai dimenticarlo ma sentirlo come un pungolo costante per il nostro cammino. È molto forte la scena dell’apparizione della Madonna della Navicella. Maria ha questa missione: mostrare il Figlio, toccare il nostro cuore mostrandoci il suo dramma, invitarci alla conversione, cioè a credere, a seguirlo, ad amarlo. Non lo fa annunciando castighi, come se fosse Dio a castigarci. I castighi, di cui l’apparizione parla, ce li creiamo noi allontanandoci da Dio; senza Dio siamo navi che affondano senza scialuppe di salvataggio, siamo scalatori di ferrate ma senza appoggi per non cadere.

Oggi ancora una volta Maria ci mostra il Figlio e ci ripete le stesse parole: conversione, vita cristiana, amore a Dio, coerenza di vita. In tanti luoghi mariani andiamo per chiedere qualcosa, qui è lei che chiede qualcosa a noi, è lei che invoca quasi un miracolo da parte di ciascuno di noi. Ascoltiamo la voce della madre e non lasciamo che si allontani su una navicella in attesa di rivederla l’anno prossimo.

+ Giampaolo vescovo