Sguardo Pastorale

Le consegne del Papa al Cammino Sinodale

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Lo scorso 25 maggio, papa Francesco, incontrando i referenti diocesani del cammino sinodali e i vescovi della CEI, ha offerto quattro consegne in vista della “fase sapienziale”, quella cioè nella quale la Chiesa universale e italiana deve saper individuare delle scelte. Le riprendo commentandole.

La prima consegna del Papa è questa: «continuate a camminare. Si deve fare. Mentre cogliete i primi frutti nel rispetto delle domande e delle questioni emerse, siete invitati a non fermarvi. La vita cristiana è un cammino. Continuate a camminare, lasciandovi guidare dallo Spirito». Il Sinodo che stiamo vivendo è innanzitutto un’esperienza di cammino per dare il ritmo giusto ai nostri passi che non si fermeranno da qui a poco, anzi tutt’altro perché la missione (l’andare ad annunciare) è costitutivo della Chiesa la quale a sua volta cresce nella conoscenza del vangelo che annuncia.

La seconda consegna, invece, è questa: «fare Chiesa insieme. […] è sempre in agguato la tentazione di separare alcuni “attori qualificati” che portano avanti l’azione pastorale, mentre il resto del popolo fedele rimane “solamente recettivo delle loro azioni”. Ci sono i “capi” di una parrocchia, portano avanti le cose e la gente riceve soltanto quello». Il Sinodo è esperienza di cammino fatto insieme per fare Chiesa assieme. C’è un sentire la Chiesa in modo evangelico che chiede di saper trovare la sintesi dei tanti carismi attorno a ciò che è essenziale e quindi innanzitutto ci chiede un bagno nelle acque del servizio umile. Questo ci porta a ricordare che un ministero nella Chiesa è affidato ad uno o più fedeli battezzati dopo un tempo di discernimento sia sulla necessità di un ministero, e sulla sua natura, così come sulla persona a cui verrà affidato. La disponibilità della persona, poi, non sarà solo per eseguire un compito ma per compiere un servizio come la Chiesa intende svolgerlo.

La terza consegna, il papa la esprime così: «essere una Chiesa aperta. Riscoprirsi corresponsabili nella Chiesa non equivale a mettere in atto logiche mondane di distribuzione dei poteri, ma significa coltivare il desiderio di riconoscere l’altro nella ricchezza dei suoi carismi e della sua singolarità». In questa prospettiva il Sinodo ci sta facendo comprendere l’importanza di ripensarci in chiave missionaria, affinché ogni battezzato senta sua la responsabilità di annunciare il Vangelo e metta a frutto il proprio battesimo. Una ministerialità diffusa, non solo istituita ma di fatto, non risponde all’idea di una suddivisione di tanti piccoli poteri; non è una strategia o soluzione demagogica, ma è una caratterizzazione propria dell’essere Chiesa. Ognuno, poi, per la dignità battesimale ha il diritto di sentirsi per lo meno a casa in seno alla Chiesa e alla sua comunità di riferimento.

Infine la quarta e ultima: «essere una Chiesa “inquieta” nelle inquietudini del nostro tempo. Siamo chiamati a raccogliere le inquietudini della storia e a lasciarcene interrogare». Siamo chiamati a non sentirci a posto con noi stessi se cediamo alla tentazione di bastarci da soli. Papa Francesco rispolvera per noi quanto detto con altre parole in Gaudium et Spes, n. 1: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo». Tutto ciò che è umano interpella il cuore della Chiesa, chiedendole di farsi compagna di viaggio per illuminare con la speranza che viene da Cristo la fragilità umana.

Don Simone Zocca

Delegato della Pastorale