Sguardo pastorale

Nessuno può salvarsi da solo

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Papa Francesco con il suo messaggio per la giornata mondiale della pace spinge, ancora una volta, l’acceleratore sulla consapevolezza che ci viene da un attento sguardo sulla realtà e sulle vicende umane: nessuno può salvarsi da solo. Riprende l’idea che questo è un tempo di grazia nel quale il Signore ci sta parlando e ci invita ad avere i piedi ben piantati per terra e a rimanere fiduciosi in Lui: anche se ci sembra di essere in mezzo ad un periodo oscuro il Signore ci accompagna ed è nostro compito essere vigilanti per cogliere le prime luci dell’alba. Questo, infatti, possiamo dire è il compito che come cristiani abbiamo nei confronti degli altri fratelli e sorelle.

Significa che siamo chiamati a farci carico di una responsabilità nei confronti dell’umanità e della sua storia: la pandemia ha fatto toccare con mano a tutti la fragilità della vita umana, sembra averci proiettati in un tempo buio, ha scosso le nostre abitudini, ha generato disorientamento e sofferenza; ha, inoltre, scoperto alcune fragilità a livello sociale ed economico, ma ora – dice il Papa -è tempo di «imparare, crescere e lasciarci trasformare, come singoli e come comunità» perché è «un tempo privilegiato per prepararsi al giorno del Signore».

Come cristiani dovremmo avere confidenza con il concetto di fratellanza, come il legame che sussiste tra battezzati ma che riconosciamo essere ciò che ci lega come uomini e donne, quindi la grande lezione che ci lascia questo tempo ci convince con ancor più forza che «abbiamo tutti bisogno gli uni degli altri» e che la fratellanza è il grande tesoro che abbiamo. Alcuni germogli di speranza sono sbocciati in questo tempo di prova, ma i venti di guerra che hanno cominciato a soffiare in Europa e che continuano a segnare la vita di molte persone nel mondo ci fanno capire che il male peggiore è sempre quello che proviene dal cuore dell’uomo corrotto dal peccato.

Dobbiamo far tesoro di ciò che abbiamo imparato e avere la perseveranza di consolidarlo, c’è bisogno che ci chiediamo quali nuovi percorsi possiamo intraprendere (e il cammino sinodale della Chiesa ci aiuterà), ma poi dobbiamo saper rispondere anche a questa domanda: cosa ci è chiesto di fare?

La risposta di Papa Francesco è ad ampio raggio: «Anzitutto, di lasciarci cambiare il cuore dall’emergenza che abbiamo vissuto, di permettere cioè che, attraverso questo momento storico, Dio trasformi i nostri criteri abituali di interpretazione del mondo e della realtà. Non possiamo più pensare solo a preservare lo spazio dei nostri interessi personali o nazionali, ma dobbiamo pensarci alla luce del bene comune, con un senso comunitario, ovvero come un “noi” aperto alla fraternità universale. Non possiamo perseguire solo la protezione di noi stessi, ma è l’ora di impegnarci tutti per la guarigione della nostra società e del nostro pianeta, creando le basi per un mondo più giusto e pacifico, seriamente impegnato alla ricerca di un bene che sia davvero comune».

Quindi possiamo individuare alcuni punti fermi: da questo momento non possiamo uscirne uguali; ogni crisi è interconnessa alle altre; siamo chiamati a far fronte a ciò che ci è dato da vivere con responsabilità e compassione.

Don Simone Zocca

Delegato della Pastorale