Sguardo pastorale - Cammino Sinodo

Il cammino sinodale a sessant’anni dal concilio

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Lo scorso 11 ottobre, papa Francesco ha celebrato i sessant’anni dell’inaugurazione del Concilio Vaticano II. Correva l’anno 1962 mentre si concluse l’8 dicembre 1965. Il processo sinodale inaugurato dal pontefice, pur non avendo le caratteristiche di un concilio, è altresì un evento di tutta la Chiesa affinché essa si rilegga alla luce di un contesto che nel frattempo ha subito radicali cambiamenti. L’intento non è certo quello di produrre documenti dogmatici ma di innescare processi che convertano le prassi ecclesiali per una maggiore fedeltà al Vangelo e al suo annuncio.

Ho pensato utile soffermarsi su un passo scelto per ognuna delle quattro costituzioni conciliari per notare l’attualità del Concilio e la necessità del cammino sinodale che stiamo vivendo anche in diocesi.

Al n. 5 della costituzione Dei Verbum è posto questo pensiero fondativo: al centro dell’esperienza cristiana c’è la Rivelazione della vita di Dio fa all’uomo attraverso il Figlio Gesù; a questa rivelazione è dovuta l’obbedienza dell’uomo, il quale di fronte alla verità del senso della vita, della storia e della propria identità non può rinnegare ciò che ha visto e sentito. In questa obbedienza l’uomo scopre la propria libertà e la parola di salvezza che Dio gli ha rivolto.

Dunque, al centro dell’esperienza cristiana c’è Cristo e la sua Parola. La lettura della Parola, la meditazione e la preghiera su di essa sono fondamentali sia per il ministero dei sacerdoti, o dei diaconi e dei catechisti, sia per la vita di ogni battezzato. Il tempo dell’ascolto per sentirci e sentire quale Chiesa siamo, non può non partire dalla centralità del confronto con la Parola. Formazione e servizio – binomio del nostro terzo cantiere – hanno loro fonte sorgiva nella Parola.

Il n. 37 di Lumen gentium descrive le relazioni che intercorrono tra i battezzati nella Chiesa, e in particolare il rapporto tra la Gerarchia e i fedeli laici. Relazioni costruite all’insegna del reciproco riconoscimento e della corresponsabilità nella Chiesa. Nel nostro primo anno di consultazione è emerso in modo evidente che dobbiamo lavorare sulle relazioni, e anche il vescovo ce lo ricorda nella lettera pastorale. Dobbiamo spogliarci dei nostri vecchi abiti per indossare il nuovo vestito della Chiesa che vogliamo essere; il vescovo parla di punti di rottura e di germogli di speranza. La Sacrosantum Concilium, al n. 10, ci orienta a guardare alla liturgia quale culmine e fonte cui tende tutta l’azione della Chiesa. Nella liturgia – preghiera e segni – possiamo intravvedere il modello delle nostre relazioni, da Cristo plasmate, e immaginare come la Chiesa può essere la casa che tutti sentono propria, in piena e consapevole partecipazione. È il lavoro del quarto cantiere, quello della “parrocchie sinodali”, nonché del cantiere delle relazioni e della casa (il secondo).

Infine il n. 11 di Gaudium et spes, ricorda sostanzialmente il ruolo profetico della Chiesa nel mondo e il suo impegno a discernere negli avvenimenti, nelle richieste e nelle aspirazioni i veri segni della presenza o del disegno di Dio. Il primo cantiere, dei paesi e delle strade, ci porta ad incontrare tutti e ad ascoltare quello che c’è nel loro cuore, non per giudicare ma per capire cosa pulsa nel cuore degli uomini e delle donne di oggi, come la Chiesa può contribuire all’edificazione della società attuale, come essa può essere strumento per rispondere alle domande di senso che sono nell’uomo.

Don Simone Zocca

Delegato della pastorale