Riflettendo sul vangelo - Quaresima - quinta domenica - anno C

Il dito della misericordia

Vangelo di Giovanni, 8,1-11

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Nel vangelo dell’evangelista Giovanni troviamo l’incontro tra Gesù e la donna sorpresa in adulterio. Gli uomini religiosi del tempo la trascinano davanti a Gesù, pronti a lapidarla in nome della legge.

Questi interpellano Gesù con una domanda che ha tutta l’aria di voler mettere in difficoltà il Maestro e avere, poi, di che accusarlo: se fosse d’accordo con la lapidazione, allora, perché accoglie peccatori e prostitute? Se invece dicesse di non lapidarla, potrebbe essere accusato di disobbedienza alla legge. Ma Gesù non risponde, tace e si piega a terra per scrivere sulla sabbia. Si mette davanti a quella donna, non in posizione di giudice, ma quasi di servo. La risposta di Gesù è perentoria: “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra”, e di nuovo si piega a scrivere per terra. Il chinarsi di Gesù per scrivere col dito per terra, ha dato adito a tante interpretazioni, ma forse Gesù voleva semplicemente mostrare un modo di comportarsi ed invita coloro che avevano portato quella persona colta in peccato a chinarsi, a tacere, a mettersi ai piedi non di una legge ma del mistero della persona anche se era venuta meno alla fedeltà del suo matrimonio.

Con quel “chi di voi è senza peccato”, Gesù butta all’aria tutto il vecchio ordinamento legale con una battuta sola, con parole definitive e così vere che nessuno poteva ribattere: “E se ne andarono tutti”. Alla fine rimane solo con la donna. S. Agostino commenta: “rimasero solo loro due, la misera e la misericordia”. Gesù la fa sentire amata, protetta, non condannata; e nello stesso tempo, con decisione, le indica la via per continuare ad essere persona libera: “ora va e non peccare più”.

Chiamato a scegliere tra la Legge e la misericordia, Gesù sceglie la misericordia senza mettersi contro la Legge, perché sa distinguere il peccato dalla persona che pecca. La Legge è essenziale per indicare il peccato; ma una volta infranta la Legge, di fronte al peccatore concreto deve regnare la misericordia. Nessuna condanna, solo misericordia: qui sta l’unicità di Gesù, rispetto all’Antico Testamento. Il Signore, infatti, tende la mano alla peccatrice per sottrarla all’umiliazione del peccato e darle la possibilità di rinascere ad una vita nuova.

Il dito di Gesù non è puntato su chi sbaglia emettendo un giudizio misurato dalle prescrizioni della legge, ma sulla persona viva, con il peso dei suoi errori, ma anche delle sue sofferenze, delle sue speranze, dalle sue aspirazioni deluse, liberandola dalla identificazione con il peccato, per restituirla ad un futuro nuovo.

Prossimi alla Pasqua, il brano del vangelo ci richiama al nostro peccato, perché nessuno è senza colpa. Mentre prendiamo coscienza dei nostri limiti, Gesù è colui che del nostro peccato non farà mai motivo per accusarci, ma per incontrarci e ridarci quello che il peccato ci toglie.

Il peso dei nostri errori potrebbe bloccarci nel cammino verso la conversione e la purificazione. Dobbiamo riappropriarci della speranza, della gioia di vivere, nonostante le debolezze del passato o del presente.

Il profeta Isaia, nel brano della prima lettura, parlando ai suoi correligionari e connazionali, in una situazione di esilio, raccomanda loro di “Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa”.

Non sappiamo se quella donna cambiò vita, se seguì o meno il Signore. Di certo, quell’esperienza rimase indelebile nel suo cuore: è l’esperienza del perdono di Dio, che ama il peccatore ma non il peccato, che ci accoglie sempre e ci indica come vivere per essere liberi davvero.

Da qui viene un messaggio forte anche per noi: nel nostro cammino di conversione siamo chiamati a fissare lo sguardo su Gesù, a non rimanere prigionieri del passato, dei nostri peccati, a credere che Dio sta facendo anche nella nostra vita qualcosa di nuovo.

Aspetta solo che abbiamo gli occhi per scoprirlo e per affidarci a Lui.

Don Danilo Marin