RIFLETTENDO SUL VANGELO - quinta domenica di quaresima  - ANNO B

La vita è un dono che va donato

LETTURE: Ger 31,31-34; Sal 50;  Eb 5,7-9;  Gv 12,20-33

VogliamoVedereGesù
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Con questa domenica giungiamo al termine del percorso quaresimale e la Parola di Dio ci richiama quanto Dio sia fedele alle Sue promesse e ci ricorda che l’ultima Sua parola sono il perdono, la misericordia e l’amore. Il Vangelo di oggi (Gv 12, 20-33) si colloca nel contesto dell’ultima settimana di Gesù a Gerusalemme, è il giorno dopo la sua entrata trionfale e sente l’approssimarsi ormai della sua “ora”.

Alcuni greci, convertiti all’ebraismo, hanno sentito parlare di Gesù e manifestano il desiderio di vederlo: “Vogliamo vedere Gesù” (v. 21). “Vedere” nella cultura ebraica non è mai un semplice guardare con gli occhi.

Ha sempre un significato forte: può voler dire, come nel caso di Nicodemo, di domenica scorsa, “avere un forte interesse per quella persona”, addirittura quasi un “credere in qualcuno”. Per questo contattano Filippo ed Andrea e pongono a loro la richiesta. Gesù, in risposta, dice sostanzialmente che non si deve cercarlo per vedere un ‘personaggio’, anzi la richiesta genera in Lui una certezza che gli fa esclamare: “È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (vv. 23-24).

Gesù dà loro una risposta a prima vista strana e non in sintonia con la domanda. Ovviamente l’evangelista Giovanni vuole farci comprendere che la ricerca di vedere Gesù non si esaurisce con un semplice sguardo lontano e superficiale.

Anche per noi vedere Gesù dovrebbe significare l’entrare in contatto con tutta la sua persona e il senso profondo della sua esistenza; lo sperimentare l’amore di Dio che arriva al vertice del suo splendore nella più profonda oscurità della Croce; l’incontrare e riconoscere Gesù nella sua vera identità e credere in Lui. Vedere Gesù è, in definitiva, guardarlo sulla croce, nell’atto supremo del dono di vita per amore, rinunciando a tutto pur di amare.

La potenza di Dio, infatti, è nell’amore, e sulla croce questo amore diventa concreto e non rimane solo parole. È un amore che attira vita, e diventa strada da percorrere per ogni vita umana. È amore totale, un amore possibile a tutti gli uomini, di ogni lingua, credo, cultura e tempo.

Possiamo dire allora che Gesù si lascia, sì, vedere, ma a modo suo!

Nella risposta a quei greci Gesù dà una profonda descrizione di se stesso e dell’ora che sta vivendo: egli è il chicco di grano che deve morire per portare molto frutto e dare origine alla nuova vita.

Questa è l’ora sua della passione e della glorificazione. Addirittura Gesù manifesta il suo atteggiamento spirituale di fronte agli avvenimenti che lo attendono: “l’anima mia è turbata” (v. 27), tuttavia non chiede la liberazione, perché è fedele alla volontà del Padre. Poi, nel mezzo del suo discorso, Gesù illustra la figura del futuro discepolo: anche lui deve essere disposto a “perdere la vita” e a seguire il Maestro fino alla morte, se vuol portare frutto e non condannarsi alla sterilità e alla solitudine spirituale.

E’ questa la legge della sequela di Cristo.

Nel percorso quaresimale siamo stati guidati ad una progressiva scoperta del volto di Gesù e man mano il nostro cammino di fede è stato purificato e reso autentico attraverso la comprensione profonda del segno per eccellenza: la Croce.

Diventa significativo allora anche per noi manifestare questo desiderio di vedere Gesù proprio alla fine del cammino quaresimale.

Convinti che per vedere Lui bisogna ripercorrere la parabola del chicco di grano caduto in terra che “se muore, produce molto frutto”. Se uno non muore a se stesso, cioè se non si dona, resta solo; viceversa, porta frutto ora e per sempre. La vita è un dono che va donato. Tanti purtroppo sognano il loro futuro unicamente in termini di successo personale e guadagno economico, o riducono il loro lavoro a fonte di lucro, perdendo la dimensione più bella: l’essere utili agli altri.

Vogliamo veramente vedere Gesù?

Io sono convinto che nessuno può fare a meno della luce di quel volto, per conoscerlo sempre di più perché solo in quel volto ritroviamo il nostro volto, solo in quel volto ci è data la luce per comprendere il volto della vita, della storia e del mondo.

Così nella domanda di quei greci si apre l’orizzonte del tempo della Chiesa, dove risuona senza sosta, sulle labbra di tanti uomini, donne e ciascuno di noi, lo stesso desiderio: “Vogliamo vedere Gesù”

don Danilo Marin