Durante il tempo pasquale la liturgia domenicale ci propone quanto apostoli e discepoli hanno vissuto con Gesù a Gerusalemme in occasione della sua morte e risurrezione: esperienza traumatica e inattesa. Hanno visto il loro Maestro, Gesù di Nazaret, su cui avevano posto tutte le loro speranze, crocifisso e sepolto e poi, in modo impensato, nuovamente ‘presente’ tra di loro. Come spiegarsi questo fatto? L’hanno visto morto e sepolto e ora lo incontrano vivo? A ascoltiamo i loro racconti.
La prima testimonianza è quella di due discepoli (uno di nome Cleofa) che a Gerusalemme avevano vissuto da vicino le ultime vicende di Gesù. Essi, dopo tre giorni stavano lasciando Gerusalemme per tornare a casa loro. Per strada discutevano su ciò che riguardava proprio Gesù, il Nazareno. Lo avevano conosciuto come grande profeta che aveva parlato parole divine e aveva operato veri e proprio miracoli che non potevano che venire da Dio. Tutto il popolo e anche i capi dei sacerdoti e le autorità avevano udito e visto tutto ciò. Però alla fine erano riusciti a farlo condannare a morte per crocifissione. I suoi discepoli avevano posto molte speranze in lui e sulle sue promesse di salvezza. Aveva anche parlato di una sua risurrezione dai morti. Però erano già passati tre giorni dalla sua morte e sepoltura, e tutto sembrava ormai finito. E’ vero, raccontano, che alcune donne del loro gruppo recatesi al mattino alla tomba, non avevano trovato il suo corpo, aggiungendo di avere avuto anche una visione di angeli, i quali affermavano che egli è vivo. Ma alcuni altri, andati alla tomba, l’hanno trovata vuota, ma lui non l’hanno visto. E quindi che dire? Così concludono il loro racconto i due discepoli, incamminati verso casa, al pellegrino che si è aggiunto al loro cammino verso Emmaus. Allora lo sconosciuto pellegrino, ‘cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò in tutte le Scritture ciò che si riferiva a Gesù di Nazaret’. Quelle parole riscaldano il cuore dei due che sentono il desiderio che egli si fermi con loro: “Resta con noi, Signore”. Attorno al tavolo preparato per la cena tutto diventa chiaro: “Prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro… Ed ecco si aprirono gli occhi e lo riconobbero”. E i due partirono di corsa per raccontare l’esperienza del loro incontro con Gesù Signore vivente.
La seconda testimonianza viene da un discorso fatto in pubblico ai Giudei di Gerusalemme dall’apostolo Pietro. Egli testimonia: “Questo Gesù… uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni… voi per mano di pagani l’avete crocifisso e l’avete ucciso… Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni”! Due testimonianze che, con prole diverse dicono la stessa cosa su Gesù di Nazaret, la sua vita, la sua morte e la sua risurrezione. Ora per gli apostoli diventa chiaro anche quanto annunciavano le profezie delle Scritture a riguardo del Messia promesso, spiega Pietro, citando il Salmo 15: “Non fu abbandonato negli inferi, né la sua carne subì la corruzione”. E in una sua lettera Pietro illustrerà il senso e il frutto della morte e risurrezione di Gesù: “Voi sapete che non a prezzo di cose effimere, come argento e oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta… ma con il sangue prezioso di Cristo. Egli fu predestinato già prima della fondazione del mondo, ma negli ultimi tempi si è manifestato per voi; e voi per opera sua credete in Dio, che lo ha risuscitato dai morti… in modo che la vostra fede e la vostra speranza siano rivolte a Dio”.
Quale la nostra fede e la nostra speranza oggi, alla luce di questi racconti?
+ Adriano Tessarollo