«Spes contra spem»

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Auguri di Pasqua 2024
31-03-2024

Da pochi giorni è iniziata la primavera, tutto parla di una vita che riprende, la natura ricomincia ad essere feconda, gli alberi si vestono di verde, tutto invita alla gioia e alla speranza, tutto profuma di Pasqua.

Ma questo è un tempo difficile per la speranza e quanto sta succedendo sembra contraddire vistosamente questa virtù pasquale. La guerra in Ucraina e l’attentato in Russia, la situazione drammatica di Gaza e di tanti paesi africani. La democrazia messa a dura prova in questi ultime settimane dalle strane elezioni in Russia, la situazione inedita degli Stati Uniti con due candidati che per l’età o per i loro proclami mettono qualche inquietudine. Ma penso anche alle fatiche della nostra città che da qualche mese attraversa un momento di conflittualità. Penso al tema del lavoro: il granchio blu sta mettendo in difficoltà tutto il territorio della nostra diocesi, da Chioggia al Delta, e all’orizzonte si potrebbero profilare anche dei rischi per il turismo se i granchi cominciassero a fare brutti scherzi ai bagnanti. E in questi giorni la tragica morte di tre nostri fratelli nel rogo della loro casa a Sottomarina.

La speranza è messa seriamente alla prova in questo tempo e la Pasqua sembra metterci davanti l’utopia della speranza più che la sensatezza di questa virtù. Possiamo ancora sperare?

Il cardinale Cantalamessa qualche giorno fa condivideva un simpatico ricordo personale: «Io sono una persona che soffre molto più il freddo che il caldo. Ora in Italia a marzo, all’inizio della primavera, la temperatura, si sa, è più o meno la stessa che a fine ottobre e inizio novembre. Eppure per anni notavo che il freddo di marzo mi faceva meno problema di quello di novembre. Mi sono chiesto perché, visto che la temperatura è la stessa, e finalmente ho scoperto la ragione. Il freddo di novembre è un freddo senza speranza perché si va verso l’inverno; il freddo di marzo è un freddo con speranza perché si va verso l’estate!»

La Lettera agli Ebrei parla della speranza usando due immagini che sono significative per una città di mare come la nostra: l’ancora e la vela. L’autore delle Lettera paragona la speranza a «un’ancora sicura e salda della nostra vita» (Eb 6,19). Sicura e salda perché gettata non sulla terra ma in cielo, non nel tempo ma nell’eternità. E poi c’è la vela: se l’ancora dà sicurezza alla barca e la mantiene ferma tra le onde del mare, la vela la fa muovere e avanzare nel mare. Un buon marinaio è in grado di sfruttare qualsiasi vento, favorevole o sfavorevole, per far muovere la barca nella direzione desiderata. In entrambi i modi opera la speranza: radicandoci nel cielo a motivo della Pasqua e permettendoci di non restare fermi ma di andare avanti anche se il vento spira al contrario.

La speranza, continua il Cardinale Cantalamessa, ha un rapporto privilegiato con la pazienza. È il contrario dell’impazienza, della fretta, del “tutto e subito”. È l’antidoto allo scoraggiamento e mantiene vivo il desiderio. È anche una grande maestra, nel senso che non indica tutto in una volta – tutto quello che c’è da fare o si può fare – ma ti mette davanti una possibilità alla volta. Dà solo “il pane quotidiano”.

La Scrittura osa ancora di più mettendo la speranza in rapporto alle tribolazioni e affermando che la tribolazione non toglie la speranza, ma la può aumentare: «La tribolazione – scrive l’Apostolo – produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rom 5, 3-5).

In un tempo così difficile, tra venti di guerra, tensioni e conflitti, come cristiani ci affidiamo alla speranza, che è ancorata al cielo e alla Pasqua e che lo Spirito muove per continuare a navigare. «Spes contra spem» afferma Paolo parlando di Abramo che credette rimanendo saldo nella vera speranza contro ogni superficiale speranza (Rom 4,18). E allora, buona Pasqua di speranza a tutti voi!

Giampaolo Dianin, Vescovo di Chioggia