Mi pare che a nessuno faccia problema se le squadre di calcio internazionali, comprese le italiane, assoldano stranieri di ogni colore, nazione o religione e li pagano anche profumatamente. Attori, attrici, indossatrici, cantanti, musici, persone di tutte le nazioni, le razze o le religioni girano dovunque, comprano e vendono; investitori ricchi acquistano materie prime che vengono da qualsiasi parte del mondo, etc … Ognuno va a lavorare dove vuole, va a trascorre le vacanze dove vuole e tutto fila bene senza eccessivi problemi. Ma anche noi in Italia compriamo oggetti da chiunque, nero o mussulmano, in spiaggia o altrove, merce anche contraffatta.
Nei nostri campi, dal nord al sud d’Italia, vengono da tutte le parti, dall’Est Europa o dall’Africa subsahariana o nera a lavorare il radicchio o a raccogliere pomodori o altro, anche a lavorare nelle stalle. E nessuno ha niente da dire, ma molti hanno molto da guadagnare. Per non parlare di ogni altro ambito di vita, sportivo, lavorativo, olimpionico e vai. Quindi lasciamo stare la storia del razzismo. Fenomeni di mala educazione ci sono dovunque, delinquenza c’è tra gli italiani e gli europei del nord, del sud, dell’est e dell’ovest, americani, cinesi, indiani, popolazioni arabe, etc. . Il problema sorge quando uno è povero e ha bisogno di essere aiutato. Se poi il numero dei bisognosi continua a crescere e non si vede come questo possa avere fine allora in molti scatta l’allarme psicologico. Se, oltre alla povertà, si aggiungono fenomeni di violenza, allora si genera il panico, l’allarme e l’intolleranza. Se infine le situazioni di marginalità assistita o di non autonomia economica si prolungano per anni, con l’opportunità di chi gestisce queste povertà o non autonomie croniche di trarre, oltre che l’onesta retribuzione del lavoro, anche più o meno lauti guadagni, allora la situazione può diventare esplosiva, come il manzoniano “dagli all’untore” in occasione della grande peste. Il problema dunque non sta in chi arriva e ha bisogno del primo aiuto, ma in chi è causa di quelle partenze disordinate e pericolose per tutti i fuggitivi, e mortali per molti, con poca o scarsa possibilità di offrire soluzioni stabili per questi poveri e spesso sofferenti fuggitivi o migranti. A questo proposito mi vien da pensare perché le navi che soccorrono questi profughi non vadano più vicino alle coste libiche per esempio, senza aspettare che gli strozzini scafisti percorrano 12-15 miglia con tutti i rischi del caso! So che la riposta è che non bisogna violare le acque territoriali e aspettare che arrivino nelle acque internazionali, per poi scandalizzarsi delle morti per annegamento. Se è emergenza, credo che la logica dovrebbe prevale sulla illogicità! A proposito poi delle responsabilità degli esodi dall’Africa, che non sono naturali ma troppo spesso provocati da interessi e da egoismi di pochissimi straricchi potenti e da corrotti politici, riporto parte di un appello di padre Alex Zanotelli ai giornalisti italiani che circola in questi giorni anche in Facebook.
“Rompiamo il silenzio sull’Africa. Non vi chiedo atti eroici, ma solo di tentare di far passare ogni giorno qualche notizia per aiutare il popolo italiano a capire i drammi che tanti popoli africani stanno vivendo. Scusatemi se mi rivolgo a voi in questa torrida estate, ma è la crescente sofferenza dei più poveri ed emarginati che mi spinge a farlo. Per questo, come missionario e giornalista, uso la penna per far sentire il loro grido, un grido che trova sempre meno spazio nei mass-media italiani, come in quelli di tutto il mondo del resto… So che i mass-media , purtroppo, sono nelle mani dei potenti gruppi economico-finanziari, per cui ognuno di voi ha ben poche possibilità di scrivere quello che veramente sta accadendo in Africa. È inaccettabile per me il silenzio sulla drammatica situazione nel Sud Sudan (il più giovane stato dell’Africa) ingarbugliato in una paurosa guerra civile che ha già causato almeno trecentomila morti e milioni di persone in fuga. È inaccettabile il silenzio sul Sudan, retto da un regime dittatoriale in guerra contro il popolo sui monti del Kordofan, i Nuba, il popolo martire dell’Africa e contro le etnie del Darfur. È inaccettabile il silenzio sulla Somalia in guerra civile da oltre trent’anni con milioni di rifugiati interni ed esterni. È inaccettabile il silenzio sull’Eritrea, retta da uno dei regimi più oppressivi al mondo, con centinaia di migliaia di giovani in fuga verso l’Europa. È inaccettabile il silenzio sul Centrafrica che continua ad essere dilaniato da una guerra civile che non sembra finire mai. È inaccettabile il silenzio sulla grave situazione della zona saheliana dal Ciad al Mali dove i potenti gruppi jihadisti potrebbero costituirsi in un nuovo Califfato dell’Africa nera. È inaccettabile il silenzio sulla situazione caotica in Libia dov’è in atto uno scontro di tutti contro tutti, causato da quella nostra maledetta guerra contro Gheddafi. È inaccettabile il silenzio su quanto avviene nel cuore dell’Africa , soprattutto in Congo, da dove arrivano i nostri minerali più preziosi. È inaccettabile il silenzio su trenta milioni di persone a rischio fame in Etiopia, Somalia, Sud Sudan, nord del Kenya e attorno al Lago Ciad, la peggior crisi alimentare degli ultimi 50 anni secondo l’ONU. È inaccettabile il silenzio sui cambiamenti climatici in Africa che rischia a fine secolo di avere tre quarti del suo territorio non abitabile. È inaccettabile il silenzio sulla vendita italiana di armi pesanti e leggere a questi paesi che non fanno che incrementare guerre sempre più feroci da cui sono costretti a fuggire milioni di profughi. (Lo scorso anno l’Italia ha esportato armi per un valore di 14 miliardi di euro!). Non conoscendo tutto questo è chiaro che il popolo italiano non può capire perché così tanta gente stia fuggendo dalle loro terre rischiando la propria vita per arrivare da noi”.
Mi fermo qui, ma viene la domanda: Ci allarmiamo solo degli effetti o abbiamo il coraggio di affrontare le cause che provocano tali effetti?
+ Adriano Tessarollo