Con lo sguardo di Padre e Maestro

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Omelia del Vescovo Giampaolo alla Messa con Comunione e Liberazione
23-02-2022

Sono tra voi da poche settimane, ma ho già incontrato persone belle che mi hanno testimoniato un percorso di fede e di vita cristiano solido e profondo. Poi ho saputo che le radici di questo albero buono si nutrivano alla spiritualità di don Giussani. Alcuni preti della Diocesi mi hanno scritto e raccontato del loro cammino di preti, della fraternità che li lega ad altri preti e degli incontri che fanno per condividere il loro cammino di credenti e di preti; anche loro si sono nutriti in questi decenni della spiritualità di Comunione e Liberazione. Se questi sono i frutti, certamente dietro ci dev’essere un albero buono, delle radici sane che pescano acqua pulita e cibo nutriente.

Stasera con voi ringrazio il Signore per tutto questo. Giussani in tempi difficili come quelli del 68, nel pieno di una crisi culturale che ha coinvolto anche molti cristiani troppo tiepidi per resistere alle nuove bufere culturali, ha saputo andare al cuore dell’evento cristiano trovando e indicando Gesù come riferimento forte, come vera rivoluzione personale, comunitaria e anche culturale.

Negli incroci della storia lo Spirito ha donato alla Chiesa dei carismi che le hanno permesso di attraversare le tempeste e di uscirne più forti di prima anche se ridimensionati nel numero e co spazi pubblici diversi.

Non ho scelto io il Vangelo di questa sera, è quello che la liturgia del giorno di offre. E leggendolo ho sorriso pensando che la Parola è sempre un dono e una provocazione che ci fa bene.

«Maestro, abbiamo visto uno che scacciava i demoni nel tuo nome e glielo abbiamo impedito perché non ci seguiva» (Mt 9,38-40). La traduzione precedente diceva: «Perché non era dei nostri».

L’atteggiamento dei discepoli di Gesù è tipico di chi vive un’esperienza forte e coinvolgente che ha cambiato la vita. È tipico di chi vive un’esperienza radicale in un contesto che è più tiepido, abitudinario e diventato ormai sterile. La nuova esperienza mi lega a degli ideali e crea un forte senso di appartenenza. Viene spontaneo entrare nella logica dei vicini e dei lontani, dei nostri e degli altri, di coloro che appartengono a questa esperienza e degli altri. Viene spontaneo pensarsi come coloro che hanno incontrato la verità e si cerca di portare gli altri dalla nostra parte, perché chi ha trovato un tesoro vuole donarlo a tutti.

Per fare un parallelo incontrare un carisma giovane e nuovo mette in moto una specie di innamoramento. C’è un forte coinvolgimento affettivo, tutto di me è coinvolto, preso, afferrato da questa esperienza. Esiste solo il bianco e il nero.

La risposta di Gesù è incredibile: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlar male di me. Chi non è contro di noi è per noi».

Alla logica della contrapposizione Gesù oppone quella dell’inclusione; alla polarità verità/errore Gesù oppone la ricerca dei semi di verità che ci possono essere anche in chi è nell’errore; al bisogno di distinguersi dagli altri oppone la forza delicata del lievito e del sale.

C’era un tempo in cui si diceva: «Extra ecclesia nulla salus»; il Concilio ha superato la logica del dentro e fuori scegliendo quella dei diversi gradi di appartenenza. È arrivato a dire che la misericordia di Dio dona la salvezza anche a chi non è mai entrato in contatto con Gesù.

Permettetemi allora che accanto al grazie io tragga anche qualche consegna da questo vangelo. 1) Dobbiamo essere orgogliosi e grati al Signore per averci fatto incontrare l’esperienza di don Giussani, ma dobbiamo godere sempre di ogni esperienza di fede e di bene che Dio fa sorgere sempre e dappertutto. 2) Dobbiamo puntare con tutto noi stessi a vivere la radicalità della nostra fede, ma dobbiamo saper sostenere e accompagnare che è più fragile, debole, piccolo nel suo cammino. 3) Dobbiamo desiderare che tutti possano incontrare l’esperienza che noi abbiamo incontrato, ma la maturità vera non è far diventare tutti dello stesso colore, ma aiutare ciascuno ad essere se stesso e a seguire la strada che Dio ha pensato per lui. 4) Dobbiamo godere del carisma che ci è stato donato ma anche stupirci dei semi di vangelo che Dio continua a seminare ovunque. 5) Non dobbiamo pretendere che la Chiesa diventi come noi, ma sentirci parte di un corpo più grande di noi e lavorare perché quel corpo funzioni e viva.

Papa Francesco non smette di chiederci di essere una Chiesa inclusiva e non esclusiva. L’innamoramento deve diventare amore, l’amore deve diventare fedeltà, la fedeltà diventare impegno costante, paziente, delicato, rispettoso.

+ Giampaolo vescovo