- Siamo orgogliosi di avere come patroni due giovani entusiasti della loro fede al punto da non aver avuto paura di donare la vita pur di essere fedeli al Vangelo.
Felice e Fortunato erano due giovani e noi sappiamo che nelle nostre parrocchie i giovani sono un tesoro prezioso e raro. Ci interroghiamo sul perché siano così rari, cerchiamo delle risposte che ci stanno ma che non ci lasciano tranquilli. Forse c’è altro nella loro lontananza; forse la nostra testimonianza gioiosa della fede lascia un po’ a desiderare.
Felice e Fortunato erano due laici. Avevano il loro lavoro, erano soldati. Non erano monaci né preti, erano laici, probabilmente si sarebbero sposati, avrebbero avuto dei figli se la vita non fosse stata loro tolta troppo presto. Nella loro vita laicale Dio e la preghiera avevano un posto preciso e non si vergognavano di questo.
Nella cappella qui a fianco ci sono degli affreschi che descrivono le incredibili torture a cui vennero sottoposti, ma non cedettero. Alla fine venne loro tagliata la testa ma rimasero cristiani fino alla fine, fedeli ad oltranza. Come si fa ad essere cristiani così? Li guardiamo con una certa invidia, ci piacerebbe essere anche noi capaci di testimoniare la nostra fede. Vorrei soffermarvi con voi proprio su questa parola: testimonianza che è la traduzione del greco “martyria”.
- Il testimone è anzitutto colui che vive un’intensa amicizia con Colui di cui è testimone. Per i nostri patroni e per ogni cristiano Dio è colui che siamo chiamati a testimoniare. Il testimone non ha la pretesa di sostituirsi a Cristo ma fa sue le parole di san Paolo: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2,10). Si sente un discepolo, ma un discepolo innamorato e chi è innamorato è coinvolto, appassionato, carico dentro, pronto a tutto per la persona amata. La sua testimonianza è la conseguenza della sua sequela. Ciò che più sta al cuore del testimone è che Colui che è al centro della sua vita, del suo amore, dei suoi pensieri, delle sue azioni, sia conosciuto ed amato. Per questo non pensa e non agisce per se stesso.
Shahbaz Bhatti, ministro pakistano cattolico, ucciso per la sua fede, ha testimoniato questo valore assoluto di Cristo. Ha scritto: «Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù… Voglio vivere per Cristo e per lui voglio morire».
- Il testimone poi è un discepolo fedele al vangelo. Gesù stesso viene definito il «testimone fedele e verace» del Padre (Ap 1,5; 3,14). Il Battista dice di essere venuto per rendere testimonianza alla luce che è Cristo (Gv 1,7-8). Gli apostoli hanno ricevuto come missione centrale quella di testimoniare la Risurrezione.
Se vogliamo essere testimoni credibili, gioiosi, contagiosi dobbiamo tornare al vangelo, alla gioia del vangelo. Ma in questa missione succede quello che sappiamo: il testimone può diventare martire. La sua fedeltà alla verità, al vangelo e a Gesù chiede di esserlo non solo a parole e con una vita evangelica, ma può succedere di dover pagare il prezzo di una verità scomoda che dà fastidio. Stefano sarà testimone davanti a coloro che avevano già in mano le pietre per lapidarlo. Paolo dovrà rendere testimonianza a Roma (At 23,11). Gesù aveva annunciato e previsto che questo sarebbe successo: «Vi consegneranno ai loro tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe e sarete condotti davanti ai governatori e ai re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani» (Mt 10,17-18).
- Ci chiediamo se noi oggi siamo testimoni, cioè cristiani affascinati da Gesù, nutriti dal vangelo e contagiosi nel mostrare a tutti che Lui è il centro della nostra vita. Tutti siamo chiamati ad essere testimoni, tutti coloro che per il battesimo appartengono a Cristo. Questo ci ricordano Felice e Fortunato, laici, soldati, desiderosi di sposarsi e di vivere una vita laica nel mondo.
Scrive papa Francesco: «Ciò di cui abbiamo bisogno, specialmente in questi tempi, sono testimoni credibili che con la vita e anche con la parola rendano visibile il Vangelo, risveglino l’attrazione per Gesù Cristo, per la bellezza di Dio». Non vuole parlare di colpe, papa Francesco, ma ricorda che tante persone si sono allontanate dalla Chiesa per «la poca coerenza dei cristiani». Non possiamo nasconderci dietro motivazioni sociologiche, né giustificarci dicendo che è colpa di questo nostro tempo che è disinteressato a Dio e alla fede. Forse l’incoerenza di noi cristiani, l’attaccamento alle forme più che alla sostanza, la separazione della fede dalla vita, forse anche per questo tante persone si allontanano, i giovani alzano le spalle, per la rarità di veri testimoni.
Oggi per molti cristiani il Vangelo è solo un libro. Non orienta le scelte, non interpreta più la vita, non è la bussola dell’esistenza. Oggi la Chiesa missionaria, quella in uscita come ama dire papa Francesco, non può aggrapparsi alle strategie pastorali, ai programmi e ai metodi; ha bisogno prima di tutto di testimoni del Vangelo. Senza questi il resto è solo perdita di tempo. Oggi la Chiesa missionaria ha bisogno di comunità cristiane gioiose, contagiose, dove si celebra bene perché ci crediamo, dove si vivono relazioni di fraternità superando le logiche che abitano tante realtà della vita sociale. Il testimone non è un fanatico, ma un innamorato. Il testimone ama Dio e ama anche questo mondo, gli uomini e le donne che lo abitano e per questo si dà da fare, si impegna dentro la storia, diventa sale e lievito. Ai suoi discepoli Gesù ha affidato questa missione: «Voi siete il sale della terra, voi siete la luce del mondo» (Mt 5,13-16).
Scriveva così padre Puglisi, ucciso dalla mafia nel 1993: «Venti, sessanta, cento anni… la vita. A che serve se sbagliamo direzione? Ciò che importa è incontrare Cristo, vivere come lui, annunciare il suo amore che salva. Portare speranza e non dimenticare che tutti, ciascuno al proprio posto, anche pagando di persone, siamo i costruttori di un mondo nuovo». Il testimone prima di portare Gesù al mondo porta il mondo a Gesù e per questo è una persona che prega, intercede, si affida.
- Tra poco consegneremo il mandato ad alcuni ministri straordinari dell’Eucaristia. Portare il corpo di Cristo ai malati, distribuirlo durante le celebrazioni sia una forte provocazione per la crescita della vostra fede e della vostra sequela del Signore. Soprattutto vi chiedo di farlo con spirito di servizio, senza che un mandato si trasformi in un piccolo potere, ce ne sono già troppi nelle nostre parrocchie. Portate l’Eucaristia e portate anche voi stessi a questi fratelli e sorelle, membra doloranti della Chiesa.
- Ai nostri patroni chiediamo il dono di essere cristiani testimoni contagiosi, senza i quali nessun programma pastorale servirà a far crescere la nostra Chiesa.
Scrive l’autore della lettera agli Ebrei: «Anche noi, dunque, circondati da una grande moltitudine di testimoni […], corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede» (Ebrei 12,1-2).
+ Giampaolo vescovo