La morte di Gesù nell’anno 30 e la distruzione di Gerusalemme nel 70 dividono i primi anni della storia cristiana in tre tappe: 1) Gesù di Nazareth (6 a.C.-30 d.C.), 2) la generazione apostolica (30-70 d.C.), 3) la seconda generazione cristiana (70-100 d.C.).
Ecco le caratteristiche più importanti di queste tre tappe:
- Gesù di Nazareth (6 a.C.-30 d.C.). Gesù visse praticamente in tre città: a) Nazareth,
dove trascorse il primo e più lungo periodo della sua vita; b) Cafarnao, centro di
riferimento durante la sua vita pubblica in Galilea; c) Gerusalemme, dove si manifestò
a tutto Israele ed ebbe luogo il mistero della sua Pasqua.
Nazareth era un piccolo villaggio situato in una zona montagnosa vicina alla fertile pianura di Izreel. Qui Gesù visse i primi trent’anni di vita, con la sua famiglia, esercitando un lavoro manuale (Mc 6,3). Il modo di parlare di Gesù riflette la sua profonda conoscenza dell’ambiente rurale e la capacità di osservare attentamente lo svolgersi della vita quotidiana. Da buon ebreo, frequentava la sinagoga e conosceva la Legge mosaica.
Gesù iniziò la sua predicazione nei pressi del fiume Giordano, in Giudea, ma ben presto si trasferì in Galilea, sua terra natale, e abitò a Cafarnao, piccola città della riva nord del lago di Galilea. Lì iniziò a riunire un piccolo gruppo di discepoli e a predicare la buona notizia del regno di Dio. È probabile che vivesse nella casa di Pietro e da lì si recasse a predicare nei villaggi e paesi vicini. La sua fama si diffondeva e il gruppo dei discepoli aumentava a motivo del suo messaggio e dei segni che compiva. I discepoli condividevano il suo stile di vita, ascoltavano i suoi insegnamenti ed erano testimoni dei miracoli da lui compiuti.
La decisione di andare a Gerusalemme, centro religioso del giudaismo, fu intenzionale perché Gesù voleva che anche lì risuonasse la buona notizia da lui predicata in Galilea. La sua permanenza a Gerusalemme fu breve, perché quanto operò e proclamò costituì una sfida ai pilastri del giudaismo: Gesù non osservava alcuni precetti della Legge, osava avvicinare i peccatori e, fatto ancora più grave, si poneva contro il tempio. Quando le autorità religiose decisero di ucciderlo, dovettero ricorrere a Ponzio Pilato, governatore romano della Giudea, il solo che aveva il potere di condannare a morte. Alla fine, Gesù fu condannato alla crocifissione, un supplizio che i Romani riservavano a schiavi e malfattori.
- La generazione apostolica (30-70 d.C.). La morte di Gesù suscitò nei discepoli
delusione (Lc 24,18-21) e paura (Gv 20,19-23). Le apparizioni di Gesù risorto fecero però passare i discepoli dallo scoramento a una testimonianza aperta e gioiosa dell’esperienza che aveva trasformato la loro vita. Fra di essi risalta il gruppo degli apostoli – i Dodici. Sotto la loro guida la comunità cristiana si consolidò ed estese.
Gli inizi del cristianesimo furono caratterizzati da una rapida diffusione del messaggio cristiano e dal fiorire di piccole comunità in tutta la parte orientale dell’Impero. Il libro degli Atti descrive le principali tappe di questa espansione: Gerusalemme, Giudea e Samaria (At 1,8), la regione costiera della Palestina (11,19-30), le regioni dell’Asia Minore e della Grecia (13-20), fino a Roma (28,11-31).
Nel 50 d.C., a vent’anni dalla morte di Gesù, piccole comunità cristiane erano disseminate in tutto l’Impero Romano. La diffusione del vangelo si deve a gruppi di cristiani che la pensavano diversamente circa l’obbligatorietà della Legge mosaica per coloro che abbracciavano la fede nel Risorto. La comunità di Gerusalemme, e con essa gli apostoli, riteneva che si dovessero conservare le radici giudaiche, mentre il gruppo degli ellenisti, formato da giudei che vivevano nella diaspora, proclamava che la novità cristiana aveva infranto le frontiere del giudaismo e riteneva che non fosse necessaria la circoncisione e l’osservanza delle norme della Legge (prima parte).
Gastone Boscolo