Comprendere la Bibbia - 104

I Vangeli: una storia o biografia di Gesù?

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L’antica tradizione cristiana ha attribuito la composizione dei vangeli ad apostoli-testimoni (Matteo e Giovanni) o a discepoli di apostoli (Marco e Luca). Sul finire del XVII sec. sotto la spinta dell’Illuminismo e del Razionalismo le cose sono cambiate. I Vangeli hanno cominciato a essere considerati non solo libri ispirati, ma anche documenti storici dell’antichità, libri da analizzare e studiare come tutte le altre opere letterarie.
Ed è emerso: 1) che i vangeli sono il risultato di un lungo processo letterario durato circa un quarantennio; 2) che gli evangelisti hanno lavorato su tradizioni scritte e orali preesistenti; 3) che hanno messo insieme, secondo un loro preciso piano redazionale, materiale preesistente, come del resto avverte Luca nel prologo della sua opera: Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi […], così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato (1,1.3). Gli studiosi hanno evidenziato una caratteristica essenziale dei vangeli: non sono, e non intendono essere, un resoconto esatto dei fatti, sono invece testimonianze di fede, un’interpretazione cristiana dei fatti e dell’insegnamento di Gesù alla luce degli eventi pasquali.
I vangeli non sono un manuale di storia (non sono narrate tutte le cose compiute da Gesù) né una biografia di Gesù (mancano trent’anni di vita), ma una raccolta di detti e fatti di Gesù messi per iscritto allo scopo di suscitare e rafforzare la fede della comunità cristiana. Il Quarto vangelo lo afferma esplicitamente: Questi (segni) sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il figlio di Dio, e perché credendo abbiate vita nel suo nome (Gv. 20,31). I vangeli sono scritti per credenti e intendono irrobustire la fede dei credenti. Si tratta di una letteratura confessionale indirizzata all’interno della comunità e non a coloro che le sono estranei. Sempre Luca, nel prologo, presenta lo scopo della sua opera: …perché tu conosca la solidità degli insegnamenti che hai ricevuto (1,4), vale a dire, l’intento è quello di dotare di solide basi la dottrina già accettata.
Ne segue che non si devono leggere i vangeli come se fossero descrizioni esatte e dettagliate del fatto narrato. La loro fedeltà al Gesù della storia è grande, e merita tutta la nostra fiducia, tuttavia, il testo che abbiamo fra le mani non permette più una conoscenza oggettiva, descrittiva del fatto. Le tradizioni raccolte dagli evangelisti si basano su eventi reali vissuti da Gesù di Nazareth, ma li riferiscono alla luce della fede pasquale. Di qui l’originalità letteraria di questi scritti: sono un annuncio rivolto alle comunità cristiane per nutrire la loro fede.
Lo storico antico e quello moderno hanno un concetto diverso di verità storica.
Lo storico moderno ritiene che la sua spiegazione sia vera quando descrive il più oggettivamente possibile un fatto. Lo storico antico ritiene che sia vero quello che afferma quando gli sembra di aver colto il senso, il valore, il messaggio contenuto nell’avvenimento. Proprio per questo sceglie, tralascia, sottolinea, esagera, omette, magari aggiunge dettagli e dialoghi per dare maggiore rilievo al significato del fatto che racconta.
Se chiediamo ai testi evangelici: ciò che viene raccontato è realmente successo così come è narrato? Li interroghiamo male! L’esegeta si vede costretto a rispondere «non lo so!».
Ma questo non perché metta in dubbio la realtà storica che sta alla base del racconto evangelico, ma perché sa che l’evangelista non intendeva descrivere un evento storico, ma comunicare il significato per la fede e per la vita del cristiano della persona e dell’opera di Gesù che in tale evento storico traspare.
Gastone Boscolo