RIflettendo sul vangelo - XXXI domenica tempo ordinario - Anno B

Il comandamento più grande

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Nel Vangelo di questa domenica (Marco 12, 28-34) troviamo uno scriba, ovvero un esperto della sacra Scrittura, che sottopone a Gesù una domanda, per metterlo in difficoltà e poi accusarlo: “Qual è il primo di tutti i comandamenti?” (v. 28). Gesù risponde che non c’è comandamento più grande dell’amore per Dio e per il prossimo, due modi di vivere l’amore che si illuminano a vicenda. Quindi, ci dice Gesù, che se si vuole amare veramente Dio non ci si può dimenticare degli uomini, cioè di coloro che ci sono prossimi, quei vicini che incontriamo tutti i giorni nella nostra casa, sul lavoro, nel quartiere, nella nostra comunità parrocchiale, ma anche coloro che ci importunano, i senza tetto e quelli che hanno la pelle di colore diverso dalla nostra e che pensiamo ci stiano derubando dei nostri diritti. Tutti questi sono da amare come amiamo Dio e noi stessi.

Non c’è comandamento più grande dell’amore: per Dio e per il prossimo. Quando c’è l’amore, cioè la sincerità del cuore, allora, anche il nostro culto che noi viviamo quando partecipiamo all’Eucaristia, quando preghiamo e quant’altro … è vero, autentico, efficace. Infatti ogni rito, qualsiasi atto di culto, perderebbe significato se non venisse da un cuore che ama Dio e ama il prossimo. Siamo tutti convinti che non basta fare delle belle liturgie per essere graditi a Dio ed essere salvati. A Dio importa anzitutto la carità, ossia l’amore, e dalla liturgia e, soprattutto, dall’Eucaristia ci viene la possibilità e la forza di amare.

L’apostolo Giovanni, in maniera perentoria afferma che: “Se uno dice: “Io amo Dio” e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. E questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello” (1Gv 20-21). E a tal proposito Sant’Agostino affermava: “Nell’amare Dio, amo anche l’uomo, e nell’amare l’uomo, amo anche Dio”.

Lo scriba, gioendo per la risposta data da Gesù, ne coglie il cuore: “amare val più di tutti gli olocausti e i sacrifici” (v. 33), frase che riprende il profeta Osea 6, 6 dove Dio aveva detto: “voglio l’amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più di tutti gli olocausti”. Spesso, infatti, Dio attraverso la voce dei profeti, nell’Antico Testamento, aveva rimproverato un culto vuoto, senza amore, ridotto a un ritualismo sterile. L’autenticità del nostro rapporto con Dio e del nostro amore per lui la si vede nell’amore che abbiamo verso gli altri. Possiamo pregare anche molto per sentirci a posto, ma se quella preghiera non ci porta a cambiare nei nostri modi di fare, non ci porta all’accoglienza, al rispetto, in una parola non ci porta a concretizzare l’amore, serve, purtroppo, a ben poco.

L’amore è, allora, veramente un’esigenza insopprimibile di ogni uomo. Tuttavia ci viene spontaneo chiederci: come amare? chi o che cosa amare, e in che modo amare? Lo dobbiamo imparare ogni giorno alla scuola di Gesù, da Colui cioè che è venuto a rivelarci e a testimoniarci, con il dono di sé, l’amore di Dio. Anche in antico c’era il comandamento dell’amore, ma Gesù è venuto a renderlo concreto e a mostrarci come si deve amare.

Amerai: questa è la sintesi del cristianesimo, è il motore che dà senso a tutto perché l’amore che ci propone Gesù passa per Dio e per il prossimo: l’amore per Dio passa attraverso l’amore per il prossimo e l’amore per l’uomo passa dall’amore per Dio.

Don Danilo Marin