sguardo pastorale

Il nuovo

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Entriamo, questa domenica, nella Settimana Santa nella quale il Triduo pasquale ci fa vivere la manifestazione gloriosa di Gesù. Tutto però accade secondo il suo stile. L’ora della gloria passa attraverso la croce, cioè la scelta di donare tutta la sua vita per mostrarci quanto Dio Padre è disposto ad amarci. Questa è una scelta che facciamo fatica a capire ma di cui abbiamo la chiave interpretativa: il seme che muore nella terra e porta frutto. Poi, però, non è che la croce, e i suoi segni, scompaiano dalla nostra vista e che il Risorto non abbia più niente a che fare con quello strumento di morte: Gesù glorificato porta i segni nelle mani, nel costato e nei piedi e proprio essi lo rendono identificabile agli apostoli. La croce, dunque, fa parte, della gloria del Risorto ed è la vita donata che si caratterizza di eternità. Nella Settimana Santa dobbiamo affinare tutti quegli elementi che nella quaresima ci sono stati offerti per rinnovare il nostro cuore, o meglio per lasciarlo rinnovare nelle intenzioni, nei sentimenti e nelle decisioni. Immaginiamo ora di poterci guardare dentro e dire cosa vediamo. Stiamo uscendo da questo tempo come ci siamo entrati? Abbiamo cercato di renderci più accoglienti e recettivi nei confronti della Parola di Dio e in definitiva del Cristo che vedo nel prossimo? Il nostro modo di pregare è rimasto invariato? L’approccio alla quotidianità e l’uso dei beni che abbiamo a disposizione li ordiniamo secondo le priorità che ci detta il Vangelo? Sicuramente ci è stato ricordato dalle liturgie quaresimali che non sarebbe bastato dare una spolverata alla nostra casa interiore ma che sarebbe stato necessario cambiare il modo di viverla questa casa.

Una settimana fa è stata riaperta al culto la chiesa parrocchiale di Loreo (ma penso anche alle altre che in questi anni sono state ripristinate dopo un lungo restauro) e potervi celebrare nuovamente l’eucaristia è stato emozionante per tutti. Ho negli occhi l’andirivieni dei fedeli che guardavano dal basso all’alto gli interni rinnovati e non sapevano dove posare lo sguardo da quanto tutto era di un aspetto diverso. Penso alla grazia che abbiamo tutti noi di avere un luogo più che dignitoso dove poter celebrare la nostra fede e a quanto siamo legati alle nostre chiese, ma mi chiedo se questo corrisponda ad una gioia interiore di essere cristiani. Possiamo restaurare tutte le chiese che vogliamo ma quello che è importante è abitarle con un cuore nuovo: celebrare la fede e viverla con gioia nella vita di ogni giorno. Affiniamo il silenzio e l’ascolto in questi giorni santi perché i nostri orecchi possano sentire lo sposo che arriva e i nostri occhi possano riconoscere che Cristo è con noi. Affiniamo quello che anche alcuni psicologi chiamano il terzo occhio, che non confonderei con il concetto presente in alcuni movimenti religiosi esoterici, ma che identificherei più semplicemente con quella capacità interiore di riuscire ad intuire ed intravvedere l’essenziale della vita, il cuore delle persone, la profondità dell’amore, il senso stravolgente del morire per far fiorire la vita.

don Simone Zocca