COMPRENDERE LA BIBBIA - 35

Tallít, tefillím e mezuzáh

mezuzah
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Gli ebrei maschi nella liturgia sinagogale indossano uno scialle di forma quadrata, di colore crema o bianco, bordato di strisce nere e con lunghe frange ai quattro angoli. Se ne avvolgono le spalle e ne sollevano i lati per farne una specie di cappa. Nelle sinagoghe non ortodosse lo scialle per la preghiera è ridotto a una sottile stola, però mantiene sempre un importante elemento caratterizzante: le quattro frange.

La storia di questo indumento si rifà a Mosè. A causa della disobbedienza di un uomo, Dio aveva comandato al popolo di apporre delle frange di filo blu ai vestiti per ricordare a tutti di obbedire alla sua legge (Nm 15,32-41). Da questo comando, attraverso vari stadi di sviluppo, si è giunti al moderno scialle per la preghiera, il tallít indossato oggi nella sinagoga dagli Ebrei. Tradizionalmente la tintura per il filo blu veniva da un raro mollusco marino, il che la rendeva assai costosa. Oggi non si usa nessun blu nelle frange, poiché non si conosce con esattezza la tonalità del colore.

Non sappiamo con certezza come fossero fatte le frange ai tempi biblici. Oggi si tratta di quattro lunghe trecce ciascuna infilata in un foro ai quattro angoli e poi piegata a metà in modo che ne risultino otto. Una delle trecce è più lunga delle altre: è avvolta ventiquattro volte intorno alle altre sette con cinque nodi posti a uguale distanza. Tutto questo ha un valore simbolico. Ventiquattro sono i libri della Bibbia ebraica, quello che per i cristiani è l’Antico Testamento. Il numero cinque simboleggia i libri della Torah. La parola ebraica per indicare la frangia è tzitzít. Poiché tutte le lettere ebraiche hanno un valore numerico, la somma delle lettere che compongono la parola tzitzít fa seicento. Questo più le otto treccine e i cinque nodi fa 613, che è il numero dei comandamenti della Torah (365 comandamenti positivi e 248 comandamenti negativi). L’ebraismo ama calcoli complessi come questi.

Ai tempi del Nuovo Testamento solo i farisei portavano regolarmente il tallít e spesso lo facevano solo per farsi vedere. Gesù non esprime disapprovazione per l’usanza in sé, però condanna le lunghissime frange portate con ostentazione per far vedere la propria pietà religiosa (Mt 23,5). Anche Gesù le portava, come è possibile dedurre dalla storia della donna che soffriva di perdite di sangue e voleva toccare l’orlo del suo mantello (Mt 9,20).

La Toráh ordina che le parole di Dio siano ricordate sotto forma di un segno sulla mano e tra gli occhi, e che vengano scritte sugli stipiti delle porte (Dt 6,4-9). Il popolo di Israele ha preso alla lettera questo comando e ha posto il testo di queste parole dentro due scatolette, ciascuna contenente quattro brani della Scrittura (Es 13,1-10 e 13,11-16; Dt 6,4-9 e 11,13-21). Queste scatolette, chiamate tefillím (filatterie nel Nuovo Testamento), quando si recita la preghiera vengono legate attorno al braccio sinistro e alla fronte con lunghe cinghie di cuoio. Come per le lunghe frange del tallít, Gesù deplorava il fatto di mettere in mostra lunghi filatteri come ipocrita ostentazione di un fervore religioso in realtà assente. Una terza scatoletta viene posta sugli stipiti della porta di casa ed è chiamata mezuzáh.

(35. segue).

Gastone Boscolo