SGUARDO PASTORALE

“Illicetum vetus sanctitatis illicium”

basilica
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Avevo scoperto questo luogo nel 1997. Vi ero approdato, invitato a guidare un corso di esercizi per i diaconi del Seminario regionale di Potenza. Fui subito attratto dal contesto reso suggestivo dalla natura e dalla storia, ma soprattutto dalla liturgia che scandiva la vita delle monache: tante, giovani, leggere, sorridenti. E su tutte dominava la figura di una donna accogliente, loquace, comunicativa, coinvolgente: Madre Alessandra Macajone. Ti sembrava di essere conosciuto da sempre e la tua storia diventava parte di lei. La inseriva nei suoi pensieri ricchi di teologia conciliare, aperti a prospettive di rinnovamento, orientati a una Chiesa sempre più missionaria. Era fatale ritrovarsi a dialogare con lei, anche se ero lì soltanto come ospite della foresteria e per i diaconi della Basilicata. Ma la modalità con cui ti guardava mentre tenevi l’omelia e la partecipazione affettiva al percorso che andavi proponendo era così avvolgente che cadevi nella rete. Ti ascoltava, ma sapeva già cosa dirti, ciò di cui avevi bisogno, le ricchezze di cui eri portatore, così come i limiti, ne sono sicuro, anche se questi non li esternava. Aveva avvertito per esempio la mia formazione liturgica e non mi stupì l’invito, giuntomi qualche settimana dopo, di ritornare per guidare un corso di esercizi per le monache, proprio di taglio liturgico. Ricordo ancora il tema svolto in quella settimana di novembre: Celebrare la vita, le strutture dell’azione liturgica applicate alla vita. La conobbi ancora meglio e capii quanto era carismatica, capace di tenere unita una comunità numerosa e diversificata, per età e cultura, attraverso l’amore per la bellezza espressa nel canto, nell’ordine, nel portamento. La sentivo capace di assorbire le tensioni che non mancano nella vita comunitaria, di farsi carico delle fragilità di ciascuna attraverso l’ascolto e l’incoraggiamento, di dare motivazioni forti per affrontare il lavoro di cui non si doveva sentire la fatica. Ritornai da rettore del seminario nel primi anni del 2000 con i miei seminaristi e volli che essi avessero un colloquio con lei. Era esperta di formazione umana e spirituale, di percorso vocazionale, conosceva le dinamiche della pastorale, la vita del prete, le attese dei fedeli. E su queste conoscenze fondava le sue raccomandazioni arrivando a catturare l’attenzione e a suscitare l’entusiasmo dei giovani. La notizia della sua improvvisa scomparsa, avvenuta nel 2005, rimbalzò anche in diverse diocesi, seminari e presbiteri e fu accolta con la chiara percezione di aver perso qualcosa di veramente prezioso per la Chiesa. Ritornai a Lecceto nel 2008 con due diaconi che si preparavano all’ordinazione presbiterale e ritrovai quella “seduzione di santità” (sanctitatis illicium) per la quale il luogo è famoso. E mi interrogai su quanto Madre Alessandra aveva contribuito a tenere desto questo mistero e su quanto questo mistero aveva contribuito a dare spessore ai carismi di cui il Signore aveva circondato questa donna. Oggi, sempre qui a Lecceto per un altro corso di esercizi, condividendo ancora più da vicino la vita e la storia della comunità, mi sono dato la risposta: “l’antico Lecceto” (Illicetum vetus) conserva ancora la santità di Caterina da Siena e degli Eremiti di sant’Agostino e, in tempi e forme diverse, la trasmette a quanti vi dimorano o, come me, vi salgono per una salutare boccata di ossigeno spirituale. Le monache sono poco più di 10, ancora relativamente giovani, come è giovane l’abbadessa Suor Maria Carmela, e sono impegnate a tenere viva la tradizione che vuole questo luogo perennemente “attrattivo”, come esercita un forte richiamo la vita di un drappello di donne che, dimentiche di sé, sentono la vocazione di incarnare la Pasqua di Gesù, mistero di amore oblativo per la redenzione dell’umanità.

don Francesco Zenna