SGUARDO PASTORALE

I tweet del Papa

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“Noi cristiani non abbiamo un prodotto da vendere, ma una vita da comunicare». Ogni giorno dall’account “@Pontifex.it” appare un cinguettio di Papa Francesco. Ha proprio la leggerezza e l’incisività del verso di un uccello, corre la lunghezza d’onda del desiderio e soddisfa il bisogno di orientamento che alberga sempre più nel cuore dell’uomo moderno.

Quello di ieri evoca la problematica dell’evanescenza dell’esperienza religiosa in questo tempo. I praticanti sono sempre meno e sempre più anziani, i riferimenti valoriali sono di natura puramente razionale, il termine “fede” sa di soffitta e, anche per chi dice di averla, l’ha ricoperta da una coltre di polvere, come di un attrezzo che si tira fuori raramente e solo nel momento della necessità.

Questa evanescenza ha portato a interpretare l’azione pastorale con spirito missionario, proiettati all’esterno fino alle periferie della vita, a osare maggiormente anche nelle forme dell’annuncio pur di incidere e conquistare. Se però abbiamo pensato di dover convincere ad abbracciare o rispolverare la fede con le nostre tecniche, quasi fosse un prodotto da piazzare tra altri prodotti esistenziali o al posto di essi, abbiamo fatto un errore.

E che di errore si tratta ne è prova il risultato di tanti sforzi catechistici improntati soltanto alla trasmissione delle verità e di tante attività ricreative gestite in concorrenza con altre agenzie e con spirito puramente agonistico.

Mi è piaciuto molto il dettato del programma pastorale offerto dalla Conferenza Episcopale Italiana nel decennio scorso: “Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia”. Davvero, come dice il tweet del Papa, il Vangelo va comunicato come si narra un’esperienza. Non l’esperienza di altri e neppure l’esperienza di un passato glorioso, bensì la mia, la tua, la nostra esperienza, quella che costituisce la vita attuale con le sue fragilità e le sue risorse.

Potrei comunicare la mia esperienza di preghiera, quella che quotidianamente mi mette in relazione con il Signore, e che culmina nella celebrazione dell’Eucaristia; potrei raccontare del servizio che mi viene chiesto in Diocesi nel coordinamento della pastorale, nell’organizzazione degli affari economici e soprattutto nella vicinanza al ministero del Vescovo; potrei narrare iniziative, progetti, eventi, incontri ma rischierei di fare un carosello di fatti esteriori. Ciò che va comunicato è la gioia di aver conosciuto il Signore Gesù e di poterlo seguire, è la serietà di un servizio che è mosso dal dono di sé, è la bellezza dell’amicizia sincera e disinteressata offerta a quanti la provvidenza mette sulla tua strada, è la serenità che viene da una visione positiva della vita, pur con i suoi lati bui assieme a quelli luminosi, è il coraggio di riconoscere le proprie fragilità e di saperle gestire con umiltà e fiducia.

E questo racconto è fatto di presenza più che di parola, di gesti più che di proclami, di riso, di pianto, di misericordia e di perdono, di pazienza e di mitezza, di rispetto e dolcezza. Direbbe San Pietro che è così che si dà ragione della speranza che è in noi, che si suscita attenzione e riconoscimento; è così, dice ancora oggi il successore di Pietro, che si aggrega: non per proselitismo ma per attrazione. Il profilo Twitter di Francesco ha superato la quota di 40 milioni di persone che lo seguono in 9 diverse lingue e vogliono ricevere i messaggi che il Pontefice scrive quotidianamente. L’interesse per i messaggi “online” di Francesco non conosce flessioni, anzi dimostra l’attenzione della gente comune, cristiani e non, di leader politici ed esponenti della cultura. E non per quello che dice, ma per quello che è.

 don Francesco Zenna