SGUARDO PASTORALE

Una buona tazza di tè

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Una buona tazza di tè si ottiene non solo facendo bollire l’acqua ma lasciando con pazienza che le proprietà del preparato possano essere lentamente assorbite attraverso l’infusione. È un’immagine usata da Papa Francesco nel suo discorso all’incontro internazionale delle famiglie a Dublino.

“Dio desidera che ogni famiglia sia un faro che irradia la gioia del suo amore nel mondo” perciò la famiglia può raggiungere il suo scopo se resta “ancorata all’amore di Dio”.

L’infusione di questo Amore, che trova il suo modello nel Sacro Cuore di Gesù, avviene nell’acqua del quotidiano, coinvolge tutti, padri e madri, nonni e nonne, zii e zie, figli e nipoti, tutti chiamati a trovare nella famiglia il compimento dell’amore, un cuore solo e un’anima sola, anche le suocere e le nuore. Non è facile, è grazia. Ci vuole tempo per arrivare ad ascoltarci, capirci e perdonarci.

Sì, proprio sull’esperienza del perdono ha concentrato il suo messaggio, riandando alle tre parole più volte citate per una vita familiare che profumi di quella santità del quotidiano, della porta accanto, dei piccoli gesti di cui ha scritto nell’ultima esortazione sulla chiamata alla santità: «scusa», «per favore», «grazie». “Piccoli e semplici gesti di perdono, rinnovati ogni giorno, sono il fondamento sul quale si costruisce una solida vita famigliare cristiana” perché, come dice il poeta inglese del XVIII secolo Alexander Pope, “errare è umano, perdonare è divino”. Richiede la vittoria sul proprio orgoglio e l’umiltà di vincere l’imbarazzo a fare la pace, prima che finisca la giornata, perché il giorno dopo può calare quel clima di guerra fredda che è molto pericolosa. È coinvolgente vedere l’espressione sul volto del Papa quando invita a non cedere alla tentazione di ritirarsi a dormire da soli in un’altra stanza, ma piuttosto a bussare alla porta chiusa, dove si è ritirato il proprio coniuge, e chiedere “posso entrare?”; è l’espressione commossa di chi avverte che con quel gesto si sciolgono le corde del cuore, perché “quel che serve è uno sguardo, un bacio, una parola dolce”. Toccante anche l’accenno al risvolto educativo del perdono, perché i figli impareranno a perdonare se vedranno i genitori che si perdonano. Sul perdono si fonda l’impegno alla fedeltà, non come “obbligo freddo” ma come potente promessa derivante dalla fedeltà di Dio stesso alla sua parola e alla sua grazia.

“In ogni società le famiglie generano pace perché insegnano l’amore, l’accoglienza, il perdono che sono i migliori antidoti contro l’odio, il pregiudizio e la vendetta, che avvelenano la vita di persone e di comunità”. Le affermazioni dottrinali sull’amore bene espresse dal testo scritto si coniugano con brevi racconti, domande dirette, espressioni emozionate con cui il Papa chiosa, riconducendo il discorso alla vita concreta. Alla coppia che sta lì sul palco, con dieci figli, chiede: “Vi fanno arrabbiare? Si? È la vita, ma è bello avere dieci figli!”. Poi invita tutti a interrogarsi, la sera stessa, prima di andare a letto, se si è insegnato ai propri figli a fare bene il segno della croce. Fa anche un doveroso panegirico ai nonni e sentenzia: “Una società che non valorizza i nonni è una società senza futuro”. Sottolineando il significato di quell’incontro internazionale, in cui viene espressa la realtà della Chiesa, famiglia dei figli di Dio, invita a battezzare i bambini appena possibile perché non rimangano fuori dalla festa: anch’essi devono essere invitati, e, soprattutto, possono così venire abitati dalla forza di Dio che è lo Spirito Santo. Ad un certo punto guarda l’orologio e commenta: “È tardi! Siete stanchi? Anch’io! Ma lasciate che vi dica ancora una cosa: voi famiglie siete la speranza della Chiesa e del mondo”. Il vangelo della famiglia, come recita il tema dell’evento, sia proprio una gioia per il mondo!

 don Francesco Zenna