Don Mario Romanato, un fratello ed un amico

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LUTTO NEL PRESBITERIO DIOCESANO

Don Mario Romanato, un fratello ed un amico

Ancora un vuoto

“Canterò per sempre l’amore del Signore”. Le parole del salmista ci ricordano la nota caratteristica della vita del nostro caro don Mario. Ci ha lasciato qualche giorno fa al termine di una vita lunga e feconda: nel nuovo anno avrebbe compiuto 90 anni. La liturgia e il canto sacro hanno segnato la sua vita fin dagli anni di seminario e poi via via in tutte le parrocchie dove egli ha esercitato il ministero sacro. Era stato formato alla scuola di mons. Vittore Bellemo, ultimo grande organista della nostra cattedrale e insegnante di musica sacra per decenni nel nostro seminario.  Don Mario fondò parecchie “scholae cantorum” per rendere solenne la lode al Signore; si prodigò, secondo le indicazioni dell’ultimo Concilio, affinché il popolo partecipasse attivamente alla liturgia e al canto, per questo si aggiornava continuamente partecipando a corsi e convegni di musica sacra.

Era severo e talvolta pedante nell’insegnamento, sempre per ottenere il meglio. Gli stava a cuore il decoro della liturgia, amava il bel canto, voleva che la lode a Dio fosse sempre esemplare nella forma e nella dignità.

Aveva una fede profonda e serena. Ne era contrassegno la devozione tenera che portava alla Madonna ed era edificante per tutti il suo modo di recitare il rosario. Nel suo testamento ha ricordato come la sua vita sacerdotale avesse incontrato la Vergine Santa all’inizio nel santuario di Pettorazza Parafava, poi a Loreo dove si venera la Madonna della Carità e infine a Sottomarina nella parrocchia dedicata alla Beata Vergine di Lourdes. Se un prete è per vocazione l’uomo dell’Eucaristia, la devozione alla Vergine è un segno indubitabile di fede vera e di pietà sincera.

Era grande anche il suo amore per la Chiesa dentro la quale visse, come molti di noi, le contraddizioni di questi ultimi decenni e dentro alla quale non gli mancarono sofferenze e incomprensioni.

Don Mario aveva una sorella suora, era molto legato a lei non solo da fraterno affetto; quando poteva andava a trovarla nel paese dove lei svolgeva il suo servizio; qualche volta, quando la regola lo permetteva, era lei a venire da lui. In quegli anni io aiutavo don Mario come collaboratore e godevo a stargli vicino per avere con lui scambi di vedute e ascoltare qualche suo utile consiglio. La suora vedeva il nostro affiatamento e mi diceva: “Don Alfredo, mi raccomando, stia vicino a don Mario, lui è tanto schivo, non parla molto, ma è tanto caro e ha bisogno di affetto e di amicizia… Voi fate del bene alla gente anche così… La gente gode quando vi vede uniti, quando andate d’accordo e lavorate bene insieme”.

Aveva ragione la sorella: don Mario era un uomo bisognoso di affetto, era vero, ma era altrettanto vero che lui sapeva ricambiare largamente quanti gli volevano bene.

Io vorrei chiudere queste poche note ricordando anche la sua obbedienza che non è sempre stata facile. Qualche suo coetaneo ricorda che quando egli ricevette l’incarico di curato di Ca’ Mello, nel Polesine, eravamo nel 1957, egli si recò nella parrocchia ma dovette guardarla da lontano perché invasa da una delle tante alluvioni che in quegli anni travagliarono le popolazioni del Basso Delta.

Vorrei ricordare anche il suo amore al confessionale, la sollecitudine per gli ammalati e le famiglie in difficoltà e da ultimo la sua sofferenza negli ultimi mesi, vissuta con abbandono cristiano alla volontà del Padre.

Il Signore ci aiuti a cogliere i preziosi insegnamenti offerti dalla vita di questo nostro fratello, i cui limiti e difetti, se ci furono, già sono stati purificati dalla sua sofferenza.

Ci aiuti a vivere i suoi esempi nella crescita della fede, nell’aumento incessante della carità fraterna e nella valorizzazione della speranza cristiana.

mons. Pietro Alfredo Mozzato