Con don Cesare e Alessandra sul monte

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Con don Cesare e Alessandra sul monte

La settimana prossima, domenica 2 febbraio alle ore 17 in Cattedrale, giorno nel quale i consacrati e le consacrate della diocesi rinnovano simbolicamente assieme le promesse fatte a Dio e alla Chiesa, don Cesare (nella foto mentre legge) e Alessandra (nella foto con i seminaristi, al centro) saranno l’uno consacrato monaco eremita di città e l’altra verrà consacrata vergine, entrambi in forme di vita tanto nuove quanto antiche. Ho chiesto a entrambi di raccontarci qualcosa della loro vocazione: ci siamo spiritualmente seduti sul Monte delle Beatitudini e con lo sguardo rivolto al lago, ho raccolto la loro testimonianza.

Don Cesare, quali sono i sentimenti che ti abitano in questo periodo?

Da quando con il vescovo Adriano abbiamo deciso la data della Professione monastica, che lui a mo’ di provocazione-illuminazione mi aveva lanciato, rientrando in sacrestia lo scorso anno proprio a conclusione dell’Eucaristia nella Giornata

della Vita Consacrata, …da quel giorno di metà ottobre mi sono sentito da subito abitato da una grande pace ed ancora di più, proprio come un fiume in piena, ha iniziato a scorrere in me la lode e la gratitudine al Signore. Sì, perché da sempre, anche nei momenti più bui e dolorosi, ho potuto gustare la sua dolce Presenza … non tanto poetica ma viva, inaspettata, sorprendente. Ricordo una sera d’inverno a Foresto con un buio fitto fuori ma anche dentro di me, quando senza sentirne l’arrivo mi sono trovato seduto in chiesa nella penombra un giovane che proprio di preti e di chiesa non ne voleva sapere ma che quella sera aveva sentito il bisogno di venire a dialogare con me. E potrei, pensando a tutti questi anni, scrivere un libretto sulla bontà e la tenerezza del Signore. Mio davvero faccio tutto il Salmo 135 (il Grande Hallel) “perché il suo amore è per sempre!”. Io l’ho toccato con mano!

Alessandra, cos’è questa scelta di vita: la consacrazione nell’Ordo Virginum?

L’Ordo Virginum è una forma di vita consacrata femminile riconosciuta ufficialmente dalla Chiesa. È una “categoria” (ordo) di donne che sono chiamate a non sposarsi, rimanendo vergini (virginum=delle vergini), per donare la propria vita al Signore, a servizio della propria diocesi, nella vita di tutti i giorni. L’Ordo Virginum non è una congregazione o un ordine religioso, non ci sono regolamenti o costituzioni, non c’è un abito particolare da indossare e non vengono formulati dei voti (ci si impegna per sempre nella castità). Ogni vergine consacrata vive del proprio lavoro, condivide la vita ordinaria di tutti e mette a disposizione della Chiesa locale il proprio tempo e le proprie capacità. L’unico segno visibile è la fede nuziale, che viene consegnata durante il Rito di Consacrazione, assieme al libro della Liturgia delle Ore, che identifica la vergine consacrata come sposa di Gesù. È proprio il Rito di Consacrazione che mette in risalto le caratteristiche di questa scelta di vita. La prima è il suo carattere diocesano: è all’interno della Chiesa locale che questa forma di vita nasce e si sviluppa e proprio per questo motivo il referente è il Vescovo. Altra caratteristica è l’assenza di una spiritualità specifica: l’Ordo Virginum non ha un santo fondatore, né devozioni particolari. Segue la spiritualità e le tradizioni della diocesi. Ha il volto della propria Chiesa locale.

Don Cesare, molti si chiederanno cosa cambia tra l’essere prete e l’essere anche monaco eremita di città. Tu che dici?

Sono un cristiano e quindi un uomo “fortunato” perché toccato dalla grazia e dalla misericordia del Signore … ma non solo, sono anche prete e quindi “mega fortunato” perché gli occhi di Gesù mi hanno fissato tanto da catturarmi il cuore e farmi capire per dove passava per me la strada della felicità … e se non bastasse sono “indicibilmente fortunato” – assolutamente sì – perché ha pensato di legarmi a Lui ancora di più con il dono della vita monastica-eremitica. Direi allora non cosa cambia ma cosa aggiunge questo alla mia piccola vita.

Mi sento un discepolo amato dal Maestro, con sulle spalle la pecora che il Pastore buono-bello mi ha affidato e come Lui – l’Orante, nuovo Mosè sul monte – anch’io alla sua scuola, tengo alzate le braccia dell’intercessione, dritte e puntate verso il Padre, però nella piana del deserto della città. Devo tenere ben fissa la pecora perché non mi scivoli via … ma non devo neppure far cadere le braccia. È un’impresa ardua … ma Lui mi sta davanti e mi suggerisce come devo fare. Basta seguirlo e ascoltarlo. Qui sta racchiuso tutto il segreto!

Alessandra, nel rito della consacrazione si parla di nozze e di Sposo. Cosa diresti a riguardo?

Come nel matrimonio marito e moglie vivono il loro amore in modo unico, indissolubile, esclusivo e fedele, così anche la vergine consacrata vive l’amore per Gesù allo stesso modo. Ha come suo Sposo Gesù a cui è legata in mistiche nozze attraverso il Rito di Consacrazione. La vergine consacrata vive tutta per Gesù, non mette niente davanti al suo Sposo, ama tutti in Lui e solo nello Sposo trova la pienezza e la felicità della propria vita.

Don Cesare, è stato un percorso lungo e molto articolato. Riusciresti a sintetizzarlo in tre passaggi chiave?

È stata una bella avventura … partita 40 anni fa nel 1974 quando avevo 16 anni e mezzo … e tutta segnata dal numero 4. Vi raccomando di non mettermi al Lotto … o se vincete, ricordatevi dei poveri! 40 anni fa alla vigilia dell’Anno Santo promosso da Papa Paolo VI sono entrato in seminario dopo aver conseguito il diploma di segreteria e amministrazione d’albergo ad Abano Terme e aver lavorato una stagione all’Hotel Excelsior del Lido di Venezia; dieci anni dopo nel 1984, compiuti gli studi classici e tutto il curriculum teologico sono stato ordinato sacerdote. La “fissa” della vita monastica, presente nel mio DNA, si è fatta fortissima nel ’94 e bisognosa di dare una risposta che a mio avviso poteva essere nell’entrare in un monastero Trappista … ma la via di Dio approdava nel 2001 dopo aver conosciuto l’esperienza di tanti monasteri di antica e nuova costituzione, al “sopra sacrestia” di san Francesco (in disuso già da alcuni anni) che dal 15 ottobre 2001, poco più di un mese dal tragico attentato alle Torri Gemelle, diventava l’Eremo della Pace. Nel 2004 poi l’accoglienza della Regola di vita da parte del Vescovo Angelo e la Professione temporanea e adesso nel 2014 la Consacrazione monastica definitiva.

Una ricca avventura, accompagnata e sostenuta dai Santi, antichi e nuovi che mi sono diventati amici inseparabili. Tanti, davvero tanti e in modo speciale alcuni che mi sono diventati fratelli nel cammino monastico-eremitico e cioè padre Romano Bottagal, da poco venerabile, monaco trappista ed eremita in Libano che ho spiritualmente conosciuto tramite don Agostino Bonivento e Madre Olga, suoi cugini; suor Nazarena reclusa camaldolese e Sorella Maria dell’eremo di Campello. Certo mettendo davanti san Benedetto e san Francesco che mi sono Padri e la cui Regola, riscritta nella mia, mi sostiene nel vivere il Vangelo di Gesù.

Una sorprendente avventura guidata dallo Spirito, che mi ha cavato la settima pelle ma mi ha fatto spuntare quella di Gesù. Che mi ha portato dentro la fornace di fuoco ardente – come dice Nazarena – e mi ha anche tirato fuori arricchito di una infinita mitezza e uno smisurato e fiducioso abbandono in Gesù. Davvero il Signore è unico nella fantasia!

Alessandra, nella tua chiamata c’è una maternità diversa, alternativa, che dice un femminile visto con occhi nuovi. Perché Gesù e non un altro?

Tutto è cominciato con il cercare una risposta ad un bisogno che un po’ alla volta si è fatto sempre più insistente, quel bisogno di amare e di essere amata. Ma amare chi? E soprattutto da chi essere amata? Nella ricerca della risposta, nella mia strada si è presentata improvvisamente una persona, quella che ti fa battere forte il cuore e di cui ti innamori, senza capirne il perché. Ecco che quel bisogno aveva trovato la sua risposta. Sembrava così semplice, invece ecco che quel sentimento non trova il suo consenso nell’altro e quel bisogno iniziale spunta fuori un’altra volta. Dopo una movimentata ricerca di quella risposta, in modo davvero inaspettato si fa sentire dentro un’altra domanda: “E se fosse Gesù?”. Beh, una domanda davvero strana, la cui risposta sarebbe stata ancora più difficile da dare. Un po’ alla volta, con l’incontro di alcune persone e facendo alcune esperienze, la risposta è arrivata. In Gesù avevo trovato quello che tanto cercavo. Dargli una risposta non è stato semplice, era più facile voltarsi indietro o prendere un’altra strada. Ma un po’ alla volta mi sono innamorata, innamorata davvero e con tutta me stessa. E l’Ordo Virginum era la strada giusta! Sì, è vero, c’è in questa scelta un modo diverso di vivere la maternità e lo sposo è davvero speciale. Penso che questo modo di vivere la maternità mi dia la possibilità, pur non avendo figli miei, di avere per figli tutte quelle persone che lo Sposo metterà sul mio cammino. Sarà strano, forse anche complicato, ma mi darà la possibilità di poter donare l’amore che sento dentro, guardando i figli come Maria ha guardato Gesù.

Infine, don Cesare, qual è il rapporto tra la solitudine dell’eremita e la fraternità della comunità?

La solitudine dell’eremita – se è demone buono – dicono i Padri del deserto di Scete deve essere abitata non solo da Dio ma anche dalla carità. È “l’agape” che ha le sue radici nel Dio Amore e che allarga il cuore, che ne fa la differenza! Il monaco eremita è essenzialmente uomo di carità … e se si lascia abitare dallo Spirito sa anche come ben farla! Carità che si fa preghiera, ascolto, consolazione, compassione, riconciliazione con Dio … pezzetti di pane offerti a chi con pesanti fardelli si affaccia alla porta dell’eremo quotidianamente bussando con la mano, con un sms, con una telefonata, con una mail … A chi mi chiede sorpreso se sono un monaco di città rispondo che sono monacodicitta@alice.it! Citta non città! Al di sopra di tutto vi sia la carità, dice Paolo, e padre Tarcisio, certosino, rendeva il messaggio concreto con un suo detto che “quando la Regola chiude – fosse anche dopo il grande silenzio di Compieta – la carità apre!”. Vi potrei raccontare di bellissimi incontri fatti per strada o al supermercato tirando il carrello delle provviste o di confessioni o dialoghi spirituali fatti in uffici o retro botteghe di negozi. Questo è l’eremita del terzo Millennio! Certo è anche “gufo o civetta” che sette volte al giorno sta davanti al Signore in preghiera. Sette, solo con la Liturgia delle Ore! Ma in realtà nella Casa del Signore dimora, come pure nel cuore di ogni uomo e di ogni donna … fino alle periferie più estreme. Dio vi benedica tutti e vi doni pace. Tutti nel mio cuore avete un posto speciale!

Anche per te Alessandra, l’ultima domanda: quali doni pensi che la tua vocazione porti alla Chiesa locale?

I doni che questa vocazione porta alla Chiesa locale possono essere quelli della novità e dello stupore. La novità nel riscoprire una scelta di vita come quella dell’Ordo Virginum, presente nella Chiesa fin dall’antichità ma che oggi si sta diffondendo sempre di più. Le donne che in Italia hanno scelto questa strada sono circa 500. E può far nascere stupore il vedere nel 2014 una giovane che decide di dire sì per sempre a Gesù, scegliendolo come Sposo per tutta la vita.

Ascoltando questi due amici mi sono reso conto della bellezza di Dio che vuole stupire ancora, che mostra i segni della novità e che straordinariamente trova oggi uomini e donne che attendono il Signore con cuore aperto. I segni ci sono già: basta digitare “eremo della pace Chioggia” su youtube o visitare il sito www.ordovirginum.org per inciampare in due cristiani che si sono abbandonati alla creatività di Dio.   (don Damiano Vianello)

 

 

 

 

da NUOVA SCINTILLA 4 del 26 gennaio 2014