Omelia di ingresso a Chioggia

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Domenica IV Ordinario C
30-01-2022

In celebrazioni come questa c’è sempre il rischio di dire parole in più, di servirsi della celebrazione Eucaristica per altre cose che, benché importanti, mai devono oscurare la centralità di quanto stiamo celebrando.

Così ho pensato di lasciare che sia la Parola di questa IV domenica del tempo ordinario a prendermi per mano e mettermi sulla bocca le cose giuste da dire. Come un bambino stringo le mani forti e calde della Parola, la Parola di oggi non quella che avrei scelto io; sia que­sta Parola a illuminare l’inizio del mio servizio in mezzo a voi.

  1. «Stringi la veste ai fianchi e alzati» (Ger 5,17)

Parole decise quelle che Dio rivolge al profeta Geremia nella prima lettura. Ma prima di inviarlo Dio accarezza Geremia e lo riporta all’origine della sua esistenza: «Prima di formarti nel grembo ma­terno ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce ti ho consa­crato. Ti ho stabilito profeta delle nazioni».

Sento rivolte particolarmente a me queste parole: Dio mi ha pen­sato e amato prima ancora che io fossi concepito nel grembo di mia madre. Dio ha sognato una missione per me, ma senza nessuna pre­tesa, rispettoso della mia libertà. Io ho risposto senza nessun me­rito, ma forte delle parole che Gesù ha detto a Paolo: «Ti basta la mia grazia».

Queste parole sono rivolte anche a voi fratelli e sorelle della Chiesa di Chioggia. Oggi Dio ripete il suo amore per ciascuno di voi. L’ar­rivo di un nuovo Pastore, al di là della mia persona, è una carezza di Dio per questa Chiesa. C’era il timore che questa piccola Diocesi venisse accorpata ad altre, e invece il Signore ha pensato che questa pianta avesse bisogno di cure e attenzioni particolari perché può portare ancora buoni frutti. L’arrivo di un Vescovo è un atto di amore di Dio per questa Chiesa. Vogliamo cercare con tutto noi stessi di essere degni di questa benedizione del Signore per noi.

A me e a voi cristiani consacrati nel battesimo, presbiteri, diaconi, religiosi e religiose, oggi Dio ripete con forza: «Stringi la veste ai fianchi e alzati». E aggiunge: «Io oggi faccio di te come una città for­tificata, una colonna di ferro, e un muro di bronzo. Io sono con te».

In ogni momento della nostra vita risuonano queste parole. Negli incroci della vita, nei momenti belli e in quelli difficili. Oggi Dio le dice a me che arrivo tra voi; le ripete al caro Vescovo Adriano che inizia una nuova pagina del suo cammino; lo dice ai miei fratelli preti chiamati a riprendere il cammino con un nuovo Pastore, lo dice a ciascuno di voi: «Stringi la veste ai fianchi e alzati».

Queste parole mi mettono sulle labbra una prima preghiera: «Ec­comi Signore, pronto a riprendere il cammino. Ecco Signore la tua Chiesa di Chioggia pronta con le vesti ai fianchi e in piedi, pronta a prendere il largo sulla tua Parola, anche quando per una notte in­tera succederà di non pescare nulla. Liberaci da ogni timore, dacci la forza del tuo Spirito, con i suoi doni».

  1. «Desiderate intensamente i carismi più grandi» (1Cor 12,31).

Il famoso inno alla Carità che è risuonato in questa Cattedrale è una pagina alta e insieme concreta. La carità non è una delle virtù cri­stiane, ma è quella che rende cristiano il nostro agire.

Le parole di Paolo mi indicano lo stile con cui io per primo sono chiamato a stare tra voi. La carità è magnanima, ha un animo grande; è benevola, cerca il bene delle persone; non è invidiosa ma gode del bene che c’è in ogni persona; non è orgogliosa; non manca di rispetto; non cerca il proprio interesse; non si adira; non tiene conto del male, ma sa perdonare; cerca la giustizia; gode della verità. La carità tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.

L’amore che Gesù ha vissuto e che ci ha consegnato lavando i piedi ai suoi e donando la vita per la sua sposa, la Chiesa, non è un senti­mento sdolcinato, ma una scelta precisa, una decisione ferma. «Quando ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma diventato uomo ho eliminato ciò che è da bambino». I bambini dicono “io”, chi ama sa dire “tu”; i bambini pretendono, chi ama “si dona”; i bambini hanno bisogno di essere amati, chi ama è desideroso di donare gratuitamente amore.

La nostra Chiesa, come tutte le Chiese, ha bisogno di saper comuni­care il vangelo parlando le lingue dell’uomo di oggi; ha bisogno di profezia e del coraggio di osare percorsi nuovi; ha bisogno di una fede capace di osare l’impossibile; ha bisogno di spendersi per gli ultimi. Ma senza questo amore, ripete Paolo, tutto è nulla.

Queste parole mi mettono sulle labbra una seconda preghiera: «Dio dell’amore, Dio Amore, insegnaci a volerci bene e a volere il bene di tutti. Dona a me Vescovo, ai preti e diaconi, a tutti i battezzati un cuore grande, un amore sincero e maturo. Fa che desideriamo in­tensamente questo carisma e sappiamo parlare la lingua della ca­rità, così la tua Chiesa sarà contagiosa, credibile, sacramento dell’unità del genere umano, germoglio per una società più giusta».

  1. «Lo cacciarono fuori della città, ma egli si mise in cammino» (Lc 4,29)

Il Signore mi sta ancora tenendo la mano e indicando la strada con la sua Parola di oggi. Rimango un po’ stordito dalla scena del Van­gelo. Gesù viene rifiutato dai suoi paesani, addirittura vogliono uc­ciderlo. E lui, triste, passa in mezzo a loro e riprende il cammino.

In questo primo giorno tra voi, non sono così ingenuo da non sapere che ci saranno fatiche e prove. Non penso prima di tutto alle mie fatiche, ma a quelle che oggi vive la Chiesa in generale e da cui non è esentata la nostra piccola Chiesa.

Oggi si può vivere bene anche senza il Vangelo; siamo minoranza, siamo piccolo gregge.

«Non è costui il figlio di Giuseppe» sembra dire la gente ai cristiani ricordando loro che sono come tutti, con i difetti di tutti.

«Medico cura te stesso» ripetono a chi osa dire parole diverse ri­cordandoci che abbiamo mille motivi per vergognarci delle nostre fragilità e anche dei nostri peccati.

«Quello che hai fatto a Cafarnao, fallo anche qui» chiedendo molti ai cristiani pretendendo di limitarsi a un concreto servizio sociale ma senza aprire il Vangelo.

Oggi, come sempre è capitato, il vangelo è cacciato fuori dalla città. Oggi il Vangelo è fuori anche dal cuore e dalla vita di tanti cristiani.

Che fare di fronte alla fatica? Di fronte alla fuga di tante persone dalle nostre comunità? Che fare di fronte alla crisi di vocazioni alla vita presbiterale e consacrata?

«Ma egli si mise in cammino». Gesù non si è fermato, non si è arreso, ha ripreso il cammino perché nulla poteva fermare la sua missione.

Qualche settimana fa ho incrociato uno dei preti più anziani di Pa­dova, per tanti anni padre spirituale in Seminario. Gli ho detto: «Oggi è difficile fare il Vescovo». E lui: «Questo è quello che Dio ha pensato per te». Ho ripreso: «Ma a Chioggia il Seminario è vuoto da anni». E lui con una voce ferma: «Lascia stare, questo è quello che Dio ha pensato per te».

Queste parole continuano a risuonare dentro di me e vorrei risuo­nassero anche nel cuore dei miei fratelli preti, dei diaconi, dei cate­chisti, degli educatori, dei genitori, dei nonni: «Questo è quello che Dio ha pensato per te».

E il Vescovo Antonio, per tanti anni Pastore della Chiesa di Padova, nei giorni scorsi mi ha ricordato: «Guarda che c’è anche la croce, senza abbracciare la croce non si va da nessuna parte».

Lungi da me la tristezza o l’ansia per le fatiche e le prove. Lungi da me ogni lamento. La croce c’è per tutti; il crocifisso è altra cosa. Noi cristiani non siamo “doloristi”. Non siamo stati salvati da un atto di eroismo, siamo stati salvati dal più grande atto d’amore da parte di colui che dopo aver amato ì suoi che erano nel mondo li ha amati fino alla fine.

Ecco il crocifisso: «E voi Vescovo, preti, cristiani, amate come Cristo ha amato la sua Chiesa e ha dato la vita per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell’acqua accompagnato dalla Parola, al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga».

Ecco cari fratelli e sorelle della Chiesa di Chioggia. Per me e per voi risuonano le parole che oggi la liturgia ci consegna: «Stringi la veste ai fianchi e alzati». «Desiderate intensamente i carismi più grandi». «Ma egli si mise in cammino».

Buon Santo viaggio a me e a voi, a noi insieme. Con la gioia del van­gelo, pronti ad attraversare questo tempo drammatico e magnifico, senza nostalgie di altri tempi, senza ritenerci troppo importanti né indispensabili, con leggerezza e con il sorriso; il mondo è già stato salvato dal Signore.

Il mare tante volte è agitato, ma nel profondo il cristiano è in pace perché colui che ci conosceva e ci amava prima che fossimo formati nel grembo materno continua a camminare con noi.

+ Giampaolo Dianin