Pellegrinaggio diocesano

La Grazia vissuta di Lourdes

Cinque parole per raccontarla

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È stata una grazia partecipare al pellegrinaggio diocesano a Lourdes, dal 29 maggio al 2 giugno. L’esperienza può essere riassunta in cinque parole:

Amicizia. È difficile nascondersi in un bus di cinquanta posti. quasi pieno, durante un viaggio di quattordici ore; ti trovi in costante contatto con numerose persone: c’è chi ti saluta, chi è incuriosito da ciò che stai facendo, chi cerca qualcuno con cui parlare e chi passa con un vassoio di spuntini. Si trovano così facilmente dei punti in comune per scambiare una parola, un racconto, una battuta.

È così che è nata l’amicizia che ci ha accompagnato durante questo lungo viaggio: dalla semplice convivialità alla confidenza che attinge a ciò che si ha in comune anche tra diverse generazioni.

Stupore. Fatico a pensare che qualcuno possa lasciare Lourdes senza stupirsi: delle tre chiese costruite una sopra l’altra, della folla di gente proveniente da ogni dove, dei malati trasportati da dame e barellieri, delle centinaia di candele votive, della Messa internazionale e della Grotta dell’apparizione davanti alla quale viene spontaneo esclamare: “Qui è avvenuto qualcosa di divino”.

Preghiera. “Pregate per i peccatori affinché si convertano” è il messaggio che l’Immacolata Concezione ci affida durante l’ottava apparizione; e di opportunità di preghiera a Lourdes ce ne sono sicuramente molte, si potrebbe quasi dire che lì la preghiera continua quasi incessantemente. I rosari e le messe si susseguono in continuazione e in ogni lingua, sia col sole che con la pioggia. Non appena si arriva alla grotta, davanti alla statua della Madonna, ci si sente come la piccola Bernardette. L’emozione è tale che restiamo bloccati rispetto ai gesti automatici con cui esprimiamo generalmente la nostra fede; solo guidati dalla fiducia in Maria, come la giovinetta, ci torna il coraggio di avvicinarci a Lei e di riflettere sulla propria vita.

L’esperienza più emozionante resta la processione “aux flambeaux”, una serpentina infinita di candele e di persone che intonano l’Ave Maria in diverse lingue con un unico cuore, proprio come le folle nel giorno di Pentecoste, quando gli apostoli riuscirono a farsi capire da tutti i popoli lì radunati; un’unica famiglia che cammina unita attratta dall’unico mistero.

La sofferenza è un’altra intensa percezione. Non è solo quella fisica, perché tutti i pellegrini portano con sé  i propri drammi interiori, sperando anche in un miracolo. Una risposta arriva, è la consapevolezza di non essere soli, di non essere gli ultimi, di avere fratelli e sorelle che soffrono come noi e che ci sono vicini, e questo può diventare per molti ragione di vita.

Penitenza, penitenza, penitenza”: ecco un altro messaggio dell’Immacolata. Un pellegrinaggio sembrerebbe l’occasione ideale per mettere in pratica queste parole, ma abbiamo scoperto che non è poi così semplice; il nostro stile di vita è talmente impregnato di comfort che facciamo fatica a liberarcene. Alloggiare in un hotel a quattro stelle, con comodi letti e pasti abbondanti, non è certo il modo più efficace per affrontare il sacrificio; per questo ci siamo lasciati ispirare dalle parole di un’omelia di Don Lino, per prepararci a vivere l’esperienza di Lourdes. Ci ha suggerito di “lasciare tutto e portare tutto”, cioè di spogliarci del superfluo, di cui è circondata la nostra vita, e portare con noi, affettivamente e spiritualmente, i nostri cari, i nostri amici, il nostro vissuto e le persone che ci hanno chiesto di ricordarle e di pregare secondo una loro intenzione.

Grazia, questa di Lourdes, da ricercare per tanti fedeli e per le nostre comunità cristiane: alimento al cammino di fede e ad una vita più evangelica.

Leonardo Voltolina