Chiesa-Santuario di San Domenico

L’amore nel Crocifisso Risorto

La Festa del Cristo con il vescovo nella domenica della Divina Misericordia

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Nella domenica “in Albis” o “della Divina Misericordia”, il 19 aprile, non è mancata nella chiesa di San Domenico a Chioggia – anche se “a porte chiuse” a causa dell’emergenza coronavirus – la tradizionale e plurisecolare celebrazione della “Festa del Cristo” per invocare la protezione del “Crocifisso Risorto” sulla città e sulla diocesi e in particolare sulla pesca e sul mare. Al rito, presieduto dal vescovo Adriano e concelebrato da sette sacerdoti, erano presenti, oltre al diacono e ai ministranti, il vicesindaco Marco Veronese in rappresentanza della città insieme al direttore della Fondazione della pesca Walter Salvagno (pure organista) e il comandante della Capitaneria di Porto di Chioggia, Michele Messina, la cui giurisdizione si estende anche all’intero litorale polesano, in rappresentanza di tutte le attività legate al mare. All’omelia il vescovo ha invitato i presenti e le numerose persone e famiglie collegate in streaming dalle loro case a meditare e contemplare il Crocifisso, che, apparendo agli apostoli rinchiusi nel Cenacolo (appunto come tutte le nostre famiglie chiuse in questo periodo nelle loro case), porta il dono della misericordia, del perdono e della pace. Il Crocifisso è proprio il Risorto e per questo egli si mostra agli apostoli con le piaghe come segni della sua identità e del suo amore misericordioso. Contemplando il Crocifisso a partire dall’alto – ha sottolineato il vescovo – vediamo la corona di spine, segno della vera regalità divina che non è potenza ma servizio (“Sono venuto non per essere servito, ma per servire e dare la mia vita in riscatto per tutti”, aveva detto Gesù). Il capo è reclinato nell’affidamento al Padre; le sue braccia allargate, segno del suo abbraccio di misericordia verso ciascuno di noi e verso tutta l’umanità, come il pastore abbraccia le pecore; e poi i chiodi e le ferite segno della violenza subita ma anche del caro prezzo (ricorda S. Paolo) con cui ci ha riscattati (“dalle sue piaghe noi siamo stati guariti”); e il colpo di lancia con la ferita al costato da cui “uscirono sangue ed acqua”, segno del sangue versato dall’Agnello innocente e dei sacramenti che ce ne rendono partecipi. Gesù alla fine, come ricorda l’evangelista Giovanni, “emise lo spirito”, cioè proprio dalla croce effuse quello Spirito che – come si legge nel vangelo – avrebbe effuso da risorto apparendo ai suoi discepoli e poi pienamente nel giorno di Pentecoste. La Misericordia del Padre si rivela al sommo nella morte e risurrezione del Figlio e nel dono dello Spirito. Quella stessa misericordia che noi siamo chiamati a imitare nella vita personale e delle nostre comunità – come avveniva nelle prime comunità cristiane, descritte nel libro degli Atti – attraverso l’ascolto della parola degli apostoli, nell’assemblea eucaristica, nella preghiera quotidiana e in particolare attraverso la carità. Anche e proprio in questa situazione di emergenza – ha concluso il vescovo – vogliamo accogliere nella nostra vita la Misericordia di Dio e farcene trasmettitori verso gli altri. Subito dopo la messa il piccolo gruppo di partecipanti si è recato sul ponte antistante la chiesa, sul canale San Domenico in faccia alla laguna, da dove il vescovo Adriano, dopo aver invocato con una significativa orazione la protezione di Dio su quanti viaggiano in mare o che dal mare traggono sostentamento, ha impartito la benedizione alla città e alle acque chiedendo per tutti noi la liberazione da ogni male, compresa la attuale drammatica pandemia.

(Vito)