I GIORNI

L’onda della Settimana Santa

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Do­ve va a finire l’onda che ha attraversato il tratto di mare della Settimana Santa? Le azioni liturgiche hanno percorso i giorni riempiendo gli occhi e scuotendo il cuore. Eppure eravamo abituati; abbiamo ripreso gesti compiuti centinaia di volte, cantato canzoni che si ripetono di anno in anno, ascoltato e pronunciato parole che corrono su binari abituali della memoria: un’azione liturgica senza particolari adattamenti, che non s’è piegata ai linguaggi e ai gusti degli astanti, e non s’è innalzata con particolari clamori. Tuttavia, quando si apre il pertugio del mistero, entra un’aria che fa vibrare il cuore.

Un amico esperto di cerimonie commenta: “Lasciate parlare la liturgia com’è, permettete alla liturgia di essere se stessa, per comunicare attraverso gesti e parole il mistero che contiene”. Non è aggiungendo e togliendo, cambiando e aggiustando, spiegando e verbalizzando che la liturgia diventa più chiara e suggestiva. Quando entriamo in un monastero o semplicemente in una comunità parrocchiale partecipe e attenta, il silenzio, i gesti, i canti, il clima ci prendono e convincono, persino quando tutto si svolge in una lingua incomprensibile, come può essere la lingua cèca. Nemmeno è detto che tutto debba essere puntualmente spiegato e interamente capito. “Si comprehendis, non est Deus”: lo scriveva Tommaso d’Aquino, che più di tutti ha capito Dio: “Se arrivi a comprenderlo tutto, non è Dio”. Veniamo introdotti al mistero da gesti previsti e prefissati: prova a viverli nella loro verità, come un frutto che si addenta fuori del cartoccio. Nella Settimana Santa, ecco l’ingresso alla Messa delle Palme, l’offertorio del Giovedì santo, il canto allo scoprimento della croce, il segno di pace nel giorno di Pasqua; una famigliola di bambini, genitori e nonni porta pane e vino all’altare; la gente si muove dai banchi recando il frutto della penitenza quaresimale; la parola del celebrante ti guarda in faccia e tu la guardi; il ‘Prendete e mangiate’ viene pronunciato prima nel Vangelo e poi alla Consacrazione; il canto non rimane solitario ma viene condiviso da un’assemblea unita. La liturgia è un dato, un dono, un fiume da cui lasciarsi condurre. L’attenzione del cuore e della mente si apre a Colui che è presente, ci ha chiamato da casa, ci ha preso da quando eravamo bambini, convocandoci nel popolo cristiano. L’azione liturgica comunica la Sua Presenza e ci introduce al valore del tempo e dell’eternità, alla speranza per il presente e per il futuro, per noi e per tutti. L’onda della Settimana Santa prosegue in tutti i giorni della vita e apre alla luce e al nascondimento del mistero del Dio.

don Angelo

Nuova Scinitlla n.14 – 8 aprile 2018