Tempo e spazio

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SGUARDO PASTORALE

Tempo e spazio

Sollecitato dal tema che mi è stato chiesto di sviluppare al XIV Corso base dell’AVULSS, ho ripreso un’espressione presente nella Evangelii gaudium: “Il tempo è superiore allo spazio”. Papa Francesco afferma che “dare priorità al tempo significa occuparsi di iniziare processi più che di possedere spazi”. Egli riprende questo concetto anche nella Amoris laetitia: “Si tratta di generare processi più che di dominare spazi”. Il riferimento in questo caso è chiaramente alle coppie ricostituite dopo un precedente matrimonio fallito. Papa Francesco preferisce infatti utilizzare anche in questa situazione la categoria di completo/incompleto, anziché quella di regolare/irregolare. Vuole aiutarci a capire che anche le situazioni incomplete possono camminare verso una completezza, perché nessuno deve essere escluso per sempre finché cammina su questa terra. Egli non ci offre un manuale, ci indica una meta e il compito di “accompagnare, discernere e integrare”.

Di fronte alla domanda che queste coppie fanno di potersi accostare alla comunione eucaristica, alcuni, in nome della verità e della norma oggettiva dicono subito di “no”, altri invece, in nome della carità e della comprensione soggettiva, dicono subito di “sì”. In entrambi i casi la partita si risolve come su una scacchiera: o bianco o nero. È decisivo piuttosto che le persone si mettano in cammino, che accettino la sfida del tempo, che non pretendano la facile soluzione immediata. Solo un percorso accompagnato può aiutare a discernere le singole esperienze e situazioni. Un percorso che non coinvolge solo le persone divorziate e conviventi, e neppure solamente coloro che possono guidare questi percorsi, ma anche, e forse ancor prima, le comunità cristiane. Inizia proprio oggi un corso di aggiornamento per il presbiterio della nostra diocesi su queste tematiche. Se si presentano delle richieste sarà un segnale di rinnovamento pastorale e di attenzione profetica avviare dei cammini comunitari di crescita nella vita cristiana per queste persone, almeno a livello vicariale o comunque diocesano. Almeno quattro potranno essere le risposte. Innanzitutto il rasserenamento da risentimenti e accuse nei confronti di una interpretazione restrittiva ed escludente dell’insegnamento morale in materia matrimoniale. Poi la riscoperta del valore del gruppo, che permette di comunicare emozioni e riflessioni diverse, confrontando la storia di ciascuno con quella degli altri per giungere a un discernimento condiviso. Ancora di più l’inserimento attivo nella comunità cristiana, che favorisce la riscoperta delle relazioni e aiuta le coppie a recuperare, dove fosse perduta o indebolita, l’appartenenza concreta alla Chiesa. E infine l’affidamento a una persona, o meglio ancora a una coppia, che faccia da “tutor” e aiuti gradualmente chi è in cammino a mettersi di fronte alla propria coscienza, perché sia lei stessa a rendersi conto della propria maturazione. Allora la coscienza non sarà sinonimo di benessere interiore o propensione sentimentale, come talvolta viene intesa oggi, ma di nucleo intimo della persona che, alla luce dello Spirito e con l’aiuto della comunità, si mette in ascolto della parola di Do per prendere le proprie decisioni. Anche la spinosa questione dell’ammissione o meno a svolgere il ruolo di padrino/madrina nei battesimi e nelle cresime può trovare una risposta, perché si può giustificatamente invitare chi fa questa richiesta a frequentare un cammino comunitario. Vediamo. È iniziato il nuovo anno pastorale e almeno un gruppo di lettura dell’ultima esortazione apostolica potrebbe nascere.

don Francesco Zenna