Il cuore della festa

Facebooktwitterpinterestmail

I GIORNI

Il cuore della festa

Il Giubileo dà nuovo sapore alla vita delle comunità. Crea comunione nei pellegrinaggi e nelle processioni, a Roma e nei santuari e nelle cattedrali, nelle strade di campagna e nel Corso della città. Scioglie membra intirizzite di egoismi e paure, e apre i cuori al ristoro della presenza di Dio che torna a invadere la piazza della vita. È simpatico ed emozionante leggere sui bollettini parrocchiali, sui giornali locali e nei siti di ogni provenienza, la cronaca dei passaggi della Porta Santa a Roma, dell’udienza del Papa a S. Pietro, delle visite a Basiliche e ad altri luoghi sacri. Una lieve scossa ricompone il rapporto tra fedeli e sacerdoti, percorrendo il tessuto slabbrato delle comunità. I rivoli di un popolo vivo si raccolgono nell’unità di uno sguardo, teso verso il Papa, riconosciuto nel vescovo, ritrovato nei fratelli. Più bello ancora è scambiare un saluto con le persone e scoprirvi una nuova energia nel vivere quotidiano.

Un riverbero nuovo attraversa le feste patronali, che accendono le serate di paese da maggio ad agosto, – nello specchio dell’immagine di Maria e dei santi di tanti colori, da S. Antonio al Battista, ai Santi Pietro e Paolo a S. Anna e tanti altri ancora – non più solo rassegnate ai canti e ai balli e alle cene popolari all’aperto. Cantori di cori diversi si combinano in collaborazione e riprendono a pregare insieme con il popolo, nella Messa del Patrono e persino nel Vespro della Vigilia. Si gode ad essere cristiani e ad incontrarsi, avvolti in una unità che abbraccia le diversità e le fa sperimentare come ricchezza sovrabbondante, senza ridurle a nastrino o a bandiera. Si verifica nel concreto quanto descrive il documento appena sfornato dalla Congregazione della Fede e approvato dal Papa – Iuvenescit Ecclesia: Ringiovanisce la Chiesa! – dove si legge che “l’aggregarsi dei fedeli con una intensa condivisione della esistenza, al fine di incrementare la vita di fede, speranza e carità, esprime bene la dinamica ecclesiale come mistero di comunione per la missione e si manifesta come un segno di unità della Chiesa in Cristo”.

Siamo ricondotti all’origine e allo scopo, tutti noi, uomini amati e perdonati. La vita non è divisa tra festa e feria, tra sacro e profano, tra mondo religioso e mondo laico. Anche le feste più popolari e legate alle tradizioni locali, come da noi la Sagra del pesce che percorre il Corso e le rive della città di mare per dieci giorni, si veste di nobili intenti, di accoglienza e di solidarietà, recuperando una cultura locale che non è appena folklore. Esprime invece un’identità, un’appartenenza che scorre nel sangue. A fianco dei campanili o davanti alla facciata delle chiese, un’attrattiva di unità attraversa perfino gli schieramenti politici e ci si guarda in faccia l’un l’altro con cordialità. Persino il rammarico per un’Europa disunita fa rinascere la nostalgia della sorgente, dalla quale sono sgorgate le identità di popoli intensamente umani. Perché e per chi, in fondo, si celebra una festa? Davanti a Chi, alla fin fine, viene posto il fiore del ringraziamento o il lumino della domanda? Nessuno può strappare dal cuore dell’uomo il senso di appartenenza al Mistero e il legame con una storia di fratelli.

don Angelo

Da Nuova Scintilla n.26 – 3 luglio 2016