Pastorale per un nuovo umanesimo

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lo sguardo pastorale

Pastorale per un nuovo umanesimo

Bene o male sappiamo tutti cos’è l’umanesimo. È quell’insieme di idee e di comportamenti che mettono l’uomo al centro dell’universo, ne esaltano la dignità, la libertà, le capacità creative.

In che termini si può parlare oggi di “nuovo umanesimo”? In termini originali, capaci di rimarcare ulteriormente il valore e la grandezza dell’uomo, senza porlo necessariamente “contro” ma piuttosto “in relazione”. Sono i termini dell’incontro, del dialogo, dell’ascolto, dell’accoglienza, della solidarietà, dell’amicizia, della gratuità, del dono. E l’elenco potrebbe continuare andando a pescare proprio nel vangelo, nello stile di vita con cui il Figlio di Dio si è reso presente e incontrabile dentro la storia. Sarà questo l’approccio del Convegno ecclesiale nazionale, che già nel titolo invita a volgere lo sguardo sull’uomo nuovo che è Gesù di Nazareth.

Ma allora, l’impegno per un nuovo umanesimo è solo di stampo cristiano? Assolutamente no, perché sul criterio della relazione si gioca la convivenza di tutto ciò che esiste, la natura e la cultura, la società e la civiltà, la tradizione e il progresso, il presente e il futuro. Non c’è vita senza relazione, non c’è identità, non c’è missione senza relazione, non c’è crescita né speranza. Il nuovo umanesimo ha perciò l’ardire di interpretare e accompagnare la vita di tutti i giorni. Si tratta – affermava il cardinale Scola in un discorso a Milano – “di amare e generare, di lavorare e di riposare, di educare, di condividere gioie e dolori, di entrare nei processi storici, di accompagnare e prendersi cura della fragilità, di promuovere la libertà e la giustizia. In una società in grande trasformazione – sempre più meticcia per l’arrivo dei popoli da tutti i contenenti – e in una stagione del «disincantato verso le grandi narrazioni e le ideologie convenzionali», l’uomo post-moderno rischia di accomodarsi nel proprio “io” narcisistico, più forte dei suoi dubbi che delle proprie certezze”.

L’azione pastorale ha un grande compito per la costruzione di un nuovo umanesimo. È chiamata a sfoderare tutte le risorse dell’intelligenza e del cuore per avviare percorsi di relazioni autentiche nella Chiesa e nella società, per promuovere lo scambio delle esperienze di vita, per mostrare che in Cristo l’uomo ritrova se stesso e in relazione con Lui costruisce percorsi risananti. La strada è quella dell’ascolto della Parola, della celebrazione dei divini misteri, ma anche dell’esercizio della carità, non come agire “altro” ma struttura stessa dell’essere credenti, richiesta prima che dai bisogni concreti dalla spinta interiore della verità e della coscienza. Altra strada da percorrere è quella dell’interpretazione vocazionale del vissuto. Non si tratta immediatamente di garantire continuità al ministero ordinato, ma di leggere famiglia e lavoro, progetti e servizio, come risposte alla grande chiamata della vita e della vita insieme. Forse è proprio per questo che vengono accolte con entusiasmo tutte le iniziative che aggregano, che fanno uscire dalla solitudine e dall’isolamento, che permettono di tendere la mano o sentirsi riconosciuti e stimati anche nella propria fragilità e nel proprio peccato.            

don Francesco Zenna