Speciale Burundi 2

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Speciale Burundi 2

L’esperienza in Burundi nella missione delle nostre suore di Maria Addolorata

Cuori spalancati come porte di casa

Amahoro muzungu

 

 

 

 

 

Cuori spalancati come porte di casa

Che cosa vai a fare? È stata certamente questa la domanda che mi sono sentito rivolgere più spesso prima della mia partenza. Il problema era la risposta: “Non lo so con esattezza!”; nella sua semplicità una risposta agghiacciante, fredda per la mentalità della nostra società troppo incentrata sul risultato e l’efficienza. “Insomma dove vai? Una missione in Burundi? Un paese così pericoloso! E poi?”. “Poi si vedrà…” rispondo! “Vado per vivere un’esperienza missionaria”. E ora a distanza di un mese posso dire che non si poteva dare una risposta prima della partenza, perché le esperienze vissute in Burundi condividendo l’esperienza della Comunità delle nostre suore Serve di Maria Addolorata sono state talmente intese e profonde da non poter essere racchiuse in poche lettere stampate, esperienze a volte ancor più forti proprio perché vissute nella leggerezza della vita quotidiana. Ero molto agitato ed emozionato mentre salivo sull’aereo che ci avrebbe portato a Bujumbura, capitale del Burundi; e in effetti il viaggio è davvero di quelli che ti emozionano e ti fanno riflettere. Nei venti giorni che abbiamo trascorso in Africa, abbiamo avuto modo di vedere con i nostri occhi la realtà di estrema povertà di un paese da poco uscito dalla guerra civile. Ma abbiamo anche ritrovato e rivisto con gioia le nostre suore che molto calorosamente ci hanno ospitato, facendoci sentire davvero a casa, nella loro Comunità Mater Misericordiae di Gitega, dove sono un punto di riferimento e di sostegno per la popolazione dei villaggi circostanti. I villaggi, proprio in essi è avvenuto il primo incontro con la popolazione. Le nostre visite erano sempre accompagnate dai bambini dei villaggi, la maggior parte non dimostrava più di sei o sette anni, ma alcuni portavano già un fratellino più piccolo sulla schiena. Ci toccavano, ci chiamavano “muzungu” (cioè uomo bianco) col tono di chi ti prende in giro; si facevano fotografare; ridevano. Questi bambini, semplicemente meravigliosi, sorridono sempre e ridono con moltissima allegria quando si rivedono, filmati e fotografati. I sorrisi, che ancora sono impressi nella mia mente; difficili da dimenticare. La stessa accoglienza festosa ci veniva riservata presso tutte le persone che visitiamo, porte di casa e cuori sono sempre spalancati: che vi siano infermi, più o meno gravi, baracche distrutte dalla pioggia o fatte di semplice fango; padroni orgogliosi comunque di ospitarci. (Simone Doria)

(continua)

 

 

Amahoro muzungu

“Charitas Christi urget nos”! Questo famoso versetto tratto dalla seconda lettera ai Corinzi (5,14) è il motto scelto dal servo di Dio Padre Emilio Venturini fondatore delle nostre suore Serve di Maria Addolorata di Chioggia. È stata proprio questa frase dipinta all’ingresso della casa che ci ha ospitato, che ci ha accolto con i suoi colori giallo e azzurro per un’esperienza formativa di carattere missionario. Per tutto il tempo, osservando l’operato, la vita, il ritmo di queste nostre sorelle missionarie ho visto realizzato quello che intendeva san Paolo quando scrive che è l’amore di Cristo che ci spinge a farci missionari, a farci prossimi di chi è più bisognoso. L’esperienza vissuta in Burundi presso la missione delle suore, per me seminarista al termine del V anno formativo, ha avuto le sembianze di una verifica, una verifica della mia vocazione, della mia vita di cristiano. A chi mi chiedeva com’era andata quest’esperienza rispondevo “là è tutto un altro mondo!”; ma riflettendoci la risposta è scontata ed ovvia. Certo siamo stati in un’altra nazione, in un altro continente, ma il motivo per cui siamo stati là è quello che ha spinto centinaia di missionari a lasciare tutto, per annunciare il Vangelo. Quante volte nella mia permanenza a Gitega mi sono chiesto: “Ma chi glielo fa fare di stare qua? A che scopo investire tanto?”. Forse una risposta che mi sono dato è: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”: “Dio è amore”. Certo noi siamo stati missionari per 20 giorni, più che missionari spettatori. Dopo le prime fatiche ad abituarci al ritmo africano, il calore di decine di bambini venuti per l’animazione estiva ci ha fatto dimenticare ogni paura. Qualche parolina in francese, qualche parola in kirundi, sempre quella “amahoro” (che è il tipico saluto), e la relazione era instaurata con grande semplicità! Noi “muzungu” (i bianchi) eravamo davvero qualcosa di strano da osservare, anzi da toccare come qualcosa di diverso. E proprio questa loro curiosità, questa loro semplicità rendeva bello lo stare insieme, il condividere con loro qualche oretta di gioco. Una cosa mi colpiva: il grande rispetto, l’attenzione e la devozione del momento di preghiera iniziale. Tutto il loro essere è estremamente dinamico e coinvolgente il corpo, dal semplice saluto all’espressione massima nella preghiera dove canti, danze e gestualità esprimono assieme la lode e l’invocazione. Vedere questi bambini che per un’ora cantavano, ballavano senza stancarsi, con grande euforia, in chiesa davanti al tabernacolo è un’immagine difficile da vedere nelle nostre zone, eppure là è la normalità. Un ritmo che contagiava anche noi, non proprio abituati a ballare durante la messa e la preghiera. Se eravamo partiti con l’intenzione di dare una mano, ben poco è stato quello che abbiamo lasciato rispetto a quanto abbiamo ricevuto. La familiarità con cui siamo stati accolti dalle suore, la disponibilità che ci hanno dimostrato, la fraternità condivisa, la collaborazione che c’è stata tra noi volontari e la Comunità ha reso questa esperienza indimenticabile. Non sono parole di circostanza. Il desiderio che animava il nostro cuore al ritorno era quello di portare nella nostra vita ordinaria quella freschezza, quel colore, quella gioia, frutto della semplicità di cuore che caratterizza i burundesi. Certo abbiamo visto tantissima miseria, tanta povertà, tante contraddizioni, ma il sapere che Cristo vive in mezzo a loro, che tantissimi discepoli del Signore operano in quella terra ci dà tanta fiducia e tanta speranza.   (Yacopo Tugnolo)

 

 

da NUOVA SCINTILLA 35 del 23 settembre 2012