Alla scoperta del coordinatore dei catechisti

Rovere
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ROVERE VERONESE

Anche dalla nostra diocesi al Corso di formazione a livello triveneto

Alla scoperta del coordinatore dei catechisti

Una tre giorni intensa quella che abbiamo vissuto a Roverè Veronese dal 21 al 24 giugno. Il tema del corso di formazione per coordinatori di catechisti era “Tessitori di relazione” e certamente il lavoro di tessitura non è mancato: abbiamo intrecciato fili e trame con persone provenienti da tutto il Triveneto e anche dal Lazio; un lavoro rivelatosi però non troppo difficile perché si riconosceva nell’altro una comunanza di intenti che ha “abbassato le difese”. Siamo stati condotti, come in una cordata, lungo percorsi di esperienza e conoscenza che ci hanno portati alla scoperta del ruolo del coordinatore. Particolarmente interessante per me è stato l’intervento di mons. Erio Castellucci, vescovo di Modena-Nonantola, che ci ha condotti a scoprire l’identità della Chiesa. Un percorso affascinante, pur nella sua forzata brevità, perché ha evidenziato il fatto che, al contrario di quello che comunemente si pensa, la Chiesa è in movimento, la sua identità muta con il mutare dei tempi pur mantenendo saldi i punti di riferimento sulla quale si fonda.

Ed ecco allora che quella di oggi è una Chiesa che è famiglia, un luogo in cui gli insegnamenti passano attraverso le relazioni e gli esempi e, come in una famiglia, c’è la possibilità per ciascuno di esprimersi, permettendo di trovare lo spazio per tutte le dimensioni della relazione.

In quest’ottica il coordinatore dei catechisti si inserisce con il suo ruolo di “tessitore di legami” non solo tra catechisti, ma anche con tutte le realtà della comunità in cui è chiamato a servire, per fare in modo che la comunità tutta operi nella stessa direzione e in accordo. Il magistero della Chiesa oggi ci invita ad essere partecipi di una Chiesa che parta da “fuori di se stessa” (Missione), ancorata al Mistero, in Comunione con gli ultimi. È logico quindi che anche il coordinatore dei catechisti debba superare i particolarismi, i problemi del suo piccolo gruppo, per dare un respiro più ampio ed organico al suo intervento. Una sottolineatura che mons. Castellucci ha fatto e che evidenzia un cambiamento profondo nel modo di concepire l’evangelizzazione, è che è necessario partire dall’esperienza, dalla vita, per riuscire a comunicare e poi chiarire i contenuti: prima si sperimenta e poi si teorizza, concetto che spesso fatica ad essere compreso nelle nostre comunità. Per definire la figura del coordinatore dei catechisti don Livio Tonello, docente di teologia pastorale, a partire dal documento “Incontriamo Gesù”, ha delineato gli elementi configuranti la figura del catechista, sottolineando che il ruolo del coordinatore è un ministero, in quanto incarico essenziale per la comunità. L’essere coordinatore sottende un carisma della persona, un carisma che deve essere riconosciuto, prevede che l’incarico sia affidato e sia duraturo. È un ministero a servizio dell’intera comunità. Tutti questi requisiti implicano un grande senso di responsabilità ed un atteggiamento di servizio che a volte spaventano, che possono ingenerare un senso di inadeguatezza, timori che, se gestiti bene, risultano positivi perché caratteristiche del coordinatore sono anche l’umiltà e la capacità di mettersi in ascolto. Don Andrea Peruffo, psicologo della diocesi di Vicenza, ci ha aiutato ad approfondire le dinamiche relazionali che spesso ci troviamo a vivere nelle parrocchie tra collaborazione e conflittualità che si vengono a creare. Ogni intervento di formazione è stato accompagnato da lavori di gruppo che ci hanno permesso di sperimentare quanto teorizzato attraverso il gioco, la discussione, il confronto. Le necessità che sono emerse con più insistenza in questi giorni sono quelle della formazione, dell’apertura al cambiamento e della intercomunicabilità tra le varie componenti della comunità.

Siamo tornati alle nostre realtà un po’ più “carichi”, motivati, anche spaventati; sta a noi ora riuscire a modellare quanto ricevuto, tagliarlo “su misura” delle nostre esigenze, perché nonostante l’obiettivo ultimo sia lo stesso per tutti, io penso che non ci siano cose e iniziative giuste da fare per perseguirlo, ma modi e atteggiamenti giusti con cui farlo.

 Elena S.