PAROLA DI DIO – Il Pane che dà la vita al mondo

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PAROLA DI DIO – Il Pane che dà la vita al mondo

Letture:Es 16,2-4.12-15; Salmo 77; Ef 4,17.20-24; Gv 6,24-35

Es 16,2-4.12-15. Il pane del cammino: “E’ il pane che il Signore vi ha dato in cibo”.  

Alla guida di Mosè i discendenti dei Patriarchi, per tanto tempo nella terra d’Egitto in condizione servile, si mettono in viaggio attraverso il deserto con le loro famiglie e i loro greggi. E’ stata incerta e difficile la decisione di quella partenza: dal quel potere oppressore che richiedeva un duro lavoro arrivava comunque il necessario alla sopravvivenza. Appena superato prodigiosamente il primo ostacolo alla fuga con il “miracolo presso il Mare”, ecco ora il problema della sussistenza di famiglie e greggi in un territorio semidesertico. Il passato con la schiavitù e il cibo garantito nella terra d’Egitto erano alle spalle, il futuro con le promesse e le speranze di libertà e di felicità della “terra promessa” stavano molto avanti e lontani.

Il presente era ora il “deserto inospitale” da attraversare, che richiedeva la coesione di tutta quella massa di gente attorno alla guida, Mosè, l’impegno di tutti e tanta e tanta fiducia in Colui che li aveva chiamati ad uscire dalla schiavitù per vivere nella libertà di ‘popolo di Dio’. Dove e come trovare acqua e cibo per vivere e percorrere il cammino di liberazione, che comunque richiedeva di avventurarsi verso una terra lontana e non nota? La paura e l’incertezza rischiavano di prevalere sulla fede e sulla speranza che erano state all’origine di quella partenza. Mosè li aveva convinti a partire facendosi garante che Jahweh, il Dio dei loro padri, li avrebbe guidati e protetti fino alla terra in cui avrebbero potuto vivere in libertà. Ma di fronte alla minaccia di trovare cibo ecco riaffiorare i dubbi e scoppiare le reazioni di sfiducia, di protesta e ribellione. “Fossimo morti per mano del Signore nel paese d’Egitto, quando eravamo seduti presso la pentola della carne, mangiando a sazietà!”. Lo stesso cammino verso la libertà, sotto il peso delle prime privazioni, fatiche e pericoli, viene interpretato come un inganno e un cammino di morte: “Ci avete fatti uscire in questo deserto per far morire di fame tutta questa moltitudine”. L’indicazione di Mosè a raccogliere un cibo che non conoscevano e che non dipendeva dal loro lavoro è accolta come la risposta di Dio alla fame del popolo: il fenomeno della manna, (come l’improvviso arrivo di quaglie, stremate dall’attraversamento del mare e quindi facilmente prendibili), raccolto quotidianamente, mattino e sera è stato definito come “cibo dal cielo”, “il pane che il Signore ha dato in cibo”. La manna, segno della sollecitudine provvidente di Dio per il suo popolo in cammino verso la terra promessa, diventerà anticipo e simbolo di Cristo, pane di vita per il cammino dell’uomo verso la “Terra Promessa”.

Salmo 77: “Donaci, Signore, il pane del cielo”.

La liturgia odierna utilizza i vv. 3-4 di questo Salmo per richiamare la necessità di ricordare e tramandare ad ogni generazione “le azione gloriose del Signore”. Con ciò si trasmette la fede alla nuova generazione suscitando la fiducia in Dio e la preghiera di lode. Tra i prodigi del passato oggi viene cantato quello della manna, anticipo del “cibo dal cielo” ricordato dal vangelo. Con quel cibo il Signore ha dato sostegno al suo popolo lungo tutto il cammino fino alla terra promessa: “diede loro cibo in abbondanza. Li fece entrare….nel suo santuario…”. Cristo è il cibo dal Cielo per il nostro entrare nel suo Santuario…   

La narrazione dei prodigi compiuti da Dio insieme alla narrazione delle infedeltà del popolo invita il popolo stesso ad essere fedele a quel Dio che non viene meno alle sue promesse di salvezza.

Ef 4,17.20-24. “Dovete deporre l’uomo vecchio…e rivestire l’uomo nuovo”.

Con la conversione e con il battesimo i cristiani sono passati ad un nuovo regime di vita. Il passaggio dal paganesimo al cristianesimo comporta anche un passaggio ad un nuovo criterio di vita morale. Nella catechesi di preparazione al battesimo essi sono stati introdotti alla conoscenza del mistero di Cristo, all’obbedienza a Lui e al suo insegnamento. La “verità che è in Gesù” è principalmente il mistero pasquale di Gesù (morte e risurrezione), a cui è associato anche il cristiano: “deporre l’uomo vecchio con la condotta di prima”, quella dell’ “uomo che si corrompe dietro le passioni ingannatrici” e che porta alla rovina, per fare risorgere “l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e santità vera”. E’ questo il frutto della morte e risurrezione di Cristo nel credente in Lui: una visione nuova dell’agire umano che è fonte e causa di una vita rinnovata resa possibile dall’azione stessa di Dio alla quale l’uomo dà il suo consenso.

Gv 6,24-35. “Gesù è la Parola del Padre, pane disceso dal cielo che dà la vita al mondo”.

Iniziamo oggi ad ascoltare il ‘discorso di Cafarnao’ sul pane di vita. La folla ha visto e goduto del miracolo di un pasto straordinario e abbondante e per si mette alla ricerca di Gesù. Essa però non ha colto la portata vera di quel “segno”, ma si è fermata all’aspetto del cibo materiale che le era stato dato. Così ora Gesù prende la parola per aprire ai veri orizzonti di quel suo gesto.  Bisogna darsi pensiero anche per procurarsi il cibo che non perisce, quel cibo che ‘permane in vita eterna’. L’unico che può donare questo cibo, che non solo ‘dura in vita eterna’ ma produce già ora vita eterna, è il Figlio dell’uomo, che Dio Padre ha mandato proprio per questo scopo e che ha consacrato a questa missione: “Perché su di lui il Padre ha messo il suo sigillo”. E l’unica opera con la quale l’uomo può guadagnarsi quel cibo, è credere in colui che Dio ha mandato, cioè la fede: “Questa è l’opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato”. La fede è insieme opera di Dio e dell’uomo. Quando Gesù chiede che credano in lui, ad ogni giudeo viene spontaneo affermare che egli ha già la fede in quel Dio che ha operato in passato tanti prodigi per meritarsi la fede. Nel suo racconto Giovanni, con una certa ironia, vuole anche suscitare l’interrogativo: perché essi non si interrogano su chi sia quel Gesù che ha operato quel prodigio, dando loro quel cibo? E perché non si chiedono ‘da dove’ ‘ venga quel cibo’?  Gesù vuole condurli a capire  in profondità quel segno che egli ha compiuto, mettendolo in rapporto con quello antico operato da Mosè, quando ha donato a Israele nel deserto ‘la manna’, ‘il pane del cielo’ che  i loro padri hanno mangiato. “Il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello vero”: il pane del cielo, quello vero che il Padre sta donando ora è “Colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo”. Ed ecco la solenne autorivelazione di Gesù: “Io sono il pane della vita”, formula che ritroviamo in tutto il discorso con delle variazioni: ‘pane disceso dal cielo’, ‘pane vivente, disceso dal cielo’. Dopo la grande rivelazione segue l’annuncio dell’effetto, dell’efficacia di quel cibo, che è anche un invito: “Chi viene a me, non avrà più fame; e chi crede in me, non avrà più sete”. Cristo e la fede in lui appagano il più profondo desiderio di vita dell’uomo. Il cibo che Gesù offre è innanzitutto la rivelazione che il Padre fa di se stesso in Lui, suo Figlio. La fede è l’accettazione di questa Rivelazione: credere che Lui è l’Inviato che viene dal Padre.

+  Adriano Tessarollo