ESEQUIE DI DON MARIO DORIA

Facebooktwitterpinterestmail
sabato 28° ordinario
16-10-2022

Ho scelto per questa celebrazione di ringraziamento e di suffragio le letture del giorno, pensando che don Mario, che per tanti anni ha curato il calendario liturgico della nostra diocesi, possa gradire la fedeltà al cammino dell’anno liturgico. Ma, come sempre succede, la parola è attuale, e ci stupisce per la sua capacità di essere sempre significativa per quello che stiamo vivendo, come se fosse stata pensata proprio per questo momento. Ci lasciamo accompagnare da lei a vivere quello che ci succede senza che siamo noi a doverla cercare (Ef 1,15-23).

  1. «Fratelli, avendo avuto notizia della vostra fede nel Signore Gesù e dell’amore che avete verso tutti i santi, continuamente rendo grazie».

Così inizia la prima lettura e così vogliamo iniziare anche noi, con un grazie al Signore per la persona di don Mario. Anch’io, che lo conosco da pochi mesi posso dire: «Avendo avuto notizia della fede di don Mario e della sua esistenza sacerdotale, rendo continuamente grazie».

Don Mario è nato il 30 novembre del 1930, quindi tra poco più di un mese avrebbe compiuto 92 anni. Una vita lunga che ha vissuto fino all’ultimo portando avanti tutti i suoi impegni e lottando anche contro quelle gambe che facevano sempre più fatica a seguire il suo cuore e i suoi desideri.

È stato ordinato prete il 31 luglio del 1955. 67 anni di vita presbiterale nella quale ha svolto vari incarichi: vicario parrocchiale a Sant’Andrea e a Ca’ Tiepolo, curato di Ca’ Lino e di Botti Barbarighe, direttore dell’ufficio missionario e assistente degli addetti al culto, e poi segretario del vescovo Corà e poi di Magarotto e di Mons. Daniel. Ieri ci è arrivata la telefonata del Vescovo Daniel che ci ha espresso la gratitudine per don Mario che – ha detto – mi ha introdotto nella vita della diocesi. Nel 1991 è diventato canonico della Cattedrale e nel 1997 canonico penitenziere.

Io l’ho conosciuto soprattutto in quest’ultima veste di penitenziere. «È la mia vita» mi diceva in riferimento al suo impegno delle confessioni in Cattedrale. Basso di statura, un po’ incurvato dagli anni, sostenuto dal suo bastone, aveva un sorriso che il suo volto faticava a contenere. Oggi diciamo grazie a Dio per un ministero lungo, ricco, sereno, appassionato e laborioso.

La morte l’ha colto quando sembrava aver superato una crisi che ci aveva portato a temere il peggio. Nel suo testamento scrive: «Non mi spaventa il pensiero della certezza della morte corporale, mentre con tutto il cuore invoco dal Padre della misericordia perdono e indulgenza per i miei peccati, negligenze e mancanze di corrispondenza al voler celesti».

  1. Dopo aver reso grazie, Paolo esprime un desiderio che condivide con i cristiani di Efeso: «Il Padre illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati». Oggi siamo qui perché una speranza abita il nostro cuore, una speranza affidabile. «Egli – continua Paolo – la manifestò in Cristo, quando lo risuscitò dai morti e lo fede sedere alla destra nei cieli». La nostra speranza ha un nome preciso: è la Pasqua che il cero accanto alla bara richiama.

Tante morti sono difficili da accettare per chi resta; tante morti sono una ferita che sanguina e per tanto tempo sanguinerà; la morte di don Mario ci regala oggi tanta pace. Lui si è messo nelle mani di una speranza affidabile, nelle mani del Risorto. Amiamo pensare che oggi quella speranza sia per lui realtà.

  1. Paolo continua: «Il Signore vi faccia comprendere quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità tra i santi». Parole precise, pesate. Ogni cristiano e ogni prete dovrebbe poter dire: “Il Signore è la mia eredità; quello che lui mi ha promesso è la mia eredità”.

Un’eredità può cambiare la vita di chi ne è beneficiario. Sappiamo come attorno all’eredità di un padre spesso i figli si dividono, le famiglie si spaccano. Don Mario oggi riceve da Dio un’eredità che gli cambia la vita e gli regala la vita eterna, quella promessa ai suoi servi fedeli.

Non so se don Mario abbia lasciato qualcosa di materiale, ma tutti noi che l’abbiamo conosciuto potremmo oggi chiederci: «Cosa lascia a me questo vegliardo di 91 anni?» «Cosa lascia come ricchezza spirituale, stile di vita, testimonianza cristiana e sacerdotale?»

Credo sia questo il modo migliore di onorare i nostri defunti: accogliere il testimone che loro ci lasciano e portare avanti l’opera che hanno iniziato. Vale in particolare per noi preti nel caso di don Mario. Non posso non pensare che tra le eredità che lascia a questa nostra Chiesa ci sia il sacramento della Penitenza, la passione per essere stato chiamato ad essere strumento dell’infinita e immeritata misericordia di Dio e poi la sua fedeltà alla Chiesa nel servizio ai suoi pastori.

  1. Paolo ci regala un’ultima parola: «Il Signore vi faccia comprendere qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi che crediamo secondo l’efficacia della sua forza e del suo vigore».

Paolo sta chiedendo che tutti possano fare la stessa sua esperienza di Dio. Paolo aveva toccato con mano la grandezza, la potenza, il vigore e l’efficacia dell’intervento di Dio nella sua vita.

Alle prime comunità, in mezzo alle quali serpeggiava già qualche fatica, cristiani tiepidi, altri che accettavano compromessi abbassando l’asticella della vita cristiana, per loro Paolo chiede a Dio che possano sperimentare la potenza di Dio. Non ho conosciuto direttamente il Vescovo Corà e il vescovo Daniel, ma ho conosciuto bene Mons. Magarotto e credo che stare accanto a un uomo asciutto, essenziale, sobrio, riservato, abbia costretto anche don Mario a vivere una misura alta del suo ministero di prete.

  1. Accanto a tutto questo, al grazie che oggi eleviamo a Dio, ricordiamo che questa Eucaristia ci chiede anche di dar voce a una preghiera di suffragio. «A chi fu dato molto, molto sarà richiesto» e noi preti siamo tra coloro che hanno ricevuto molto.

«Dal profondo a te grido Signore, ascolta la mia preghiera. Se consideri le colpe Signore chi potrà sussistere? Ma presso di te è il perdono. Io spero nel Signore, l’anima mia spera nella sua parola. Presso il Signore è la misericordia e grande presso di lui la redenzione» (Sal 130).

Le parole del Vangelo di oggi ci consegnano tanta serenità: «Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell’uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio» (Lc 12,8-12).

Quella di don Mario è stata la vita di un testimone di Gesù, oggi siamo certi il Figlio lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio.

+ Giampaolo Dianin