Comprendere la Bibbia - 71

La prima e seconda guerra giudaica

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La prima rivolta giudaica nasce dalla convergenza di vari fattori, il primo è la presenza romana. Negli anni ‘60 d.C. tutta la Palestina è sotto la diretta amministrazione di Roma. Gli espropri operati per conto del fisco imperiale avevano provocato un impoverimento dei ceti popolari, e questo aveva determinato una recrudescenza del brigantaggio e uno sviluppo dei movimenti profetici, che alimentavano una permanente agitazione energicamente repressa dall’autorità romana. Il regno di Nerone (54‑68) corrisponde a un appesantimento della fiscalità, aggravata dai lavori di ricostruzione di Roma in seguito all’incendio del 64. La causa immediata della rivolta sembra essere stata proprio una contestazione a proposito del tributo dovuto ai romani. Quando il procuratore Gessio Floro fa prelevare denaro dal tesoro del Tempio, scoppiano violente sommosse che le forze romane si rivelano incapaci di reprimere e il governatore deve abbandonare la sua provincia (giugno 66). Cacciati i romani, gli insorti s’impadroniscono delle fortezze tenute dalle guarnigioni romane: Antonia, Masada, Herodion, Macheronte. L’imperatore Nerone affida il compito di sedare la rivolta al generale Vespasiano che, dopo aver concentrato le sue forze a Tolemaide (la futura San Giovanni d’Acri), nella primavera del 67 attacca la Galilea che viene riportata sotto il controllo romano nell’autunno dello stesso anno. Vespasiano nella primavera del 68 ordina una vasta operazione di accerchiamento di Gerusalemme, ma tutto si interrompe in seguito al suicidio di Nerone (aprile del 68). Dopo alcuni mesi di guerra civile nel corso della quale si succedono tre imperatori (Galba, Ottone e Vitellio), nel luglio del 69 Vespasiano viene acclamato imperatore dalle legioni d’Oriente. L’anno seguente si imbarca per Roma e lascia al figlio Tito il compito di proseguire le operazioni contro Gerusalemme, che iniziano in occasione della festa di Pasqua del 70.

Lo storico Giuseppe Flavio, ne La guerra giudaica, racconta le fasi drammatiche della resistenza dei Giudei all’interno della città santa e dell’accanimento delle truppe romane nell’attaccare e eliminare le ultime disperate resistenze dei Giudei. A mano a mano che le torri e le mura della città cedevano, gli assediati si rifugiavano sempre più all’interno o nei sotterranei. Ai primi di settembre dell’anno 70, Tito entrò trionfalmente in Gerusalemme. I circa 100.000 prigionieri furono in parte venduti, in parte destinati a lottare negli spettacoli pubblici. L’assedio di Gerusalemme non spezzò però del tutto la resistenza giudaica, solo nel 74 d.C. cadrà l’ultimo baluardo, la fortezza di Masada, dopo più di due anni e mezzo di assedio. Più di 900 zeloti, rifugiatisi con le loro famiglie in questa fortezza imprendibile, preferirono darsi la morte piuttosto che cadere vivi in mano ai Romani.

L’occasione di una seconda rivolta fu determinata dalla decisione dell’imperatore Adriano di costruire nella zona del tempio distrutto un tempio a Giove Capitolino. Tale decisione era stata preceduta da un decreto imperiale che vietava in tutto l’impero la castrazione e la circoncisione, quest’ultima era però per i Giudei il segno di appartenenza alla discendenza di Abramo. Questa disposizione fece scoppiare la rivolta (132-135 d.C.). Capo carismatico della nuova rivolta fu Simone Bar Kochba (= Simone figlio della stella). I Romani furono colti di sorpresa e la rivolta si estese anche questa volta a tutta la Palestina. La repressione romana fu immediata e completata nel 135, tre anni e mezzo dopo l’inizio della rivolta. La repressione romana fu più terribile della precedente: si parla di 850.000 morti, senza contare coloro che furono ridotti in schiavitù. Gerusalemme fu rasa al suolo e trasformata in colonia romana con il nome di Aelia Capitolina,venne anche proibito ai Giudei l’accesso alla città. Solo nel IV sec. l’imperatore Costantino concederà ai Giudei di recarsi a Gerusalemme una sola volta all’anno il 9 del mese di Ab (Luglio-Agosto), giorno in cui ancora oggi si ricorda la rovina della città e si piange sulle rovine del Tempio, nel luogo noto come Muro del Pianto.

Gastone Boscolo