Riflettendo sul vangelo - XV domenica tempo ordinario - Anno B

LA MISSIONE DELL’ANNUNCIO E DELLA TESTIMONIANZA

Vangelo di Marco 6,7-13

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Il rifiuto che Gesù ha subìto a Nazareth non lo scoraggia, anzi, lo spinge ancor più ad andare per città e villaggi. Così concludeva il vangelo domenica scorsa: “Gesù andava attorno per i villaggi, insegnando”. Questa stessa missione Gesù affida ai discepoli che Lui ha scelto.

La missione, infatti, è il fatto connaturale, essenziale, sostanziale al vangelo il quale, essendo buona – bella notizia, necessita di essere comunicato, annunciato, narrato a tutti. Direbbe l’Apostolo Paolo: “E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi? E come lo annunzieranno, senza essere prima inviati? Sta scritto: Quanto sono belli i piedi di coloro che recano un lieto annunzio di bene!” (Rm 10,14-15).

La prima esperienza missionaria dei dodici inizia dopo lo stupore di Gesù per l’incredulità degli abitanti di Nazareth e dopo aver ricevuto la notizia del martirio di Giovanni Battista.

I dodici sono stati scelti da Gesù innanzitutto “perché stessero con Lui” (Mc 3, 14). Il semplice fatto di stare con Gesù dà la forza e il coraggio della missione. Gesù, però, non li trattiene con sé ma li manda a predicare in povertà, imponendo loro di camminare liberi da ogni legame e da ogni forma di possesso, proprio come è la sua vita: “Ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche” (Mc 6, 8-9).

Gesù vuole far comprendere che una persona appesantita da troppe cose, legata ai propri interessi, diventa fatalmente conservatrice, incapace di cogliere con prontezza e con libertà le esigenze del Vangelo.

La missione che Gesù affida ai discepoli, ha qualche cosa da dire anche a noi. Non possiamo dimenticare che il cristiano è missionario e quindi chiamato a far propria l’urgenza della missione.

Ecco le caratteristiche della missione messe in luce nel vangelo oggi:

accogliere con gioia la chiamata di stare con Lui perché nessuno può donare Cristo agli altri se non vive di Lui, se non si è lasciato compenetrare dalla sua presenza;

prendere coscienza che si è chiamati ad annunciare il Regno “a due a due” (Mc 6, 7). La fede non si vive da soli. Il primo annuncio non è trasmesso a parole, con discorsi, ma dalla testimonianza del camminare insieme verso la stessa meta: non esistono navigatori solitari tra i credenti; tutta la credibilità dell’annuncio si gioca nella sfida del poter costruire fraternità, amicizia, comunità.

Gesù ci invita ad andare all’essenziale, a non fermarci alle sensazioni di pelle, a credere che la testimonianza della comunione, nonostante i difetti e il carattere, può spalancare i cuori di tante persone. Infine dobbiamo lasciare che il Signore ci spogli di ciò che non è compatibile con il nome che ci definisce. Lo stile proposto da Gesù ai suoi dodici amici è quello della semplicità e dell’umiltà. Il messaggio che ci viene affidato è un messaggio di pace che crea legami e accoglienza. Solo questo stile sfida la logica del benessere, in nome della libertà, della giustizia e della solidarietà.

Come cristiani portiamo in noi una grande ricchezza; abbiamo ricevuto un mandato straordinario di amore da donare al mondo. Non ci resta che raccogliere la sfida della nuova evangelizzazione e dell’annuncio di Cristo, con una testimonianza ferma e coerente della fede, affinché Cristo stesso incontrandoci, anche oggi, nelle nostre strade, nelle nostre città e comunità cristiane, sia nuovamente accolto e accettato.

don Danilo Marin