Riflettendo sul vangelo - XIV domenica tempo ordinario - Anno B

Riconoscere e accogliere la novità di Cristo

Vangelo di Marco 6,1-6

Vangelo di Marco 6,1-6
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Nel Vangelo di oggi troviamo Gesù a Nazareth, dove è nato e cresciuto, ha trascorso la sua infanzia e la sua giovinezza, e dove tutti lo conoscono. Ma, quando di sabato, come era prassi, va nella sinagoga e si mette ad insegnare, i suoi concittadini si scandalizzano di Lui e commentano il suo insegnamento con un certo sarcasmo: “Che sapienza è quella che gli è stata data? … Non è costui il falegname, il figlio di Maria?” (Mc 6,3). Non sanno ascoltare con cuore libero e ben disposto, senza pregiudizi e non si fidano di Lui, non sono disposti ad andare oltre le apparenze e cogliere la novità delle cose che dice. Gesù prende atto di questo muro di diffidenza tirando la conclusione che “Un profeta non è disprezzato se non in casa sua e tra i suoi” (v.4 ).

E’ una situazione molto triste quella che il vangelo ci presenta. I nazaretani, anziché cogliere la straordinarietà delle parole del loro concittadino e domandarsi “che cosa o chi gli dà questa sapienza e questa forza?”, si fissano sulla normalitàdella sua vita e chiudono il loro cuore, pensando che, in fondo, è uno di loro, e che il Messia, mai e poi mai, poteva essere uno così.

Tante volte anche noi rischiamo di avere lo stesso atteggiamento con Dio e con gli altri. Pensiamo di sapere già tutto su Gesù e sulla fede, basandoci magari su luoghi comuni, imparati forse da piccoli al catechismo, mentre invece Gesù non lo conosciamo ancora veramente. Uno dei più grandi inganni del maligno è quello di farci credere di credere, mentre, purtroppo, non crediamo affatto.

Gesù a Nazareth, dice il vangelo, per l’incredulità dei suoi “non poteva compiere nessun prodigio” (v. 5). Il perché lo comprendiamo alla luce del capitolo precedente, ascoltato e meditato nel vangelo di domenica scorsa. A Dio non piace operare senza la fede dell’uomo. La fede che pone piena fiducia in Lui, è ciò che gli permette di essere quello che è: Dio. I due protagonisti del vangelo di domenica scorsa –  il padre della fanciulla e la donna malata – non sono discepoli di Gesù, ma vengono ascoltati ed esauditi per la loro fede. Sulla strada del Signore sono ammessi tutti: nessuno deve sentirsi un intruso, un abusivo o un non avente diritto. Per avere accesso al Suo cuore c’è un solo requisito, ci ricorda Papa Francesco, che è quello di sentirsi bisognosi di guarigione e affidarsi a Lui.

Dio non si stupisce della nostra fragilità, non si meraviglia neppure del nostro peccato: gli sembra incredibile, invece, che non gli crediamo. Non se ne fa una ragione, non si capacita di questo. Non ci chiede cose straordinarie per essere suoi discepoli, ma ci chiede di vivere in maniera straordinaria le cose di tutti i giorni e una fede più forte e coerente. E’ proprio il nostro credere in Lui, la fede che diciamo di professare, che ci porta a vivere la fedeltà quotidiana al vangelo, a cogliere nelle vicende di ogni giorno l’opera di Dio e a tradurre in gesti concreti il comandamento dell’amore che Egli è venuto a donarci.

San Giovanni Paolo II scriveva: “Tanti europei contemporanei pensano di sapere che cos’è il cristianesimo, ma non lo conoscono realmente. Spesso addirittura gli elementi e le stesse nozioni fondamentali della fede non sono più noti. Molti battezzati vivono come se Cristo non esistesse: si ripetono i gesti e i segni della fede, ma ad essi non corrisponde una reale accoglienza del contenuto della fede e un’adesione alla persona di Gesù”.

Quanto è terribilmente attuale la pagina del vangelo ascoltata e meditata oggi!

Don Danilo Marin