Sguardo Pastorale

LA CONSULENZA PASTORALE PER LA NULLITA’

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Continuiamo la nostra riflessione sul tema della nullità matrimoniale, affrontando questa volta l’aspetto dell’accompagnamento pastorale di un parroco, o della pastorale familiare diocesana, nei confronti di quei fedeli che chiedono di essere ascoltati perché convinti della nullità del matrimonio che hanno celebrato.

Papa Francesco, nel 2015, ha introdotto il processo brevior, quale ulteriore strumento canonico per la dichiarazione di nullità ed ha accompagnato la sua riforma con alcune regole procedurali; nella parte introduttiva di questo testo all’art. 2 afferma: «L’indagine pregiudiziale o pastorale, che accoglie nelle strutture parrocchiali o diocesane i fedeli separati o divorziati che dubitano della validità del proprio matrimonio o sono convinti della nullità del medesimo, è orientata a conoscere la loro condizione e a raccogliere elementi utili per l’eventuale celebrazione del processo giudiziale, ordinario o più breve».

È necessario ribadire e riconoscere che non è facile né immediato raccogliere ciò che passa nel cuore di chi ha visto andare in frantumi un progetto importante di vita, anzi il più importante, come quello del matrimonio e della famiglia. Spesso chi si accosta ad un sacerdote o a qualche operatore di pastorale famigliare porta con sé un senso di fallimento, di rimpianto, di rabbia che non rimane circoscritto ad una parte o dimensione della propria esistenza, ma che tende a coinvolgere il tutto di sé. Per cui l’accompagnamento di queste persone è un’azione complessa e delicata che chiede di mettere in campo spiccate doti di ascolto e preminenti tratti di umanità.

Chi viene interpellato per l’ascolto non può permettersi di mostrarsi sbrigativo nel dialogo e superficiale nei consigli perché deve considerare che ha davanti una persona, credente, che cerca di ricostruire un’unità nella sua storia affettiva e personale. Aver chiesto di essere ascoltata è per questa persona già una decisione importante, frutto di un notevole sforzo nel processo interiore di accettazione del fallimento occorso; quindi siamo di fronte alla sfida, per questa persona, di voler integrare quanto ha subito, o a volte causato, e questo avviene spesso dopo un processo di auto consapevolezza. La verifica della validità del proprio matrimonio è un tassello di questo percorso.

È importante che il parroco, o l’operatore di pastorale familiare, non dia un giudizio sbrigativo causando delle false speranze o stroncando sul nascere il desiderio di una verifica. Il matrimonio gode del favore del diritto, come recita anche il can. 1060, per cui deve essere ritenuto valido fino a che non sia provato il contrario ma questo non deve impedire un serio esame del caso in se stesso. Favorire una delle due possibilità significa banalizzare non solo la domanda di verità ma anche la storia di una persona.

Un primo passo è quello di conoscere la condizione cioè la storia di chi ha chiesto la consulenza, da questo racconto raccogliere quegli elementi utili che possono una base giuridica che giustifichi la possibilità di iniziare un procedimento canonico. L’invalidità del matrimonio fallito sarà appurata solo in sede giudiziale e dopo una sentenza del vescovo o del tribunale costituito.

A fronte di indizi validi, emersi durante il racconto, il secondo passo chiede di indirizzare il fedele al patrono stabile del tribunale ecclesiastico per una seconda valutazione e l’inizio, eventuale, della causa canonica.

Don Simone Zocca