Comprendere la Bibbia - 50

Io sono colui che sono (Il Dio di Israele)

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Nell’universo biblico il nome riveste un’importanza che è scomparsa nella nostra civiltà. Svelare il nome nel mondo biblico significa aver presa su qualcuno, mostrargli fiducia e benevolenza. Presso le popolazioni semite il nome corrente di Dio era El (in arabo Allah). Nella Bibbia, Dio è quindi chiamato El, o meglio Elohim (plurale maiestatis). Dal termine El derivano parecchi nomi: Elia (El è il mio Dio), Emmanuele (El è con noi), … . Il libro dell’Esodo (3,14) narra come Dio, nel deserto del Sinai, inviando Mosè a liberare i suoi fratelli, gli rivelò il suo nome: «Io sono colui che sono. Tu dirai agli israeliti: Io-sono (Jhwh), mi ha mandato a voi». Questo nome misterioso deriva sicuramente dalla radice ebraica che significa essere, essere agente. Pronunciandolo, il credente professa che il suo Dio esiste, a differenza degli idoli che non sono niente, e che questo Dio salva. Molti nomi ebraici sono stati composti a partire da Jah o Jhwh: così Ioiada, Giosuè, Giosia, Giosafat, e molti altri. Il nome stesso di Gesù (in ebraico Joshuah, in aramaico Jeshuah) significa «Dio salva».

Il nome di Dio venne circondato da così grande rispetto che nel giudaismo non si osava più nemmeno pronunciarlo né scriverlo. Nella preghiera lo si sostituiva con la parola Adonai, «Mio Signore», o Hashem, «il nome», e nel testo ebraico della Bibbia, le quattro consonanti di questo nome (Jhwh) erano impronunciabili e vocalizzate con le vocali di Adonai. La traduzione ecumenica della Bibbia impiega il termine Signore al posto del tetragramma sacro (Jhwh), allo stesso modo in cui la traduzione «dei Settanta» era ricorsa al termine greco Kyrios che significa appunto Signore.

Jhwh, il Dio biblico, è un Dio che si rivela, che solleva il suo velo di mistero per farsi conoscere. Tutta la storia di Israele è una progressiva rivelazione di Dio: parla ad Abramo e gli propone un’Alleanza; la conclude con Mosè dopo avere liberato gli Ebrei, schiavi in Egitto; continua a proteggere Israele durante l’insediamento in Canaan, promette la sua fedeltà a Davide e alla sua dinastia. I profeti approfondiscono questa rivelazione: Amos proclama l’amore di Dio per la giustizia e gli oppressi, Osea la sua tenerezza di padre e sposo, Isaia la sua santità, Geremia annuncia una alleanza che sarà scritta nei cuori; i Salmi evocano un Dio che è amore e bontà, e che si attende dagli uomini la stessa fedeltà. È in questo modo che attraverso i secoli Israele ha imparato a parlare di Dio.

Nella Bibbia troviamo anche altri nomi per indicare Dio, utilizzati per esprimere qualcosa della realtà di Dio rispettando nello stesso tempo la sua trascendenza. Ad esempio: Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe, a ricordo della storia delle manifestazioni divine. Jhwh Zebaoth, “Dio degli eserciti”, frequente in Isaia e Geremia per sottolineare la potenza divina che domina tutti gli eserciti terreni e gli astri del cielo, tradotto spesso con Dio Onnipotente o Dio dell’Universo. Altri termini sono: Gloria, Presenza. Le tradizioni rabbiniche più recenti utilizzano spesso il termine Shekinah (= dimora) per esprimere la presenza di Dio in mezzo al suo popolo. Altre espressioni: Sapienza, Parola, Angelo del Signore, permettono di indicare ugualmente Dio salvaguardando la sua trascendenza, Dio infatti non può essere racchiuso dentro un unico nome.

Gastone Boscolo