La storia di Antonio Rosmini a Chioggia

200 anni fa diventava prete

Antonio-Rosmini-Giuseppe-Craffonara
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Due lapidi, nella facciata della chiesa SS.ma Trinità – una affissa all’esterno e un’altra incassata all’interno – ricordano l’ordinazione sacerdotale di Antonio Rosmini. La lapide incassata in controfacciata un anno dopo la beatificazione del Rosmini, lo definisce ‘pensatore geniale e profeta del nostro tempo, fedele a Dio e all’uomo’. L’ordinazione sacerdotale avvenne a Chioggia negli anni in cui il Nostro studiava ancora all’Università di Padova. Allora il vescovo di Chioggia spartiva la cura pastorale tra Chioggia e Trento, essendogli stata affidata anche la reggenza – quale Amministratore – di quella diocesi, priva da diversi anni del suo vescovo, esiliato dall’Austria per sospetti politici. Il 12 giugno 1820 Antonio Rosmini fu ordinato diacono a Trento nella basilica storica di Santa Maria. Venne consacrato sacerdote a Chioggia il 21 aprile 1821 – sabato santo –, su richiesta dello stesso Rosmini, cui corrispose l’assenso e l’invito del vescovo Provedi, che lo ospitò per un paio di giorni nel Palazzo Vescovile. L’avvenimento è echeggiato nella lettera di ringraziamento inviata dal giovane prete roveretano, allora iscritto all’ultimo anno di Teologia presso l’Università di Padova: “Arrivato felicemente a casa, sento il dovere di esternare in iscritto a Vostra Eccellenza Reverendissima i sensi della vivissima mia gratitudine verso le singolari beneficenze e cortesie da Lei ricevute. Poiché da Lei riconosco in primo luogo quanto di più prezioso io posseggo, avendo conseguito l’ordinazione sacerdotale che a nessun tesoro si pareggia, e a cui non ho né posso avere cosa veruna da far contraccambio fuori dell’animo memore eternamente del beneficio.(…)

Rovereto 29 aprile 1821

Antonio Rosmini, prete

L’alta spiritualità che s’intravvede da una semplice lettera spingerà il Rosmini a fondare l’Istituto della Carità, mentre l’acutezza e l’equilibrio del suo pensiero politico lo porteranno a diventare consigliere dei Papi Pio VII e Gregorio XVI e, per qualche tempo, di Pio IX. Come si sa, non tutta la produzione scritta del pensiero lungimirante del Rosmini fu in seguito accettata dalla Chiesa, che pose nell’Indice dei Libri Proibiti anche due delle sue pubblicazioni: La Costituzione secondo la giustizia sociale (1849) e Delle cinque piaghe della Santa Chiesa del 1846. In quest’ultima opera erano evidenziate la separatezza del clero dal popolo nel culto; l’insufficiente formazione del clero, avulso dalla cultura profana e poco addentrato nella conoscenza della Scrittura e dei Padri; la disarticolazione dei vescovi tra loro, lontani dalla collegialità e dalla comunione presenti invece nella Chiesa primitiva; l’ingerenza dello Stato nella nomina dei vescovi, per cui si auspicava semmai una partecipazione del clero e del popolo; la pressante servitù imposta dai beni ecclesiastici che facevano dei parroci più degli amministratori che dei pastori. Vedute lunghe di pensiero, che vennero poi sostanzialmente assunte dal Concilio Vaticano II. Ci volle la chiaroveggenza teologica di Joseph Ratzinger, ancora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il quale nel 2001, con una ‘Nota’ sul valore dei precedenti decreti sul Rosmini, dissipò i sospetti che gravavano sul di lui pensiero e scritti correlati. Tanto che nel 2007 ebbe in sorte di dichiararlo beato, quale cristiano e alfiere dei diritti di libertà, innamorato di un ordine sociale politico e religioso, conforme alla dignità di ogni uomo. L’alto riconoscimento della persona e dell’opera del beato Rosmini resta dono di grazia, e aiuta a capire che le censure hanno spesso gambe più rapide ma meno sicure della verità.

Giuliano Marangon