Sguardo pastorale

L’unità della fede nella Chiesa

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Insieme si riparte e domenica scorsa il vescovo Adriano ha aperto il nuovo anno pastorale diocesano. Il suo discorso ha preso le mosse in continuità con il piano triennale presentato l’anno scorso, ma è stato pensato alla luce di questa emergenza sanitaria che ha scalzato alcune abitudini della prassi pastorale della Chiesa per rivolgere l’attenzione a ciò che è essenziale nella vita e nella missione delle comunità cristiane.

Il primo focus della riflessione propostaci sviluppa il tema dell’unità della fede nella Chiesa quale elemento fondamentale per riconoscerci cristiani. Il Credo non è propriamente una preghiera ma è una formula di fede nella quale sono contenuti i concetti fondanti la fede cristiana. Viene chiamato anche Simbolo. Suggestivo è il rimando al senso dell’uso di questa parola. Questo termine è derivato dal greco (“symbolon”), che indicava una sorta di “tessera di riconoscimento” o contrassegno: due persone spezzavano una tessera di terracotta o un pezzo di legno e ne conservavano ognuno una delle due parti, così che, più tardi, il perfetto combaciare delle due parti messe insieme provava l’identità delle persone o dei rispettivi delegati. Così il simbolo della fede è il segno di riconoscimento tra i fedeli cristiani. Nella Chiesa dei primi secoli esisteva anche un rito chiamato Traditio Symboli (cioè Consegna del Simbolo, o Credo) con il quale la Chiesa, metaforicamente, raccoglieva e consegnava ai catecumeni una sorta di sintesi delle verità di fede. Questo rito, che oggi troviamo ancora in qualche percorso catechistico, è spesso ridotto alla consegna di una pergamena con il testo stampato del Credo: ora potrebbe essere ripreso con una celebrazione dedicata, allo scopo di valorizzare la preparazione al sacramento della Cresima.

La consegna del Credo non è però solo un gesto formale, ma sostanzialmente la consegna della fede cristiana attraverso una testimonianza di vita che “parla” della relazione con Dio. Come il vescovo ci ricordava, Gesù stesso ci parla del Regno di Dio parlandoci del suo rapporto con il Padre e di come questo Padre attende ognuno di noi. Lui, Gesù, diventa la via sulla quale cercare Dio e ritrovare la nostra identità di figli. Egli ci conduce alla fonte della Vita e con il Padre ce ne rende partecipi infondendo su di noi lo Spirito Santo. Così la nostra vita è strettamente legata alla vita di Dio e la nostra beatitudine sta nella sua Consolazione.

La proposta di formazione alla vita cristiana, dalla catechesi di IC ai percorsi per adulti, dovrebbe rimettere al centro questa triplice ma unica relazione: in fondo il Regno di Dio è come quel padrone di vigna che passa più volte al giorno a chiamare operai per la sua vigna. Concludo riconsegnando, quindi, quelle indicazioni concrete che il vescovo offre in finale alla prima parte: “Concretamente sarà importante offrire occasioni costanti di ascolto della Parola di Cristo trasmessa dagli apostoli nella Scritture Sacre (Bibbia): incontri in presenza non troppo saltuari, offerta di strumenti cartacei semplici o anche mediatici facilmente accessibili, catechesi, cura dell’ascolto e suo commento nella messa domenicale, offerta della Parola anche ai malati in casa”.

don Simone Zocca