Sguardo pastorale

Dall’amarcord alla memoria

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Dalla nostalgia di un passato “idealizzato” alla memoria di una presenza. Traduco così, sapendo di rivolgermi a lettori che cercano di alimentare le ragioni della fede anche attraverso una prospettiva pastorale del proprio impegno, la prima idea forte che Luca Marcelli, responsabile nazionale dell’ACR, ha espresso nel suo intervento al convegno diocesano sul valore educativo di questa esperienza associativa. Quest’anno ricorrono, infatti, i cinquant’anni della nascita dell’ACR e Luca è stato invitato dalla presidenza diocesana in occasione dell’annuale convegno pubblico organizzato nella settimana che precede la tradizionale Marcia della Pace. Il suo primo affondo è stato necessariamente sul pericolo insito in ogni ricorrenza celebrativa: quello di fermarsi al ricordo di un passato che sembra sempre più glorioso del presente, idealizzandolo, e rischiare così di rimanere ancorati a qualcosa che oggi è irripetibile; questo però determinerebbe la fine di un’esperienza che invece rimane significativa perché dà voce nella Chiesa ai piccoli e li rende apostoli, perciò la prospettiva è quella di compiere il passaggio dalla nostalgia alla memoria proprio come fecero gli apostoli dopo la Pentecoste. Questo passaggio lo dobbiamo far compiere al nostro cuore e alle nostre comunità parrocchiali: è la conversione pastorale che ci viene chiesta per rendere vivo l’annuncio di Cristo nel contesto dell’oggi che viviamo e rendere incisiva la missione che Lui ci ha affidato come sua Chiesa. È una conversione personale perché ognuno di noi deve trovare la forza di continuare a darsi le ragioni della fede giorno per giorno e nei contesti in cui vive. Ogni giorno ognuno di noi è chiamato ad alimentare la sua fede non solo per mantenerla quanto per aumentarla. Quanto più cresciamo interiormente in questo senso tanto più saremo, spiritualmente, quei bambini che entreranno nel Regno. Le ragioni e le motivazioni dello spirito seguono uno sviluppo inverso alle ragioni e motivazioni dell’uomo che, cresciuto, si sente arrivato e non ha più niente da chiedersi. È la conversione che dobbiamo far compiere alle nostre parrocchie perché facciano memoria di Cristo morto e risorto e non commemorazione: la nostra azione pastorale rischia di essere un insieme di gesti che sono vuoti perché non hanno né la presenza di Cristo né la nostra passione. Fare memoria di Cristo significa renderlo vivo nelle nostre relazioni, nelle nostre parole, nei nostri pensieri e progetti, insomma significa abbandonarsi alla missione che ci ha consegnato.  Quanto abbiamo bisogno di bagnarci all’acqua della Sua Parola! Quanto abbiamo bisogno di far crescere in noi qualcosa che viene da Lui! Rimango basito di fronte a chi si dichiara stanco, dichiarazione che molte volte è fatta come premessa per mollare. Sono incredulo poi di fronte a chi si sdegna e sbatte la porta. Sono dispiaciuto per chi si nasconde dietro il dito dell’incompreso per tagliare la corda. Rimango disorientato di fronte al carnevale di maschere dietro alle quali nascondiamo la nostra pochezza. Ma questo cosa dice veramente? Sarebbe bello che ci rispondessimo parlandoci con le parole del Vangelo, già questo sarebbe “fare memoria”.

don Simone Zocca