Sguardo Pastorale

Mirabile segno

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L’immagine che ho davanti agli occhi della mente è quella della natività, del presepio, e la domanda di fondo riguarda le aspettative su questo bambino: non c’è Avvento che non ci siano anche polemiche attorno al bambino Gesù. Presepe sì o presepe no? Ma prima e per dodici mesi all’anno: Crocifisso sì o crocifisso no? Provo a guardarmi attorno e scorgo un articolo di un noto quotidiano che riporta l’intervista dell’Imam, di una delle nostre città italiane, esasperato per queste polemiche che non appartengono all’Islam, fede nella quale Gesù è considerato come un grande profeta. La polemica, dunque, non è di chi appartiene ad un’altra religione ma di chi non ha religione e a cui, ogni segno spirituale, dà fastidio perché induce lo spirito dell’uomo a guardare verso un orizzonte che sovverte gli interessi di questo mondo, le ideologie, le lobby. Leggo il vangelo che racconta del Battista in prigione e i dubbi che attanagliano il suo cuore penso siano quelli di molti che colgono la distanza fra quello che si aspettavano e quello che vedono e odono di Gesù; io stesso mi accorgo di essere ben distante dalla logica del mistero che contemplo.  Sento il bisogno di leggere la lettera apostolica del Papa sul presepio e mi colpiscono queste parole: «Mentre contempliamo la scena del Natale, siamo invitati a metterci spiritualmente in cammino, attratti dall’umiltà di Colui che si è fatto uomo per incontrare ogni uomo. E scopriamo che Egli ci ama a tal punto da unirsi a noi, perché anche noi possiamo unirci a Lui», e poi dopo aver parlato delle origini del presepio a Greccio quando il poverello di Assisi e la gente del luogo, immersi nella rappresentazione della natività, celebrarono l’eucaristia con il sacerdote: «È così che nasce la nostra tradizione: tutti attorno alla grotta e ricolmi di gioia, senza più alcuna distanza tra l’evento che si compie e quanti diventano partecipi del mistero». Trovo uno spunto forte, anzi un punto di appoggio, per sentire ancora possibile il cammino verso il Natale e chiedere la grazia di qualche frutto spirituale. Il dubbio è quello che ogni giorno, ogni attività, ogni impegno siano veramente ordinati al vangelo e al Regno qui e ora, e non piuttosto a delle aspettative personali; non è semplice discernere e scegliere a cosa dare la priorità e l’onesta importanza, quanto ci si stia ripiegando sulla burocrazia del religioso e quanto invece risponde all’essenziale dell’annuncio della salvezza. Mi riferisco a me stesso ma penso che la prova di questo dubbio sia la stessa per tutti, ognuno nelle scarpe della propria vita. Ci sono dei campanelli di allarme: quello più forte, e forse il primo, è che tutto venga omologato e ridotto ad una spunta dell’agenda; un altro è la perdita del contatto fra la natura della missione, che ogni cristiano ha, e il proprio cuore, quando magari si tende a professionalizzare ogni attività e a non ricordarsi che è questione di “aver cura”, di “aver a cuore”, di “ dare il cuore”, e si arriva a perdere la strada per ritrovare il vero “sé”; ancora poi, un campanello dovrebbe suonare quando non si distingue più se stessi dall’immagine che si ha di se stessi: a Natale allora nascerà un Io e non Dio. Il punto di forza è ancora l’Eucaristia che unisce l’evento di Cristo alla nostra vita, nonostante le fragilità e le povertà di ognuno: essa rende partecipi del mistero e tiene vivo l’ideale della fraternità nelle nostre famiglie e nelle nostre comunità. Il problema è proprio quello di non sentire la nostra parte dentro a questa scena.

don Simone Zocca