DOMENICA XXXIII DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C

Alzare lo sguardo, guardare oltre

LETTURE:  Ml 3, 19-20; Sal 97;  2 Ts 3, 7-12;  Lc 21, 5-19

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Siamo giunti al termine dell’anno liturgico e la Parola di questa domenica ci propone una riflessione profonda e sconcertante sul compimento del tempo e della storia. Il brano del vangelo (Lc 21, 5-19), usa, a questo riguardo, parole ed espressioni che non sono di facile comprensione. Sembra quasi che Gesù assuma l’atteggiamento di un profeta di sventure: il tempio di Gerusalemme sarà distrutto; ci saranno guerre, rivoluzioni, terremoti, carestie, pestilenze; i discepoli saranno perseguitati, traditi persino dai propri cari e odiati da tutti. Parole dure, certo, ma che contengono un chiaro invito, da parte di Gesù, perché i suoi discepoli si preparino al futuro della storia, riflettendo, tuttavia, su come bisogna vivere il presente. Gesù sollecita gli uomini religiosi del suo tempo ad alzare lo sguardo e a guardare oltre. Essi stavano, infatti, ammirando estasiati la bellezza del Tempio opera di uomini. Gesù guarda più lontano e preannuncia non solo la fine del Tempio, ma di tutto, poiché tutto ha un inizio e una fine. Le persone rimangono sconcertate da questa affermazione del Maestro e si domandano: quando accadrà tutto questo? Gesù non soddisfa la loro curiosità. Un biblista afferma che “Chi è in ansia per il futuro è rimandato a vivere il presente con vigilanza e responsabilità. Il giudizio finale non è altro che ciò che viviamo nel presente: qui e ora siamo chiamati a testimoniare l’amore del Padre verso i fratelli, a far la sua volontà con giudizio” (S. Fausto). Anzi Gesù avverte di non seguire tutti quelli che si presentano nel suo nome ad annunciare la fine imminente del mondo e della storia: “Non andate dietro a loro” (v.7). E ci dice con chiarezza che, in fondo, la realtà di questo mondo è sempre avvolta da fatti umani tragici. Non dobbiamo quindi aver paura della storia, del mutamento, della provvisorietà: “Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine” (v.8).L’indizio della fine di tutte le cose e della vicinanza del Regno di Dio, in realtà, non è rappresentato da questi eventi, ma dalla testimonianza dei suoi discepoli che continuano la storia di Gesù nella vita di tutti i giorni. Come dire: che la storia acquista senso per noi non dalle istituzioni, ma dalla nostra fede. Ogni giorno, per chi vive di fede, è la fine del mondo, e nello stesso tempo è il sorgere di un mondo nuovo. La vita, insomma, è un banco di prova dove alla lunga esce allo scoperto il cristiano che usa il nome di Gesù ingannando se stesso e gli altri, perché cerca la propria gloria attirando l’attenzione su di sé; ma esce allo scoperto anche il vero cristiano, il discepolo che condivide il destino di Gesù, essendo disposto a subire lo stesso odio del mondo che si abbatté su di Lui: “Sarete odiati da tutti a causa del mio nome” (v.17). Nello stesso tempo, però, il Signore ha assicurato che il suo discepolo non sarà lasciato a se stesso: “Nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto” (v.18). Ognuno di noi è prezioso ai suoi occhi come un figlio unico. E ancora: “Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita” (v.19). Il messaggio, allora, che possiamo trarre dal Vangelo di oggi è un messaggio di fede e di impegno. Non bisogna, dunque, scandalizzarsi se il messaggio cristiano proclamato e vissuto con coerenza suscita, ancor oggi, incomprensione e persecuzione. Quando si cerca di vivere da cristiani non c’è da stupirsi se si incontrano difficoltà. Nel tempo e nella storia che il Signore continua a concederci, alcune cose, come cristiani, dobbiamo tenere presenti: la perseveranza nella fede e la certezza della seconda e definitiva venuta di Cristo sulla terra. La perseveranza è indispensabile per produrre frutto nella vita di tutti i giorni e attendere vigilanti la venuta del Signore. Allora con il discorso escatologico, riguardante, cioè le realtà ultime della vita, Gesù non intende certamente terrorizzare, ma indicarci qual’ è il fine della storia e del mondo, indicarci, cioè, “il porto verso cui dobbiamo veleggiare mentre la nostra nave è agitata dai marosi, mentre le ore della notte sembrano non finire mai e i prepotenti vogliono scaraventarci in mare” (R. Guardini).

don Danilo Marin