Come nani sulle spalle dei giganti

Essere vicino a chi è stanco

fatica
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La vita, se è vita, affronta gli alti e i bassi del tempo. Se la vita spirituale è una specifica determinazione della stessa vita, anch’essa sarà chiamata ad affrontare le onde dell’esistenza. Con questo gran caldo, molti di noi stanno chiudendo le attività ordinarie e si preparano alla vacanza. Altri invece non terminano o addirittura iniziano il grande tempo stagionale del lavoro e del tempo occupato nel settore turistico, della pesca o dell’agricoltura. La fatica, in precise situazioni della vita, può prendere il sopravvento e causare una grande confusione. Convenzionalmente questa situazione viene definita burnout. Ci si brucia in quella o in quell’altra situazione e quando le fiamme mettono scompiglio nelle sfere dell’esistenza il rischio è davvero grande. La vita stessa è in pericolo. Il grande affanno e il caos generale diventano insofferenza, fatica, ostilità. I padri dello spirito chiamavano la diretta conseguenza di questa situazione accidia, e paradossalmente diventava uno dei sette vizi capitali. Come pellegrino nelle strade della vita mi rendo conto che sono molti i fratelli e le sorelle che piano piano cadono in questa situazione e guardandosi attorno, vedendo solo lo stesso fumo da loro prodotti, non vedono nessun aiuto. Arriva la paura, la solitudine, a volte anche la depressione. Mentre un certo mondo adulto gonfia di orgoglio sulle vele di ciò che sono stati in grado di fare, di scegliere, di mettere in piedi, lo stesso vento caldo va ad alimentare quelle fiamme che ardono sempre più alte nel mondo giovanile. Metafore a parte, mi chiedo se si può essere stanchi nello spirito. Se il nostro corpo che è vita incontra la stanchezza nel fare delle cose di ogni giorno, se la nostra anima si stanca quando perde il senso dell’esistenza, così il nostro spirito si stanca quando non è più in grado di attingere alla sorgente della vita. Quando arriva la sete, quella dello spirito, arrivano anche i pericoli, perché quando hai sete sei disposto a bere di tutto pur di toglierti la sete. Se hai a fianco qualche amico intelligente, magari la possibilità di uscirne vivi è possibile. Se trovi invece i mercenari di turno, avrai a tua disposizione ogni genere di sostanze inquinanti che non toglieranno la sete, anzi, renderanno dipendenti. Alcuni si buttano nella droga, altri nel sesso, nell’alcool, nel fumo, altri negli sport estremi: la spinta è uguale e contraria alla forza negativa che si riceve. La stanchezza dello spirito dovrebbe essere per noi presbiteri uno degli indici più importanti da tenere presenti nel nostro ministero e nella nostra pastorale. Attraverso questo indicatore abbiamo la possibilità di capire quali strade percorrere, quali scelte fare, quali prassi pastorali anche di guarigione siamo chiamati a mettere in piedi per essere lì a fianco di coloro che sono stanchi nel corpo, nell’anima e nello spirito. Ciò significa ritrovare la gioia della fraternità che stempera la fatica, della solidarietà che porta lo stesso peso alleggerendolo, della stima che fa emergere ciò che c’è e non ciò che manca, della presenza anche fisica perché il buon Dio di Gesù Cristo ha scelto la strada del corpo per la salvezza: Caro cardo salutis. “Che la mia sete diventi sorgente” era uno dei punti saldi della fede di Thomas Merton. Un buon aiuto anche per noi.

 Damiano Vianello