I GIORNI

La crepa sul muro

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“La gente non si rende conto del positivo che c’è nella sua vita. Se glielo fai notare, cambia atteggiamento e prova a ripartire”. L’amico mi sorprende con questa annotazione imprevedibile eppure facilmente constatabile: basta un complimento, e la persona si accende; basta dire a un bambino: “Sei proprio bravo” e lui si illumina. Vale per grandi e piccini, anche se poi tutti insieme scivoliamo nella lamentela e nella pretesa, come nelle riunioni di condominio o nei litigi tra ragazzi.

Qualche giornale pubblicizza a gran cassa lo slogan ‘Vietato lamentarsi’ che risulta appeso alla porta del Papa nella casa Santa Marta (ma chi l’ha visto?) e diffuso con varie scritture. Come si fa a non lamentarsi? Rassicuriamoci: non è frutto di uno sforzo e tanto meno di una finzione.

Non si evita la lamentela nascondendo la polvere sotto il tappeto o facendo la faccia tonta di fronte a un male evidente e a un insuccesso conclamato. Piuttosto, è lo sguardo sulla vita che va cambiato. Non si tratta di chiudere un occhio per vedere solo il mezzo bicchiere pieno e nascondere il mezzo bicchiere vuoto. Né tiene la magra consolazione di chi osserva che ‘c’è chi sta peggio’. Se ti fa male un dito, non ti consola che ci sia chi ha male all’intero braccio.

Si tratta invece di scoprire il bene che si annida in ogni situazione e percorre tutti i sentieri della vita, anche quelli impervi. Come la lama che taglia il quadro del pittore Lucio Fontana, e come le crepe sui muri di Chioggia evocate nello spettacolo Rosso Fuoco Truma del Festival della Comunicazione a Chioggia: ferite capaci di introdurre una nuova scoperta di bellezza. L’amico incalza: “Nell’incontrare gente in difficoltà, non partiamo dall’analisi dei problemi, ma cerchiamo le loro risorse positive. Relazioni, capacità, desideri”. Racconta di persone disperate, mamme sole, ragazzi depressi, salvati da uno sguardo diverso, capace di scoprire e valorizzare una dote nascosta, un desiderio represso, una possibilità non confessata.

Possiamo imparare da quei genitori o da quegli insegnanti che sanno lanciare i loro figli nell’avventura della vita, non idealizzandoli come campioni o eroi, ma apprezzandoli per la persona che ciascuno è, nel lavoro di cucina o nella meccanica, nella cura dei capelli o dei numeri. Apprendiamo a guardare noi stessi, il mondo e le circostanze che accadono, con gli occhi di Dio Padre che ci vede come figli, del Figlio Gesù che ci ama come amici, dello Spirito Santo che ci avvolge di grazia e ci trafigge con il pungolo.

don Angelo