UNIONE SUPERIORE MAGGIORI ITALIANE

Giovani e donne

Dal convegno nazionale di Roma

USMI
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Si è svolto a Roma il 66° convegno nazionale USMI (Unione Superiore Maggiori Italiane) sul tema: “Giovani e donne consacrate. Distanza e prossimità. Passi comuni nel post-Sinodo”. Anch’io ho potuto partecipare insieme a oltre 350 superiori generali, consigliere e provinciali. Essendo per me la prima volta, sono stata all’inizio impressionata e un po’ confusa per la grande assemblea ma anche stupita nel constatare la ricchezza di carismi presenti. Il tema scelto, in sintonia con il recente Sinodo sui giovani, è stato un modo di situarci nel cammino della Chiesa perché i nostri carismi sono un dono nella Chiesa e per la Chiesa, oltre che una esperienza di sinodalità tra le varie Congregazioni.

Quando pensiamo ai giovani, pensiamo a quelli presenti nelle nostre scuole, nel lavoro, nei movimenti ecclesiali, nell’impegno di volontariato e politico, ovunque essi sono segno di speranza, di apertura e di futuro. Anche per noi religiose metterci in dialogo con loro fa sognare i cuori rassegnati e ci fa mantenere giovani. È per questo che prima di addentarci nelle varie relazioni si è voluto ascoltare i giovani, cinque giovani e con esperienze differenti e altri cinque giovani consacrati e novizie. Interessanti e significative sono state le loro richieste e provocazioni poi riprese da don Pascual Chavez Villanueva nella sua relazione.

Che cosa chiedono a noi religiose i giovani?

Chiedono prima di tutto di essere cercati e non aspettati: “Voi parlate molto di giovani, li desiderate ma non avete il coraggio di venire a stare con noi”. Chiedono di essere accompagnati: “Abbiamo tante domande, cerchiamo qualcuno che ci aiuti a trovare delle risposte che diano senso alla nostra vita”. Chiedono di fare esperienze forti di fraternità per trovare il senso di appartenenza: Per i giovani sono importanti i gruppi, i social, inclusioni in una società che li ha esclusi. Chiedono accoglienza, opportunità educative e lavorative. Cercano guide sagge che sappiano scoprire i loro talenti e che li aiutino a svilupparli: “Vediamo una distanza tra noi e la Chiesa, con le nostre domande facciamo paura. Abbiamo bisogno di una chiesa testimone, credibile, esempio di amore e di tenerezza”. Nel loro bisogno di appartenenza, di stabilità, desiderano trovare la testimonianza di una vita profondamente umana e fraterna.

E quali sono le domande dei giovani religiosi?

“La vita consacrata è una lampada viva e lucente, ma la stiamo coprendo con un secchio per paura delle vocazioni che mancano, per la pesantezza delle strutture, per l’incapacità di attuare il carisma”. “Noi non aspettiamo la perfezione ma di riscoprirci profondamente umani per incontrare gli altri e il divino che si è fatto carne”. L’unica campagna vocazionale che voglia essere visibile e feconda è la vita bella, buona, felice che fa vedere persone consacrate pienamente umane, realizzate in Cristo, in comunità che sanno passare dal vivere insieme alla comunità di vita, “non alberghi ma focolari – ha sottolineato don Chavez –. Il futuro della vita consacrata si gioca nella comunità: lì è la vera profezia in un mondo in cui prevale l’individualismo”. La Chiesa è madre e maestra e anche noi religiose se non siamo madri non possiamo essere maestre. Siamo chiamate ad accompagnare con cuore di madre i giovani mettendoci in uno stato di discernimento, di apertura nell’ascoltare ma anche di franchezza nel parlare. Attraverso un atteggiamento interiore che si fonda nella certezza che Dio è all’opera anche in questa epoca segnata da incertezze e crisi di identità. Ci domandiamo allora: siamo una Chiesa capace di incontrare nelle loro notti, nelle loro situazioni i giovani, e di riscaldare i loro cuori per ricondurli a casa, a Gerusalemme nostra madre, per trovare i sacramenti, la liturgia, Maria, gli apostoli? Siamo ancora religiose che sanno riscaldare i cuori?

Quello che rimane nel mio cuore è l’invito di Irene, una delle giovani presenti: “Se ogni Congregazione, ogni suora, uscisse per cercare i giovani, che cosa succederebbe nelle loro vite? Siamo noi, i giovani, i poveri di questo tempo, non fateci aspettare”.

Sr Antonella Zanini

Serve di Maria Addolorata