RIFLETTENDO SUL VANGELO - III DOMENICA DI QUARESIMA - ANNO C

Un’opportunità di conversione

LETTURE: Es 3,1-8a.13-15; Sal 102;  1 Cor 10,1-6.10-12; Lc 13,1-9

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Il vangelo di oggi (Lc 13, 1-9) è l’inizio del capitolo 13, in cui Luca ci parla della predicazione di Gesù alla folla mentre è in cammino verso Gerusalemme. Il brano è formato da due parti che pur avendo caratteristiche diverse, convergono sullo stesso argomento, la conversione. Nella prima parte Gesù commenta fatti di cronaca da poco avvenuti e poi, nella seconda, continua narrando una parabola. I due fatti di cronaca nera narrano, il primo, di alcuni Galilei che avevano organizzato una rivolta contro i Romani e per fuggire alla cattura si erano rifugiati nel Tempio; i soldati li avevano inseguiti, catturati ed uccisi presso gli altari. Il secondo fatto racconta che nei pressi della piscina di Siloe era crollata improvvisamente una torre e aveva ucciso diciotto operai.

1 In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli circa quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici. 2 Prendendo la parola, Gesù rispose: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? 3 No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. 4 O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Sìloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? 5 No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
6 Disse anche questa parabola: «Un tale aveva un fico piantato nella vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. 7 Allora disse al vignaiolo: Ecco, son tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo. Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno? 8 Ma quegli rispose: Padrone, lascialo ancora quest’anno finché io gli zappi attorno e vi metta il concime 9 e vedremo se porterà frutto per l’avvenire; se no, lo taglierai».

Ebbene Gesù davanti a questi due fatti di cronaca rifiuta il fatalismo e gli schemi meccanici della retribuzione. Legge questi fatti come un invito ad un coinvolgimento nelle vicende delle persone senza, però, pretendere di giudicarle frettolosamente. Giudicare, infatti, come peccatori e meritevoli di morte diciotto persone decedute nel crollo di una torre è certamente quanto di più stupido e superficiale si possa fare ed è un errore pensare che Dio sia lì pronto a punire perché ritenuti peccatori. Quelle morti non sono state volute da Dio e quindi non sono conseguenza di una punizione divina a motivo del peccato, per il semplice motivo che quei galilei e gli altri diciotto non erano più peccatori degli altri.

Ed ecco il monito di Gesù: “Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertirete perirete allo stesso modo” (vv. 2-5) che è un invito, semmai, a cogliere negli avvenimenti della vita quotidiana gli stimoli giusti per cambiare il nostro modo di pensare. Anche noi oggi, infatti, di fronte a certi fatti di cronaca, corriamo il rischio di rispondere solo con reazioni emotive, superficiali e moralistiche o peggio ancora con condanne (le stesse che gli avversari pretendono da Gesù). Dovremmo, invece, compiere uno sforzo di riflessione seria per capire se, per caso, non ci siano anche delle nostre responsabilità. Ciò che capita attorno a noi e che ci fa, a volte, star male può portarci, se ci riflettiamo, ad un modo diverso di pensare, di vivere e di relazionarci.

Certo che la strada più breve di fronte ad un fico che non porta frutti  – mi riferisco alla parabola raccontata da Gesù – è quella di tagliarlo e di non pensarci più (penso a quante amicizie troncate, a quante fughe da situazioni ormai compromesse, a quanti perdoni mancati), ma il vangelo ci dice che l’infecondità dell’albero diviene per il vignaiolo l’invito a lavorare ancora e ancora di più affinché tutto sia fatto per mettere la pianta in condizioni di portare frutto.

Come Dio è paziente nei nostri confronti, così noi dovremmo esserlo per chi ci vive accanto. Approfittiamo allora di questo tempo di Quaresima per cominciare a scavare dentro di noi con impegno onesto e radicale. Non limitiamoci a correggere la punta dell’iceberg, ciò che si vede, proviamo a guardare ben dentro la nostra vita: laddove facciamo fatica ad entrare troveremo la verità di noi stessi e la forza per iniziare la nostra conversione. La parabola dell’albero di fico che non dà frutto ci fa capire che davvero possiamo avere di fronte a noi l’ultima chance per cambiare, perché senza ombra di dubbio Dio è paziente nei nostri confronti, ma non possiamo programmare o fissare scadenze alla sua pazienza. Forse ci consideriamo già spacciati, anche noi come quell’albero di fico, pronti anche noi forse per “essere tagliati” e “gettati via”…

Invece no! Non è ancora detta l’ultima parola. Non lasciamoci, però, scappare l’opportunità che il tempo della quaresima ci offre per la nostra conversione.

 Don Danilo Marin